Il Museo del Tessuto di Prato rende omaggio alla perizia che caratterizza la secolare tradizione tessile del Paese del Sol Levante con una mostra realizzata principalmente sulla preziosa e unica raccolta di kimono della collezionista Lydia Manavello, che li seleziona da oltre venti anni e spiega: «… è un abito lungo, dalla forma geometrica a “T”, che si chiude sovrapponendone i due lembi frontalmente. Il suo taglio è pressoché uguale per le donne e per gli uomini, essendovi solo piccole differenze tra l’uno e l’altro: è costituito da una singola pezza di tessuto (tan), di circa dodici metri di lunghezza e trentaquattro/quaranta circa di larghezza, che viene suddivisa in sette parti ed interamente utilizzata.

Non ha cuciture che definiscono la linea delle spalle né elementi che sottolineano, per le donne, il punto vita; una volta indossato, una fascia di altezza, forma e consistenza variabile, l’obi, viene avvolta più volte intorno alla vita per tenerlo saldamente chiuso; non vengono utilizzati i bottoni, se non in una recente variante. La principale differenza con l’abito occidentale sta nel fatto che mentre l’abbigliamento europeo, nel suo adattarsi al mutare delle mode, lavora sulla struttura dell’abito nella sua forma e nel suo volume, i kimono giapponesi esprimono i loro cambiamenti non alterandone la sagoma ma agendo esclusivamente sulla superficie del tessuto, trattando quindi l’abito alla stregua di una superficie pittorica».

Quella di Lydia Manavello è una collezione costruita con l’occhio della storica dell’arte e, nei tessuti giapponesi, rilegge l’arte occidentale, identificando forti e chiari i segni delle avanguardie artistiche del Novecento: Secessione viennese, Futurismo, Cubismo, Aeropittura e poi ancora Art Déco, Scuola di Glasgow, lungo i principali filoni artistici del Ventesimo secolo fino ad arrivare all’Action Painting e alla Pop Art in un caleidoscopio di colori brillanti e stilemi occidentali, a volte ibridati, sempre filtrati dalla rigorosa, raffinatissima tradizione tessile giapponese.


I cinquanta kimono, vero fulcro della mostra, sfilano uno accanto all’altro nella suggestiva sala a capriate del Museo preceduti da un approfondimento sulle complesse tecniche tessili e decorative tradizionali (nishiki, yuzen, katazome, kasuri, shibori).
Raggruppati per oggetti e decorazioni dove i linguaggi della cultura tradizionale giapponese si fondono, appunto, con quelli delle avanguardie artistiche e del design tessile europei, alcuni con importanti riferimenti: da Matisse a Klimt, dai futuristi a Kandinsky.

Osservando con occhio particolarmente attento, si sota come non rileggano solo l’arte occidentale, ma anche la storia contemporanea e le conquiste tecnologiche della modernità, enfatizzata da soggetti legati al tema delle maggiori innovazioni tecnologiche dell’industria europea e del periodo bellico legato alla Seconda Guerra Mondiale.


Realizzata in collaborazione con il Museo della Moda e delle Arti Applicate di Gorizia che ebbe l’intuizione di dare visibilità pubblica al lavoro questa pregevole collezione – dal novembre 2018 al marzo 2019 – adesso, di quel progetto iniziale, la nuova mostra pratese conserva, ampliandolo, il nucleo principale di opere per illustrare l’interessante, quanto poco noto, influsso ben evidente in un cospicuo numero di costumi tradizionali databili al primo e secondo quarto del Novecento.

Del tutto nuova è invece la sezione introduttiva, concepita per offrire una panoramica dell’arte giapponese, soprattutto del periodo Edo (1603-1868) e del regno Miji (1868-1912) oltre a raccontare le relazioni economiche e culturali a partire dalla metà del Cinquecento, attraverso una variegata selezione di xilografie, stampe, dipinti e tessuti di cui, alcuni, appartenenti alle collezioni del Museo.
Viene così enfatizzata la ricezione da parte degli artisti europei degli sviluppi formali delle arti giapponesi e, di contro, quella dei nipponici interpretata in manufatti profondamente radicati nella tradizione.

Le due culture si connettono nell’area dedicata alle xilografie dell’Ukiyo-e che presentano donne in kimono, fedelmente interpretate, nel linearismo e nell’espressiva sensualità, da opere di artisti occidentali.
La mostra, accompagnata dal catalogo di Antiga Edizioni (con saggi di Francesco Morena, Roberta Orsi Landini, Raffaella Sgubin e Lydia Manavello, oltre alle schede dei pezzi esposti), ha ottenuto il prestigioso patrocinio dell’Ambasciata del Giappone in Italia ed è stata visitata lo corso 3 maggio dall’Ambasciatore del Giappone in Italia Suzuki Satoshi, accompagnato dalla consorte insieme a Laudomia Pucci, Console Generale Onorario del Giappone.


Per tutta la durata dell’evento espositivo, oltre alle visite guidate calendarizzate, sono stati organizzati appuntamenti pensati per le famiglie, con attività diversificate per fasce di età tra cui laboratori sull’origami, sulle tecniche di stampa, sulle tecniche di piegatura del tessuto per poi concludere con la cerimonia di vestizione del kimono e un workshop di danza giapponese.