A Palazzo Magnani prosegue fino al 12 marzo 2023, il percorso espositivo che esplora il tema dell’identità, un’identità inquieta capace di interrogare il nostro tempo. Attraverso dipinti, sculture, disegni, grafiche e libri di cinquantasette artisti, una sequenza di opere anche dell’art brut internazionale e italiana. Accanto ad essi, per la prima volta, le creazioni inedite che provengono dagli Archivi del San Lazzaro, quello che fu il “Manicomio” di Reggio Emilia.

Autori innovativi che hanno osservato, con i propri linguaggi, la propria realtà interiore e il mondo: sguardi sempre più necessari nello scenario attuale, in cui “l’Arte inquieta” è figlia di quell’urgenza espressiva che, alla base della sua febbrile attività, genera opere uniche e sorprendenti. Un viaggio ai primordi dell’arte, alle sue origini spontanee e istintive, seguendo le tensioni della linea espressionista e la poetica surrealista aperta al sogno oltre i confini della ragione. Un percorso tra opere provenienti anche da mondi esclusi.

Curata da Giorgio Bedoni, Johann Feilacher e Claudio Spadoni, accompagnata da un bel catalogo edito da Silvana Editoriale, la mostra rivela, attraverso le opere selezionate, quel bisogno creativo indispensabile all’esplorazione degli infiniti volti ed espressioni dell’identità umana.

Centoquaranta opere che sorprendono, stupiscono e coinvolgono il visitatore proprio nell’emersione dell’inquieta identità dell’artista nello sguardo sulla storia, su desideri e realtà di questo mondo. La conferma di come l’arte sia una sorta di sismografo sensibile ai confini incerti.

L’arte ci interroga sulla natura dell’uomo, su sogni e desideri collettivi, è un viaggio che evidenzia quanto la vicenda umana possa essere stupefacente e imprevedibile, al di là di qualsiasi forma e confine tracciato.

Asger Jorn (1914-1973), affermò: “L’arte deve comunicare, lanciare dei messaggi, servendosi di espressioni forti, barbare, violente, vandaliche. L’arte non è un’immagine piatta, levigata e lucida, che gli acidi emozionali non possano attaccare. Al contrario l’arte graffia e disturba, è stridore, imperfezione e invenzione. Per questo bisogna opporsi al razionalismo che vuole invadere dei territori che non gli appartengono, i territori dell’immaginario”.

Il pensiero del pittore danese riverbera quello di Paul Klee (1879-1940): “Più di uno non riconoscerà la verità del mio specchio. Deve comunque rendersi conto che io non sono qui per riflettere la superficie (questo può farlo la lastra fotografica) ma che devo penetrare all’interno. Io rifletto fino all’interno del cuore. Io scrivo parole sulla fronte e attorno agli angoli della bocca. I miei volti umani sono più reali di quelli veri”.

“L’Arte Inquieta”, dunque, non è solo un’ampia mostra che riunisce per stanze tematiche opere straordinarie, ma è anche l’espressione di un progetto sociale cui la Fondazione Palazzo Magnani ha dato vita, insieme alla città di Reggio Emilia, un grande lavoro corale.