Mario Dondero, uno dei protagonisti della fotografia italiana della seconda metà del Novecento e fotoreporter di spicco nel panorama internazionale, nasce a Milano nel 1928. Appena sedicenne si unisce alla lotta partigiana nella Repubblica dell’Ossola, animato da sentimenti di libertà e giustizia sociale che saranno alla base delle sue future scelte sul piano umano e professionale. All’indomani della Seconda guerra mondiale è di nuovo a Milano, dove intraprende la carriera di fotogiornalista, collaborando a partire dal 1951 con testate quali l’“Avanti”, “l’Unità”, “Milano Sera”, “Le Ore”.

Protagonista del milieu di intellettuali legati al Bar Giamaica, appartiene a una generazione di fotografi come Ugo Mulas, Carlo Bavagnoli, Giulia Niccolai, Alfa Castaldi, che hanno contribuito a trasformare la cultura fotografica italiana degli anni Cinquanta, mossi dall’urgenza di rinnovare il linguaggio in un’ottica di forte impegno civile e con il proposito di gettare luce su storie rimaste ai margini del dibattito pubblico. Dello spirito del tempo troviamo una viva testimonianza nel romanzo La vita agra di Luciano Bianciardi, amico fraterno di Dondero, alla cui figura lo scrittore s’ispira per tratteggiare il personaggio del fotografo Mario. Dal 1954 al 1960 si trasferisce a Parigi, sua città d’elezione, dove documenta la realtà politica, i cambiamenti sociali e molti dei più significativi intellettuali del tempo, pubblicando con regolarità su testate quali “Le Monde”, “France Observateur”, “L’Express”, “L’Humanité Dimanche”.

Sua è la fotografia di gruppo, divenuta un’icona, che ritrae nel 1959 gli esponenti del Nouveau Roman, tra cui Alain Robbe-Grillet e Samuel Beckett, davanti alla sede delle Éditions de Minuit di Parigi. Dal 1961 torna per alcuni anni in Italia, stabilendosi a Roma, dove fotografa la scena artistica e culturale del tempo: pittori, scultori, registi, scrittori, attori e musicisti, di cui restituisce ritratti intensissimi che offrono uno spaccato sulle migliori intelligenze attive allora nel nostro Paese. Pur facendo base in Italia e in Francia, negli anni compie numerosi viaggi in giro per il mondo ed entra in contatto con culture e realtà diverse: Portogallo, Spagna, Inghilterra, Irlanda, Algeria.

Rientrato a Parigi nel 1968, dove riprende i fatti del maggio francese, il fotografo segue la vita politica e sociale parigina per altri tre decenni, fino al trasferimento nelle Marche, a Fermo, negli anni novanta. Dagli anni settanta sino alla morte, avvenuta nel 2015, Dondero continua sempre a viaggiare: Mali, Senegal, Guinea- Bissau, Cambogia, Germania, Brasile, Cuba, sino ai reportage in Russia e a Kabul. Prosegue fino all’ultimo un’intensa collaborazione con quotidiani e periodici, quali “il venerdì di Repubblica”, “il Manifesto”, “Diario”. Dalla metà degli anni ottanta a oggi le sue fotografie sono state esposte in numerose mostre personali in Italia e all’estero.

Fino al al 6 settembre, l’Appartamento dei Principi al Palazzo Reale ospita “Mario Dondero. La libertà e l’impegno“. Per la prima volta a Milano un’ampia retrospettiva del lavoro del fotografo, curata da Raffaella Perna, è promossa da Comune di Milano – Cultura, e prodotta da Palazzo Reale e Silvana Editoriale (che ha realizzato anche il catalogo) in collaborazione con l’archivio Mario Dondero.

L’esposizione mira a offrire uno sguardo complessivo sull’opera di Dondero, attraverso una selezione di immagini appartenenti a reportage e servizi fotografici realizzati lungo l’intero arco della sua lunga carriera, dagli anni Cinquanta del Ventesimo agli anni Dieci del Ventunesimo secolo.

Insieme a molte tra le fotografie più iconiche, in mostra vengono presentati diversi scatti inediti, forniti dall’archivio dell’autore, tra cui alcuni ritratti di Pier Paolo Pasolini e Laura Betti.