“Mi interessavano le idee e non le mere creazioni visive.
Volevo riportare la pittura al servizio della mente“
(Marcel Duchamp)
La rassegna Marcel Duchamp e la seduzione della copia, che la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia ospita dal 14 ottobre 2023 al 18 marzo 2024, è la prima grande personale di uno dei protagonisti più discussi nel panorama artistico del Novecento, che della collezionista americana fu amico e consigliere: è a Duchamp che Peggy si rivolse quando decise nel 1937 di aprire la sua prima galleria d’arte a New York e fu sotto la sua guida che mosse i primi passi da collezionista nel mondo dell’arte contemporanea.

Duchamp aveva iniziato a dipingere negli anni Dieci, seguendo la nuova corrente cubista ma guardando anche agli studi sul movimento fotografico di Muybridge e Marey, un interesse condiviso con i futuristi italiani. Nel 1912 il suo Nudo che scende le scale, presentato al Salon des Indépendants, fu considerato troppo futurista e venne ritirato prima dell’apertura dell’esposizione su richiesta degli organizzatori. A soli venticinque anni, da poco sulla scena dell’arte, Duchamp suscitò così il suo primo scandalo con un’opera a proposito della quale preciserà in seguito: “Il mio scopo era raffigurare una rappresentazione statica del movimento, una composizione statica di indicazioni di varie posizioni prese da una forma in movimento, senza alcun tentativo di creare effetti cinematografici attraverso la pittura“.

La rassegna veneziana presenta una sessantina di opere che attraversano tutte le fasi della vita creativa di Duchamp: accanto ai pezzi appartenenti alla collezione di Peggy Guggenheim, il nucleo più importante proviene dalla raccolta di Attilio Codognato, il collezionista veneziano che fin dai primi anni Settanta ha rivolto il proprio interesse alle creazioni di Duchamp, iniziando ad acquistare opere della sua eterogenea produzione. A partire dal 1918, l’artista aveva infatti abbandonato la pittura tradizionale per cimentarsi in una serie di attività di sperimentazione e ricerca creative, nessuna delle quali poteva essere considerata espressione artistica secondo i canoni estetici dell’epoca.

Nascevano così quelli che Duchamp definì ready-made, oggetti isolati dal contesto abituale, spesso utilitaristico e quotidiano, che venivano giustapposti in modo del tutto nuovo e dissacratorio, come lo sgabello su cui è montata una ruota di bicicletta, o lo scolabottiglie, presentato nel 1914, e che, secondo Duchamp, “distolto dal suo contesto utilitaristico, e come spogliato ed esaurito, è investito della desolata dignità delle cose abbandonate. Buono a niente, o pronto per essere usato, aperto a ogni possibilità, esso è vivo. Vive, sul limite dell’esistenza, la sua vita assurda e imbarazzante. Quell’oggetto imbarazzante è il primo passo verso l’arte“. Il ready-made più celebre in assoluto è una riproduzione della Gioconda di Leonardo alla quale Duchamp ha aggiunto barba e baffi, corredandola con la dicitura “L.H.O.O.Q“, da interpretare alla maniera dei rebus di enigmistica.

La rassegna veneziana si focalizza su un altro aspetto della produzione di Duchamp, quella “seduzione della copia” che ebbe un’importanza fondamentale nel suo processo creativo. Tornando ripetutamente sui propri lavori, ri-creandoli, l’artista intende dimostrare come l’originale e i suoi duplicati producano un analogo piacere estetico, abolendo così la gerarchia fra originale e copia: si vuole in tal modo affermare che le idee che un’opera d’arte incarna si trasmettono intatte alle riproduzioni dell’opera stessa. Da questo principio nasce la Scatola in una valigia, al cui interno sono riunite riproduzioni fotografiche e repliche in miniatura di opere dello stesso Duchamp, che dichiarava: “Tutto quello che ho fatto di importante potrebbe stare in una piccola valigia“.

L’intenzione che aveva comunicato a un’amica, di voler fare “un album con praticamente tutte le cose che ho prodotto” si concretizzava negli anni 1935-41, dando vita a quella che intitolava de ou par Marcel Duchamp ou Rrose Sélavy (Boîte en valise), massima espressione della sua incrollabile fede nella replica come espressione creativa; sosteneva infatti che l’idea dell’originale non solo non esiste né in musica né in poesia, ma neppure nella scultura, dove l’artista prepara i bozzetti ma è dalle mani del fonditore che nascono le statue in bronzo.

Della Scatola fu prodotta una serie di venti valigette da viaggio: l’esemplare n. 1, esposto nella mostra veneziana, venne realizzato espressamente per Peggy Guggenheim. Vi sono contenuti sessantanove pezzi e un’opera originale, ed è il primo di una serie la cui produzione fu affidata a Louis Vuitton. Come opera originale, alloggiata nel coperchio e colorata dallo stesso Duchamp, vi figura una miniatura de Le Roi et la reine entourés de nus vites (il re e la regina circondati da nudi veloci), una delle sue tele più grandi, dipinta nel 1912 e il cui originale è esposto a Venezia insieme alla Scatola.

In contemporanea e nella stessa sede, è stata allestita la sezione scientifico-didattica Marcel Duchamp: un viaggio nella “Scatola in una valigia”, nata dalla collaborazione tra il Dipartimento di Conservazione della Guggenheim e l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze: vi sono illustrati i risultati del restauro dell’opera in un allestimento multimediale che mostra le tecniche e i materiali utilizzati dall’artista e le soluzioni adottate per assicurare all’opera una migliore conservazione. Video e touch-screen offrono la possibilità di visionare virtualmente la Scatola ed esaminare i singoli elementi che la compongono.

Mettendo in discussione la gerarchia tradizionale tra originale e copia, Duchamp sposta di fatto l’essenza dell’opera d’arte dalla realizzazione manuale al concetto che la ispira, in una sorta di sublimazione dall’oggetto al progetto. Dichiara infatti: “Ho avuto l’intento di spostare l’attenzione e l’interpretazione artistiche dall’aspetto fisico a quello intellettuale“. La Scatola in una valigia rappresenta la quintessenza della passione di Duchamp per la replica come atto creativo: anche grazie a questa sua ossessione per la copia è possibile comprendere fino a che punto le sue creazioni bizzarre e spesso ibride si siano collocate al di fuori, o addirittura in contraddizione, con le classificazioni artistiche in uso nell’epoca in cui furono create.