Al Complesso Monumentale di San Francesco, ex chiesa conventuale di architettura medievale d’accesso alla pianura dall’arco alpino, ora monumento nazionale, c’è tempo fino a domenica 5 marzo per vedere riunite, per la prima volta nella città di Cuneo, cinque grandi pale d’altare dei maestri del Rinascimento veneto Tiziano Vecellio, Jacopo Robusti detto il Tintoretto e Paolo Caliari detto il Veronese, provenienti da altrettante chiese veneziane. Per il progetto espositivo – della Fondazione CRC e Intesa Sanpaolo con il supporto organizzativo di MondoMostre, che ha pubblicato anche il catalogo edito per l’occasione – i due curatori, don Gianmatteo Caputo e Giovanni Carlo Federico Villa, si sono concentrati sul periodo compreso tra il 1560 e il 1565.
Le opere presentate risultano in perfetto dialogo cronologico e stilistico e si confrontano con temi fondamentali nell’iconografia cristiana, così da offrire una precisa percezione di come il colore veneziano si sia posto al servizio della sacra narrazione, riflettendo la spiritualità lagunare.

La mostra rimanda quindi al ruolo di Venezia e della Repubblica Serenissima quale ‘porta del mondo’ con i suoi commerci e la sua diplomazia, e a quello di Cuneo quale via d’accesso a ovest attraverso le Alpi, che divengono luogo di permeazione reciproca tra Italia e Francia e di costruzione di una eccezionale identità.
In apertura è stata collocata l’Annunciazione (1563-1565) di Tiziano proveniente dalla Chiesa di San Salvador dove si trova ancora nella collocazione originaria. La realizzazione risale al testamento di Antonio Cornovì della Vecchia, datato 7 maggio 1559, dove si faceva espresso riferimento a una “pala della Incarnation de nostro Signor” che doveva decorare la cappella di Sant’Agostino da lui acquistata, realizzata probabilmente su disegno di Jacopo Sansovino. L’opera con la quale l’artista rinnoverà profondamente lo schema iconografico dell’annunciazione inserendovi, appunto, il momento dell’incarnazione per mezzo dello Spirito Santo. La Vergine, in atto di sollevare il velo con la mano destra allude al momento del concepimento così come raccontato da una tradizione mediorientale, secondo cui Dio entrò nel ventre di Maria attraverso l’orecchio per mezzo della parola. Alla verginità della Madonna dovrebbe alludere il vaso di vetro con l’acqua e il mazzo di fiori, sotto il quale, sull’alzata del gradino, è posta l’iscrizione “Ignis ardens non comburens” (fuoco che arde non brucia), richiamo all’immagine del roveto ardete. Lo stile pittorico è ormai quello dell’ultima fase del Vecellio, caratterizzato da una stesura dei colori sempre più libera in cui la consistenza fisica dei corpi sembra quasi disfarsi nella luce crepitante

Del Veronese vengono presentate il Battesimo di Cristo (1560-1561) dalla Chiesa del Redentore e la Resurrezione di Cristo (1560 circa) dalla Chiesa di San Francesco della Vigna. La prima venne commissionata all’artista da Bartolomeo Stravazino – ritratto in basso insieme al figlio Giovanni in adorazione del suo eponimo che battezza Cristo – per una cappella dedicata a Giovanni Battista e situata vicino alla chiesa del Redentore. A seguito della demolizione della cappella la tela fu trasferita nella sacrestia della chiesa e lì in parte dimenticata, fino al recupero e alla sua piena rivalutazione da parte della critica novecentesca che vi riconosceva una particolare scioltezza nella resa cromatica. Da notare la ricercata eleganza delle posture nel gesto del battesimo compiuto in controluce sulle nube luminosa che segnala la presenza dello Spirito Santo.

Nella seconda  spicca il dinamismo che Gesù risorto imprime a tutta la scena mentre ascende al cielo dopo essere uscito dal sepolcro con lo stupore dei fedeli in basso. In alto, in mezzo alle nubi, il cielo con i colori dell’alba ospita tanti angeli raffigurati come piccole teste di bimbi. Tra le nubi grigie vediamo Cristo, con indosso solo un perizoma bianco e con le braccia spalancate, che raggiunge il cielo tenendo tra le mani e passandolo dietro il proprio corpo il vessillo crociato, che simboleggia il suo trionfo sulla morte.

Di Tintoretto vengono esposte l’Ultima Cena (1561-1566) dalla Chiesa dei Santi Gervasio e Protasio detta San Trovaso e la Crocifissione (1560 circa) dalla Chiesa di Santa Maria del Rosario detta dei Gesuati. Il primo reca sullo sgabello la data e la scritta: “MDXXX / XII /A DI XXVII / AGOSTO / IN TEMPO / DE. MISIER. ISE / PO MORANDE / LO. ET / CONPA / GNI” e fu collocato nel presbiterio della chiesa insieme a un dipinto con la Lavanda dei piedi ora al museo del Prado di Madrid. La tela nella prima metà del Settecento subì delle ridipinture poi rimosse da un restauro eseguito in occasione di una mostra dedicata all’artista nel 1937. Il soggetto, che Tintoretto tratterà diverse volte nel corso della sua carriera artistica, è svolto frontalmente con la disposizione simmetrica degli apostoli ai lati di Cristo. Raffigurati in una serrata articolazione di pose dinamiche che conferisce grande mobilità alla composizione, caratterizzando nel contempo ogni figura con un proprio stato d’animo. A questo esito contribuisce la luce proveniente da sinistra che si insinua tra le figure degli apostoli, connotando altresì la scena di maggiore spiritualità. Ai lati della composizione le due figure femminili impersonano la Fede a sinistra e la Carità a destra.

La datazione di questa Crocefissione è precedente a quella per la Scuola Grande di San Rocco del 1565, che ne riprende l’idea compositiva del gruppo ai piedi della croce con la Vergine svenuta. La simmetrica impaginazione compositiva, evidente anche nel profilo del paesaggio, perde così la sua rigidità grazie al movimentato insieme di figure su cui si riversa l’intensa aura luminosa che circonfonde il corpo di Cristo accendendo di luce le pieghe dei panneggi. Al contempo cresce l’intonazione patetica della composizione che raggiunge una notevole intensità oltre che nella figura della Vergine anche in quella della donna all’estrema sinistra.

Al di là del suggestivo allestimento, la possibilità di approfondire il ruolo di queste grandi opere nel loro contesto veneziano così da dare al visitatore ogni strumento per cogliere una lettura sia svolta nell’ottica fedele del tempo, sia per comprendere l’importanza epocale del dialogo artistico svoltosi tra i tre artisti.

Dettagli

Didascalie immagini

  1. Tiziano Vecellio
    Annunciazione, 1563-1565 (particolare)
    olio su tela, 403×235 cm
    Venezia, chiesa di San Salvador
  2. Paolo Caliari detto Il Veronese
    Battesimo di Cristo,  1560-1561 (particolare)
    olio su tela, 204×102 cm
    Venezia, Chiesa del Santissimo Redentore
  3. Paolo Caliari detto Il Veronese
    Resurrezione di Cristo (1560 circa)
    olio su tela, 325×160 cm
    Chiesa di San Francesco della Vigna
  4. Jacopo Robusti detto Il Tintoretto
    Ultima Cena (1561-1566)
    olio su tela, 224,5 x 415 cm
    Chiesa dei Santi Gervasio e Protasio detta San Trovaso
  5. Jacopo Robusti detto Il Tintoretto
    Crocifissione, 1560 circa (particolare)
    olio su tela, 297×165 cm
    Chiesa di Santa Maria del Rosario detta dei Gesuati

In copertina
Tiziano Vecellio
Annunciazione, 1563-1565 (particolare della Vergine)

Dove e quando

Evento:

Indirizzo: Complesso Monumentale di San Francesco - Via Santa Maria, 10 - Cuneo
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Fino al: 05 Marzo, 2023