Mercoledì scorso ha riaperto al pubblico il Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps con una monografica dedicata a Filippo de Pisis (Ferrara, 1896 – Milano, 1956) per proseguire il progetto volto alla restituzione di tutta la sensibilità pittorica dell’artista e il suo ruolo di protagonista nell’esperienza della pittura italiana tra le due guerre.
Pittore versatile, viaggiatore instancabile e poeta, Filippo de Pisis percorse il Novecento attraversando Paesi e movimenti pittorici senza mai aderire unicamente a una singola corrente. I continui viaggi contribuirono ad arricchire quella visione internazionale che renderà la sua prospettiva del tutto unica, ispirandone ricerca espressiva e plasmandone la pittura.
Dopo la tappa milanese della mostra al Museo del Novecento dello scorso inverno, nella sede di Palazzo Altemps è stato focalizzato come per de Pisis siano stati stimoli estremamente rilevanti sia l’interesse profondissimo e costante riservato agli esempi dell’arte del passato sia la passione persistente nutrita nei confronti dell’arte antica e della statuaria greca e romana.
Di ciò sono splendida testimonianza, in mostra, capolavori come Le cipolle di Socrate, 1926, L’archeologo, 1928, Il piede romano, 1936 o, ancora, numerosi disegni con la loro esaltazione del motivo del nudo virile. È appunto al disegno che la mostra a Palazzo Altemps dedica uno speciale rilievo, presentando un campionario di sceltissimi fogli, in un colloquio con l’arte di quell’età remota ma sempre viva e parlante che non sarebbe spiaciuto a de Pisis vedere realizzato, secondo il curatore Pier Giovanni Castagnoli con Alessandra Capodiferro, responsabile del Museo di Palazzo Altemps.
Ventisei dipinti e un’ampia selezione di carte e acquerelli per mostrare al pubblico quel talento versatile e l’incredibile ricchezza dei soggetti.
Una vasta cultura, studi classici, l’interesse per l’archeologia e la passione di collezionare cose minute sin dalla giovane età: sono tutti aspetti della personalità dell’artista che a Palazzo Altemps creano una relazione quasi diretta con il gusto per il collezionismo coevo e innumerabile di Evan Gorga, mentre rimandano alla suggestione per il bello antico che aveva nutrito il gusto antiquario del collezionismo cinque-seicentesco delle famiglie patrizie romane.
Alle statue di dei ed eroi, ai ritratti di imperatori, disegni su carta e acquerelli con nudi maschili e teste di giovani, così come gli oli dove la statuaria ideale, il frammento scultoreo, è inserita in un paesaggio ora reale ora metafisico, riecheggia la passione archeologica.
Instancabile viaggiatore, Filippo de Pisis visse e lavorò a Roma, una delle tappe, insieme a Milano, Venezia, il Cadore e soprattutto Parigi e Londra.
Le vedute cittadine, i paesaggi ariosi delle montagne a lui care, gli intensi ritratti capaci di cogliere la personalità della figura descritta e le inusuali combinazioni di nature morte hanno sempre risposto a uno stile decisamente individuale.
La mostra è accompagnate da un unico catalogo edito da Electa per entrambe le sedi espositive.
Didascalie immagini
Filippo de Pisis
- Natura morta occidentale, 1919
Verona, collezione della Fondazione Cariverona
© Archivio fotografico della Fondazione Cariverona
© Filippo de Pisis by SIAE 2019 - La Cupola degli Invalidi e la Torre Eiffel
(Paesaggio Parigino), 1926
Collezione Augusto e Francesca Giovanardi, Milano
Foto di Alvise Aspesi
© Filippo de Pisis by SIAE 2019 - Le cipolle di Socrate, 1926
Olio su tela, 73 × 38,2 cm
Musée de Grenoble
Ph. J.L. Lacroix
© Filippo de Pisis by SIAE 2019 - L’archeologo, 1928
Genova, Galleria d’Arte Moderna
Credits: Comune di Genova – Musei di Nervi – Galleria d’Arte Moderna
© Filippo de Pisis by SIAE 2019 - Il piede romano, 1933
Olio su tela, 97 × 146 cm
Collezioni d’Arte e di Storia
della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna
© Filippo de Pisis by SIAE 2019 - Pugile, anni Quaranta
Tecnica mista su carta,
48,5 × 35 cm
Collezione privata, Bologna
© Filippo de Pisis by SIAE 2019 - Il marinaio francese, 1930
Olio su tela, 60 × 50 cm
Collezione privata
© Filippo de Pisis by SIAE 2019
In copertina un particolare di:
Le cipolle di Socrate, 1926
PERCORSO MOSTRA
(courtesy Electa)
- Il 1916 rappresenta nella pittura di Filippo de Pisis un momento decisivo. Nel crocevia di suggestioni a cavallo tra pittura e scrittura, felici e importanti incontri nella natia Ferrara segnano la sua biografia: appena ventenne conosce i fratelli Giorgio de Chirico e Alberto Savinio e, sotto la loro influenza, sperimenta giovanili composizioni, prove “astratte”, collage su carta, come Natura morta occidentale (1919). Negli anni Venti l’artista si dedica ancora prevalentemente alla scrittura, ma il soggiorno a Roma apre nuovi percorsi. La prima personale alla Casa d’Arte Bragaglia, l’incontro con il maestro Spadini – che lo esorta a proseguire nella pittura – le suggestioni nate dai capolavori visti nei musei, nelle chiese e nei siti archeologici della capitale rafforzano in lui la consapevolezza nelle proprie capacità. Roma è il luogo in cui inizia a stringere i rapporti più fruttuosi con l’ambiente artistico, la città dove incontra i primi estimatori e sostenitori.
- Nel 1925 de Pisis si trasferisce a Parigi, città che tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento rappresenta un polo di attrazione per gli artisti e gli intellettuali di tutta Europa: vi si ritrovano gli esponenti delle Avanguardie, i promotori di nuove idee. Il ferrarese vi ritrova molti suoi amici, tra i quali de Chirico, con cui frequenta il vivace mondo artistico della capitale francese: Braque, Picasso, Matisse, Joyce, Svevo, Cocteau. Ancora una volta musei, mostre, gallerie costituiscono per de Pisis una “spinta vitale”. Nell’artista, da sempre aperto al confronto con tutto ciò che lo circonda, nascono nuove ispirazioni e maturano sperimentazioni. Nelle “nature morte” inserisce tra gli oggetti ritratti sullo sfondo il tema del “quadro nel quadro”, soluzione che si ripete a lungo nell’arco della sua produzione, con omaggi a colleghi – come in Natura morta con quadro di De Chirico (1928) – o a riferimenti ideali, come i bozzetti che rappresentano opere dell’antichità. Un gioco di rimandi che ribalta l’ordine delle cose: l’arte è una “cosa” mentale e la pittura pura finzione.
- La vitalità di Parigi regala a de Pisis numerose occasioni di esercitarsi nella pittura “en plein air”. Pennellate suadenti, colori accurati e segni vivaci si ritrovano nei dipinti che ritraggono la Ville Lumière – La cupola degli Invalidi (1926) – così come, in seguito, la capitale inglese dove l’artista soggiornò tra il 1933 e il 1936. Nella pennellata breve e veloce si legge una certa influenza della pittura impressionista, ma per de Pisis il paesaggio non è un’istantanea registrazione visiva ma uno stato d’animo.
- Il soggetto umano, il ritratto e il nudo virile sono un’altra costante nella produzione dell’artista: dal Marinaio francese a Colette (1933), passando per il confronto con la statuaria antica come ne Le cipolle di Socrate o nei molti dipinti dedicati al San Sebastiano, dove ritroviamo in pittura elementi tratti dai suoi disegni. Nei nudi maschili su carta – a volte semplici ma efficaci schizzi a volte opere più compiute con colori e titoli – si nota la crescita e lo studio dell’artista ferrarese.
- Alla fine degli anni Trenta de Pisis raggiunge una posizione più consolidata nell’ambiente artistico: le mostre parigine si susseguono, così come gli inviti ai principali appuntamenti espositivi ufficiali in Italia, dalla Biennale di Venezia alla Quadriennale di Roma. Si afferma con un modo pittorico, uno stile ormai inconfondibile, che si affina e si conferma nel corso del tempo nei tanti paesaggi che negli anni seguenti esegue ancora a Parigi, a Milano e a Venezia, durante i soggiorni estivi in Cadore, a Cortina o nel Gers.
- Nel 1939, allo scoppio della guerra, de Pisis ripara in Italia. Si sposta per brevi soggiorni a Bologna, Rimini, Vicenza, per stabilirsi prima a Milano e infine a Venezia.
- Il 1948 segna l’inizio di un periodo difficile per de Pisis. Tornato a Parigi, vi trova una città completamente cambiata dopo gli anni della guerra e, nonostante la fama, fatica a ritrovare i legami di un tempo e a crearne di nuovi. Nello stesso anno la Biennale di Venezia gli riserva una sala personale con oltre trenta opere degli ultimi vent’anni, ma gli viene negato il Gran Premio della Giuria per la sua omosessualità. Anche la malattia nervosa, che già si era affacciata da qualche tempo, si aggrava e lo porta a lunghi ricoveri in case di cura, principalmente a Villa Fiorita a Brugherio. Anni di così profonda sofferenza sono segnati però anche da nuove capacità espressive e intuizioni compositive innovative. Una trasformazione incisiva del suo stile che non solo si rinnova, ma rende la sua arte estremamente attuale. Il tratto breve, tipico della sua pittura, la semplificazione e la rarefazione dei segni si accentuano. La poesia e l’armonia, da sempre ricercate, si esprimono in opere in cui gli oggetti, ormai familiari, vivono nuove inquietudini e melanconie come ne Il Cielo a Villa Fiorita (1952), tra gli ultimi capolavori del catalogo dell’artista, morto nel 1956.
Breve biografia
1896-1914
Luigi Filippo Tibertelli de Pisis nasce a Ferrara l’11 maggio 1896 terzogenito del nobile Ermanno e di Giuseppina Donini. La sua formazione, come per i suoi sei fratelli, è affidata a precettori privati. Professori di disegno furono Odoardo Domenichini e i fratelli Angelo e Giovanni Longanesi. Durante la gioventù intrattiene una corrispondenza con gli artisti e scrittori che collaborano con “La Voce’’ e “Lacerba’’, scrive su riviste d’avanguardia e pubblica i suoi primi racconti. La passione per la scrittura accompagnerà la carriera di pittore per tutta la vita.
1915-1917
Nel giugno 1915 conosce Giorgio de Chirico e il fratello Alberto Savinio. Si iscrive alla facoltà di Lettere dell’Università di Bologna e frequenta l’ambiente culturale della città tra cui spiccano Giuseppe Raimondi, Giovanni Cavicchioli, Umberto Saba, Giuseppe Ravegnani, Marino Moretti e Alfredo Panzini.
1918-1923
Nel febbraio 1919, durante un breve soggiorno a Roma, conosce lo scrittore Giovanni Comisso. Si trasferisce nella capitale nel 1920 dove entra in contatto, grazie all’amicizia di Olga Signorelli, con la Casa d’Arte Bragaglia che organizza la sua prima mostra personale di acquarelli e disegni.
1923-1925
Nella primavera del 1923 è ad Assisi dove insegna latino in un liceo. Nello stesso anno muore il padre e de Pisis torna brevemente a Ferrara, ormai deciso a lasciare l’Italia per la Francia.
1925-1932
L’artista vive a Parigi dal 1925 al 1939, torna in Italia nei periodi estivi muovendosi tra il Cadore e le città di Milano, Venezia, Bologna, Rimini. Durante il soggiorno parigino frequenta, con amici e colleghi pittori connazionali, il vivace ambiente culturale delle avanguardie. Partecipa alle principali esposizioni organizzate in Italia: le mostre di Novecento, le Biennali di Venezia e le Quadriennali romane.
1929-1932
Nel 1929 muore la madre. L’anno seguente si trasferisce nell’appartamento di Rue Servandoni che diventa in breve tempo luogo di ritrovo per molti amici e pittori italiani di passaggio a Parigi. La sua fama di artista è ormai consolidata e partecipa a numerose mostre nelle gallerie parigine.
1933-1939
Nel 1935 il mercante inglese Zwemmer espone nella sua galleria d’arte a Londra una personale dell’artista che riscuote un buon successo. Nella stessa città è ospite della pittrice Vanessa Bell. Nel 1936 di passaggio a Milano conosce il mercante d’arte Barbaroux che gli commissiona alcune vedute della città destinate ai collezionisti milanesi. Nel gennaio 1938 compie un nuovo breve viaggio a Londra dove realizza opere su commissione della collezionista americana Marie Herges, sarà lei a donargli il pappagallo Cocò che diviene il suo irrinunciabile compagno di vita.
1940-1943
Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale de Pisis si stabilisce Milano. Rischia il confino nel maggio del 1943 perché accusato, dal prefetto di Milano, di essere un “perturbatore della morale’’.
1943-1945
Dopo il bombardamento dell’appartamento milanese si trasferisce a Venezia, qui acquista una casa in San Sebastiano che arreda con mobili antichi e con gli oggetti raccolti fin dall’infanzia. Conchiglie, vasi, sculture, pipe, bastoni saranno i protagonisti delle sue scenografiche “stanze metafisiche’’. Iniziano i primi sintomi della malattia nervosa che lo condurrà al definitivo ricovero negli anni successivi. La nipote Bona si stabilisce a Venezia e diventa una presenza constante fino alla fine della vita dell’artista. De Pisis, in compagnia della nipote, ritorna a Parigi dove si ferma per un anno nella speranza di ritrovare un po’ di serenità e di trarne vantaggio per la sua pittura. Alla fine del 1948, a causa dell’improvviso peggioramento del suo stato di salute, rientra a Venezia.
1949-1952
Nell’ottobre del 1949 è ricoverato nella casa di cura per malati mentali Villa Fiorita a Brugherio dove rimarrà – con brevi intervalli – fino alla morte. Qui dipinge nel serrone allestito a studio d’artista dal direttore della clinica.
Il 2 aprile 1956 de Pisis muore a Milano.
Dove e quando
Evento: Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps – Piazza di Sant’Apollinare, 46 – Roma
- Fino al: – 20 September, 2020