In un periodo in cui spuntano ritrovamenti di opere del Caravaggio con attribuzioni estremamente affrettate, una significativa operazione culturale è in corso, fino al 19 febbraio, alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano dove è ospitato il San Girolamo scrivente, opera che per prima, e nelle forme più convincenti, impone la rappresentazione pittorica delle cose simultaneamente all’occhio e alla coscienza.
1caravaggio, san girolamo
Proveniente della Galleria Borghese di Roma e in sostituzione Canestra di frutta trasferita per lo stesso periodo dalla pinacotca meneghina nella capitale per la mostra ‘L’origine della Natura Morta in Italia. Caravaggio e il Maestro di Hartford’ di cui trovate la recensione di Eleonora Belli (cliccando qui).
2caravaggio, san girolamo
Non ho mai fatto mistero di ritenere si facciano troppe mostre inutili per assenza di idee, assemblando e spostando semplicisticamente i quadri come pacchi postali e lasciano con un palmo di naso il vitatore dell’istituzione prestante che si fa un viaggio per trovare la parete vuota. Fortunatamente, però, non mancano progetti scientifici volti alla tutela del patrimnio come nel caso del capolavoro del Caravaggio in trasferta che ha permesso l’esposizione di un nucleo di disegni della Pinacoteca Ambrosiana così da analizzare l’evoluzione dell’iconografia del santo.
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I disegni sono: San Girolamo nello studio di Albrecht Dürer, San Girolamo traduce la Bibbia di Giulio Romano, San Girolamo nel deserto di Guercino, San Girolamo di Giuseppe Nuvolone, San Girolamo nel deserto di Donato Creti, L’ultima comunione di San Girolamo di Giacomo Zoboli, San Gregorio e San Gerolamo di Isidoro Bianchi e il San Girolamo tormentato di Giovanni dell’Opera. Accompagna l’evento un catalogo – Normos Edizioni – con saggi sull’attualizzazione degli studi del capolavoro del Merisi oltre al ‘San Girolamo nei disegni dell’Ambrosiana’ una selezione e schede a cura di Benedetta Spadaccini.
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Il San Girolamo scrivente (olio tela, cm 112×157) presenta il santo nell’aspetto del penitente mentre, assorto nella lettura, allunga il braccio per intingere la penna nel calamaio con una immobilità che si estende nell’ambiente (un interno appena accennato con una scrivania ingombra di volumi) costruito per piani paralleli assecondati dalle tracce di quella luce che rivela gli oggetti.
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Un dialogo della luce e dell’ombra dove la luce chiara colpisce le pagine su cui è posato il teschio perché solo in presenza della morte si comprende, e s’illumina, il libro della vita. L’opera è citata per la prima volta dallo storico Giacomo Manilli che la registrava nel 1650 nella ‘Stanza del Moro’ di Villa Borghese. L’apparente rigore geometrico della composizione è contraddetto dal luminismo pluricentrico e la sconvolgente modernità della stesura pittorica, unita alla maturità compositiva, inducono a datarla tra la fine del 1605 e i primi mesi del 1606, poco prima di lasciare Roma e in continuità con la Cena in Emmaus di Brera e la Morte della Vergine del Louvre.
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Come spiega Maria Teresa Fiorio nel suo saggio “… un san Girolamo che sta scrivendo” è ancora più precisa la descrizione dell’opera nell’inventario della collezione Borghese redatto nel 1693: “Sopra la porta sotto al cornicione un quadro grande in tela con San Girolamo che scrive con la testa di morto”, sempre riferito a Caravaggio (Della Pergola 1959).
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Lo ricorda anche il Bellori (“S. Girolamo che scrivendo attentamente, distende la mano, e la penna al calamaio”), affermando che fu realizzato dal Caravaggio per il cardinale Scipione Borghese.
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Ma in un inventario successivo (1790) il dipinto compariva come opera del Ribera (De Rinaldis 1937), riferimento ribadito nel corso dell’Ottocento (Manazzale, 1817, Inventari Fidecommissari, 1833, Platner, 1842) che dava inizio a una querelle attributiva che privilegiò a lungo questo riferimento a dispetto di quanto riportato dalle fonti.”

Donato-creti-san-girolamo-nel-deserto
All’inizio del Ventesimo Secolo (1909) Lionello Venturi aveva segnalato il parere di Ettore Modigliani, secondo il quale il dipinto andava inserito a pieno titolo nel corpus delle opere autografe di Caravaggio e, come tale, fu esposto nella straordinaria “Mostra della pittura italiana del Seicento e del Settecento” che occupò quarantotto sale di Palazzo Pitti dal 20 aprile e il 6 novembre del 1922.
Caravaggio san girolamo particolare braccio
Maria Teresa Fiorio conclude: “L’interpretazione del santo, visto non nella veste di penitente ma in quella di studioso, autore della traduzione dall’ebraico in latino delle Sacre Scritture – la cosiddetta Vulgata – corrisponde al ruolo assunto nella Controriforma da san Girolamo, riconosciuto dal Concilio di Trento come la fonte più attendibile per la conoscenza dei testi sacri (Cinotti, 1983).”

Dettagli

Caravaggio, San Girolamo (particolare) Caravaggio, San Girolamo, 1605-1606. Olio su tela, 112 x 157 cm, Galleria Borghese Roma Caravaggio, San Girolamo (particolare) Albrecht Dürer, San Girolamo nello studio, 1511. Penna (controfondato), 194 x 151 mm. Ambito di Giulio Pippi detto Giulio Romano, San Girolamo traduce la Bibbia. Prima metà XVI secolo e intervento successivo. Penna, inchiostro acquerellato, biacca e matita nera (controfondato), 274 x 220 mm. Isidoro Bianchi, San Gregorio e San Gerolamo, Secondo decennio del XVII secolo. Penna, inchiostro acquerellato, biacca e matita nera su carta azzurra, 390 x 466 mm. Giuseppe Nuvolone, San Girolamo, 1681 circa. Matita nera e gessetto bianco su carta grigioverde. 306 x 200 mm. Imitatore di Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino, San Girolamo nel deserto. Seconda metà XVII secolo. Penna e inchiostro acquerellato (controfondato), 30 x 22 cm. Giacomo Zoboli, L’ultima comunione di San Girolamo, Secondo e terzo decennio del XVIII secolo. Penna, inchiostro acquerellato e matita nera. 56,3 x 40,5 cm. Donato Creti, San Girolamo nel deserto. Prima metà del XVIII secolo. Matita nera, penna e inchiostro bruno (controfondato), 296 x 212 mm. Caravaggio, San Girolamo (particolare del braccio)

Dove e quando

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Fino al: 19 Febbraio, 2017