A chi piace scoprire o approfondire può già mettere in agenda la mostra in programma a Palazzo Roncale dal 12 marzo al 26 giugno 2022. Infatti, per la prima volta, il soggetto di un percorso espositivo, è la storia di un Indiana Jones dell’Ottocento non alla ricerca dell’Arca dell’Alleanza, ma un uomo che dedicò parte della propria esistenza alla scoperta delle sorgenti del Nilo: Giovanni Miani.
Nato da un’idea di Sergio Campagnolo, curato da Mauro Varotto – docente di Geografia del Dipartimento di Scienze Storiche, Geografiche e dell’Antichità dell’Università di Padova e Delegato della rettrice per i Musei e le collezioni dello stesso Ateneo – e da Alessia Vedova – responsabile dell’Ufficio Patrimonio artistico ed eventi espositivi della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo che lo promuove – l’omaggio della città di Rovigo ricorda questo figlio viaggiatore in occasione dei centocinquanta anni dalla morte.
Tra storia, geografia ed etnografia, la mostra intende raccontare la vicenda di questo personaggio irrequieto e fuori dagli schemi, di indomito coraggio e volontà ferrea, amante del rischio e dell’avventura, sfortunato inseguitore di grandi ideali come di riscatto sociale al “bastardo” che aveva sognato la celebrità.
Giovanni nacque il 17 marzo 1810, figlio di una domestica e mai riconosciuto dal padre, a quattordici anni lascia la famiglia materna dove era cresciuto, per raggiungere a Venezia la madre che lavorava al servizio del nobile Pier Alvise Bragadin che lo accoglie facendolo studiare oltre a destinare, nel testamento, un cospicuo lascito, che il giovane dilapida velocemente nel progetto di pubblicare un’enciclopedia universale della musica, naufragato al primo volume.
Scrive musica e frequenta i conservatori di mezza Europa, tentando senza fortuna anche la carriera di baritono e, rientrato nella Serenissima, partecipa ai moti del ’48-’49 contro la dominazione austriaca, ma qualche giorno prima della definitiva capitolazione prende la via del volontario esilio. Raggiunge Costantinopoli e poi l’Egitto, dove per un periodo presta servizio come pedagogo e insegnante di francese e italiano. Nel frattempo si fa strada il sogno di individuare le sorgenti del grande Nilo, che nella sua idea coincidevano con la mitica regione dell’Ofir, la terra dalle immense ricchezze ricordata dalla Bibbia.
Nel 1859, un modesto finanziamento del governo francese gli consente di avventurarsi in una spedizione che lo conduce a Khartoum, dove giunge il 20 luglio dello stesso anno. La città, da poco fondata dagli inglesi, sorge alla confluenza dei due rami principali del Nilo, quello Azzurro e quello Bianco. Del primo si conosce l’origine; il secondo è invece oggetto dell’interesse delle spedizioni delle potenze europee che puntano ad impossessarsi di territori che sarebbero diventati fondamentali qualora si fosse realizzato quello che poi sarà il Canale di Suez.
Da Khartoum Miani riparte senza i compagni di spedizione, decisi a non seguirlo, e raggiunge Gondokoro, oltre millecinquecento chilometri a sud della città, trascrivendo dettagliatamente il viaggio nel suo diario e in una mappa del territorio destinata alla Società Geografica Francese. Tuttavia il viaggio è destinato a terminare poco oltre Galuffi, non lontano dal grande lago Nianza (poi ribattezzato Victoria) senza raggiungerlo: una febbre persistente e una piaga a una gamba, unite all’ostilità delle popolazioni indigene, lo costringono ad abbandonare il progetto.
Del suo passaggio lascia traccia sul tronco di un tamarindo. Per gli indigeni era intanto diventato il “Leone Bianco”, tributo al suo coraggio e alla sua lunga e candida barba. Nel frattempo gli esploratori inglesi Speke e Grant entusiasmano il mondo con il loro annuncio della scoperta delle sorgenti del Nilo, individuate nel Lago Victoria, da loro raggiunto nel 1858.
A Miani non resta che tornare in Europa con quattordici casse contenenti circa milleottocento reperti, ma tutti i tentativi di vendere la sua collezione falliscono. Decide allora di lasciarla in dono alla sua città di adozione, Venezia. Parte di questi eterogenei materiali (tessuti, armi, minerali, strumenti musicali, antichità varie…) è oggi esposta al Museo di Storia Naturale.
Il mal d’Africa torna prepotente ed eccolo ancora una volta a Karthoum, dove diventa direttore del nuovo zoo della città. Utilizza questa funzione per farsi accettare in una spedizione diretta verso il Mombuto, nell’attuale Zaire. Il suo ruolo è duplice: esperto scientifico della spedizione e cercatore di specie animali sconosciute da introdurre nel suo zoo. Riesce a catturare anche due pigmei, che avrebbero svelato l’enigma della loro esistenza favoleggiata da Erodoto.
Ospite del re Bunza, muore a Nangazizi nel novembre del 1872, la notizia giunge a Venezia l’anno successivo e la sua tomba sarà rinvenuta solo nel 1881. I suoi resti saranno destinati all’Accademia dei Concordi della natia Rovigo.