(di Irma Tiribilli)
Al Parco archeologico del Colosseo prosegue fino al 30 aprile la mostra realizzata per ricordare Giacomo Boni (Venezia 1859 – Roma 1925), convinto sostenitore della necessità di tutelare e valorizzare l’insieme degli straordinari monumenti che caratterizzano l’area archeologica centrale di Roma e, pertanto, ponendo le premesse per l’istituzione del Parco.

Infatti, il suo progetto museografico per il Foro Romano e il Palatino, ancora oggi, si presenta straordinariamente moderno e innovativo, forse il primo esperimento di parco archeologico in cui natura, resti antichi, ricostruzioni filologiche, rievocazioni e divulgazione tendono a fondersi in armonia, con lo scopo di amplificare e trasmettere la forza e la suggestione che è sempre possibile ricavare dal contatto con il passato.

Affascinante, moderno e poliedrico, tra i più importanti archeologi italiani del periodo a cavallo tra fine Ottocento e inizi del nuovo secolo, personalità della cultura europea tra le più note e influenti della sua epoca, Boni fu un pioniere dell’applicazione in archeologia di procedimenti sperimentali derivati dalle scienze naturali e del metodo stratigrafico applicato agli scavi di età classica e medievale.

Autodidatta, con una formazione di disegnatore nei cantieri veneziani, col tempo divenne archeologo e architetto sviluppando metodi innovativi di scavo, di restauro, di documentazione e di valorizzazione comprendendo l’importanza di condividere, con il grande pubblico, il valore delle scoperte – che hanno ridisegnato l’aspetto del Foro Romano – ricorrendo a un linguaggio nuovo, non accademico, alla fotografia e intessendo rapporti con personalità del calibro di Anatole France, Gabriele D’Annunzio, Sibilla Aleramo, Primo Levi, Eleonora Duse.

Curata da Alfonsina Russo, Roberta Alteri, Andrea Paribeni con Patrizia Fortini, Alessio De Cristofaro e Anna De Santis, la mostra, attraverso quattro sezioni, ne evidenzia la vita e la personalità mentre, le attitudini professionali si evidenziano nei luoghi dove ha principalmente operato e di cui ha definito l’attuale fisionomia: il Foro Romano e il Palatino. A lui si devono gran parte degli scavi destinati a riportare alla luce i principali monumenti dell’area archeologica centrale.

Tra le scoperte si ricordano quelle del Tempio di Vesta; il complesso della fonte sacra di Giuturna; la chiesa medievale di Santa Maria Antiqua con il ciclo pittorico bizantino; il sepolcreto arcaico, che ha consentito di stabilire una vita protostorica nell’area del Foro Romano; il Lapis Niger, luogo che gli autori antichi riferiscono alla saga di Romolo.
Per il Palatino approfondisce i temi della flora, interesse che lo accompagna tutta la vita e di cui resta traccia nell’ordinamento del giardino degli Horti farnesiani, e in quel roseto che porta ancora il suo nome e dove è sepolto.

La personalità umana e scientifica di Boni viene inoltre approfondita nelle pagine del catalogo, edito da Electa, come un affascinante palinsesto biografico. Sulle orme del suo maestro John Ruskin, fu il primo archeologo in Italia a proporre non solo un programma di attività di ricerca e tutela del patrimonio storico-culturale, ma anche una vera e propria “religione dell’antico”, in cui il passato torna a ricongiungersi al presente per orientarne le scelte etiche.