Prosegue fino al 21 maggio, all’Orangerie della Villa Reale di Monza, “I Macchiaioli e l’invenzione del Plein air tra Francia e Italia” curata da Simona Bartolena che annota: «Sebbene alla metà del secolo la pittura di paesaggio in Italia fosse ancora profondamente improntata sui modelli del vedutismo romantico, qualcosa stava lentamente cambiando. A Firenze, alla tradizione di Carlo Markò padre si stavano progressivamente sostituendo le ancora moderate ma comunque innovative proposte di Carlo Markò junior e di suo fratello Andrea, di Lorenzo Gelati, di Emilio Donnini e, soprattutto, di Serafino De Tivoli. All’esposizione della Promotrice del 1854, Donnini esponeva alcune vedute dell’Elba e paesaggi dei dintorni di Livorno, Pisa e Volterra. Serafino De Tivoli e Andrea Markò, invece, presentavano alcune vedute di campagna. Nello stesso anno nasce in un paese a pochi chilometri da Firenze, sulla via per Siena, un cenacolo pittorico fondamentale nella genesi della pittura macchiaiola, la cosiddetta Scuola di Staggia.

Artisti quali lo stesso De Tivoli, Lorenzo Gelati e Saverio Altamura, uniti dal comune interesse per la pittura di paesaggio, provano a sperimentare nuove interpretazioni di un genere ancora così poco apprezzato e stimato dagli ambienti ufficiali. L’esperienza di Staggia è senza dubbio il più diretto antecedente delle sperimentazioni en plein air del gruppo macchiaiolo. Come già sottolineato, questa tendenza a un nuovo approccio al tema paesistico si manifesta anche altrove: in Lazio, ad Ariccia, con Nino Costa; in Campania con la Scuola di Posillipo e l’azione dei fratelli Palizzi e, successivamente, con la Scuola di Resina, ma anche in Piemonte, con il cenacolo riunitosi intorno ad Antonio Fontanesi, altro personaggio cruciale nel rinnovamento del genere.
Fontanesi è senza dubbio uno dei primi pittori italiani a proporre una versione del tema aggiornata sulla pittura di Corot e di Daubigny, anche grazie alla profonda amicizia che lo lega a François-Auguste Ravier. Egli dipinge paesaggi emozionali, evocativi, carichi di sentimento e poesia, distanti tanto dal modello accademico, quanto dal vero senza compromessi che caratterizzerà il paesaggio macchiaiolo.

Nessuna di queste esperienze, però, riuscirà a soddisfare del tutto l’ambizione di un radicale rinnovamento della pittura di paesaggio: rivoluzione che sarà invece pienamente compiuta dai macchiaioli.
Quando nel 1855 Serafino De Tivoli rientra da Parigi e, pieno di entusiasmo, si prodiga nella descrizione delle novità conosciute in Francia agli amici riuniti al Caffè Michelangelo, il locale di via Larga era già diventato il quartier generale di un gruppo di artisti ribelli e insofferenti alla tradizione accademica. Loro leader indiscusso era Telemaco Signorini, figlio d’arte, ragazzo colto, cresciuto negli ambienti elitari della buona società cittadina, dotato di un’ottima penna, oltre che di una certa propensione alla pittura.

Frequentando lo studio di Gaetano Bianchi, pittore e restauratore, aveva conosciuto Odoardo Borrani, e ne era diventato inseparabile amico. “Odoardo Borrani, amico di tutti, per quanto ferocemente sentisse le antipatie, era, più che a tutti, amico mio”, ricorda Signorini, “Sera e mattina si entrava al caffè, sempre assieme. Il Borrani a que’tempi era rumoroso e loquace, […] complice, il più zelante di ogni genere di scherzo organizzato fra noi, democratico eccessivamente, ma di una democrazia meno sanculotta e più ironica di quella del Lanfredini”. Ben presto ai due si unisce Vincenzo Cabianca, per gli amici “Cencio”, giunto “di poco da Verona, di dove era nativo”.
Secondo i racconti di Adriano Cecioni, Cabianca era un giovinetto “snello, di aspetto simpatico, col pizzo biondo e lungo, provveduto di un bel naso, vestito molto pulitamente, con un piccolo cappellino, un giubbino corto alla vita, i pantaloni a coscia, un figurino infine avente tutta l’aria di un pittore veneto”. Quel giorno egli camminava per la città, “cercando una bottega di Caffè che era allora in Borgo la Croce”».

Formato da novanta opere provenienti da collezione private, ma anche da alcune importanti istituzioni museali, il percorso espositivo, percorre quindi le vicende di uno dei movimenti artistici più importanti della scena culturale italiana, sviluppatosi nella seconda metà dell’Ottocento, che con le sue ricerche pittoriche d’avanguardia ha per molti aspetti anticipato, con sorprendente modernità, gli esiti proposti successivamente dagli Impressionisti francesi.

Con modalità molto vicina allo sguardo di coloro che di questa rivoluzione furono i protagonisti, il visitatore può tuffarsi in quel momento storico e culturale molto vivace da cui emersero, insieme alle forti personalità artistiche e umane, i fermenti di rivolta di pittori come Telemaco Signorini, Giovanni Fattori, Giuseppe Abbati, Silvestro Lega, Vincenzo Cabianca, Raffaello Sernesi, Odoardo Borrani.

Il percorso espositivo si apre con la sezione che racconta lo sviluppo della pittura “del vero dal vero”, partendo dall’esperienza dei pittori della Scuola di Barbizon, quali Camille Corot, Charles-François Daubigny, Constant Troyon, Théodore Rousseau e prosegue con i lavori di artisti italiani, quali Giuseppe e Filippo Palizzi, o di Serafino De Tivoli il quale, grazie alle conoscenze acquisite durante un viaggio a Parigi, porterà ai colleghi del Caffè Michelangelo a Firenze novità e conferme importanti. È proprio attorno ai tavoli del locale fiorentino che, nella seconda metà degli anni cinquanta dell’Ottocento, si riuniva un gruppo di giovani autori accomunati dallo spirito di ribellione verso il sistema accademico e dalla volontà di dipingere il senso del vero.

Mediante approfondimenti biografici e spiegazioni tecniche è semplice comprendere la vera importanza storico-artistica della pittura macchiaiola purtroppo ancora troppo spesso nota solo per la piacevolezza delle sue tavolette. Al riguardo Paolo Pilotto, Sindaco e Presidente del Consorzio insieme ad Arianna Bettin, Assessora alla Cultura, al Parco e alla Villa Reale, hanno commentato: «La stagione dei Macchiaioli rappresenta una fase della nostra storia dell’arte di grande interesse foss’anche solo perché si tratta di una manifestazione limpida dello spirito del tempo. È significativo che, mentre i Macchiaioli approfondivano la propria indagine, si faceva l’Italia e contestualmente i Savoia prendevano possesso della Villa Reale. Ospitare una mostra che affronti questo movimento significa stimolare le molteplici connessioni, in campo artistico e non solo, che esso ha avuto con spinte culturali che investivano tanto il nostro Paese quanto l’intera Europa, nel corso di anni cruciali per la stessa città di Monza».

Per tutta la durata della rassegna, accompagnata da un catalogo edito per l’occasione da Silvana, sono programmate attività didattiche, incontri e visite guidate per bambini e adulti.