Perle, smeraldi, rubini, gioielli e antichi manufatti. Tesori così unici e preziosi da essere stati creati solo per imperatori e Maharaja, volano dalla collezione privata dello sceicco del Qatar e approdano fra le vie d’acqua, gli stucchi dorati e i grandi dipinti del Palazzo Ducale di Venezia, nella Sala dello Scrutinio allestita nell’occasione come scrigno d’eccezione.
Un collezione da fiaba. Cinque secoli di pura bellezza, tra design e gloriosa tradizione orafa indiana che partendo dai gioielli del XVI secolo della dinastia Moghul – rimasta famosa sia per lo sfarzo della corte imperiale che per lo splendore delle sue capitali – giunge ai grandi maharaja che durante il XX secolo commissionarono alle più prestigiose maison europee gioielli di straordinaria fattura e ricchezza.
Promossa da Fondazione Musei Civici di Venezia e curata da Amin Jaffer, conservatore capo della Collezione Al Thani, e da Gian Carlo Calza, studioso dell’arte dell’Estremo Oriente, sotto la direzione scientifica di Gabriella Belli, la mostra Tesori dei Moghul e dei Maharaja: la Collezione Al Thani ha portato a Venezia quanto lo sceicco Hamad bin Abdullah Al Thani, membro della famiglia reale del Qatar ha collezionato da tempo.
E’ noto che l’India è sempre stata una terra ricca di pietre preziose e patria di una tradizione orafa di estrema raffinatezza. L’impareggiabile qualità dei diamanti di Golconda, gli spinelli – pietre preziose simili a rubini – del Badakhshan, le spettacolari tonalità degli zaffiri del Kashmir resero celebre l’Asia meridionale, dove confluivano anche i rubini di Ceylon e della Birmania e le perle del Golfo persico.
Gemme e gioielli sono parte integrante dell’abbigliamento e dello stile di vita quotidiano e rappresentano un ornamento e una manifestazione di lusso e ricchezza, oltre ad avere un significato più profondo che rispecchia l’ordine cosmico nella visione orientale e un preciso carattere propiziatorio legato ai colori e ai materiali.
Cosi quando Babur, discendente del grande Tamerlano, nel 1526 conquistò vaste regioni dell’India nord-occidentale dando inizio all’impero Moghul, i maestri gioiellieri riuscirono a fare dell’oreficeria una vera e propria forma d’arte. Verso la metà del Settecento, a causa del declino del regno, dell’instabilità politica e del colonialismo britannico, la committenza dell’alta gioielleria cambiò passando in mano ai maharaja e ai notabili locali.
Gioielli da sogno in un allestimento per settori tematici. L’esposizione, grazie anche al suo particolare allestimento scenografico che fa risaltar i tesori esposti, si presenta come un viaggio nel mondo dei sogni e attraverso le varie sezioni riesce a tenere insieme un grande spaccato di un periodo storico così lungo e complesso.
L’immersione fra bagliori dei tesori dei Moghul inizia con un assortimento di gemme di eccezione, talmente uniche e preziose da avere un nome proprio, un appellativo che le accompagna. L’Occhio dell’idolo (Idol’s Eye) il più grande diamante blu tagliato del mondo insieme a Arcot II, donato alla regina Charlotte, moglie del re Giorgio III incantano per la magia e la purezza.
Emerge il gusto artistico Moghul e le connessioni con la cultura europea, con il Rinascimento grazie ad un reciproco scambio di stili e tecniche. Il profondo legame tra Oriente e Occidente che si manifesta soprattutto nella smaltatura, ispirata all’arte delle corti rinascimentali, utilizzata di frequente nella gioielleria indiana.
E spaziando fra preziosi oggetti in giada e cristallo di rocca, materiali molto apprezzati alla corte Moghul per i poteri propiziatori della vittoria, si prosegue a una selezione di manufatti provenienti da varie regioni del subcontinente indiano, gli ornamenti e i simboli del potere, si approda alla sezione dove diventa protagonista l’Europa e la sua arte orafa in mostra con una ricca selezione di gioielli commissionati dai principi indiani a prestigiose maison occidentali.
Nell’ultima sezione della mostra, si rende omaggio all’arte orafa contemporanea presentando alcuni gioielli indiani ed europei ispirati alla tradizione indiana mentre fuori sulle acque dei canali risplendono i bagliori di Venezia.