“Nessun artista supererà mai Fidia“
(Auguste Rodin, L’Art, 1911)
Il più grande scultore greco del periodo classico, Fidia, fu il protagonista delle arti plastiche nell’Atene di Pericle (seconda metà del V secolo a.C.), dividendosi la fama con Policleto, le cui opere sono conosciute solo attraverso copie di età romana. A Fidia, architetto oltre che scultore, si debbono la realizzazione del Partenone e delle sue decorazioni – il cui progetto, unitario nella concezione e nello stile, ne fa un vero e proprio poema marmoreo – e i mitici colossi dell’Atena Parthenos e dello Zeus di Olimpia. Nel tempo, Fidia è divenuto una figura mitica, circondata da un alone di mistero, poiché molti dettagli della sua vita sono scarsamente noti e la conoscenza della sua produzione si basa in gran parte su copie di età romana e su fonti letterarie.
La mostra Fidia, ospitata dal 24 novembre 2023 al 5 maggio 2024 presso i Musei Capitolini – Villa Caffarelli a Roma, rappresenta la prima esposizione monografica dedicata al grande scultore. I visitatori sono condotti in un viaggio attraverso le opere di Fidia e immersi nel clima storico-culturale del suo tempo, grazie a una vasta selezione di oltre cento pezzi tra reperti archeologici, originali greci e repliche romane, dipinti, manoscritti, disegni, alcuni dei quali esposti per la prima volta. Il percorso si articola in sei sezioni tematiche e cronologiche e si apre con un omaggio dello scultore francese Auguste Rodin (1840-1917) a Fidia, una testa di donna sormontata da un tempietto stilizzato con sei colonne doriche, che richiama il Partenone. Si tratta della Pallas au Parthénon, la scultura in marmo e gesso che Rodin realizzò alla fine dell’Ottocento per rendere omaggio a quello che considerò sempre il modello assoluto per gli scultori di ogni tempo.
Delineando il contesto storico, politico e artistico di Atene nel V secolo a.C., la mostra evoca, attraverso erme, i personaggi di spicco in una città che stava vivendo la sua epoca aurea: Temistocle, Pericle, Aspasia. Sono gli anni in cui il giovane Fidia completava il proprio apprendistato presso lo scultore Egia e il bronzista Agelada, e iniziava la sua attività ottenendo le prime importanti commesse, fino alla realizzazione delle statue della Atena Promachos e della Atena Lemnia, destinate all’acropoli ateniese, grazie alle quali raggiunse il successo.
Una sezione è dedicata ad approfondire l’attività di Fidia ad Atene, e in particolare sull’Acropoli, dove fu incaricato di sovrintendere al cantiere del Partenone. Oltre alla progettazione dei complessi apparati decorativi del tempio, a Fidia si deve la creazione della colossale statua in avorio e oro dell’Atena Parthenos. Realizzata intorno al 438 a.C., la statua era alta più di dodici metri e rivestita da oltre una tonnellata d’oro; collocata nel naòs (cella) del Partenone, che dalla dea prese il nome, rappresentava il culmine dell’intero programma figurativo del complesso.
In mostra, un modellino del Partenone è esposto accanto ad alcuni frammenti del fregio che circondava la cella con la statua di Atena, (oggi al British Museum di Londra) e a tre repliche dello scudo della dea: lo scudo aveva un diametro di cinque metri ed era decorato con un’Amazzonomachia, il combattimento tra i Greci e le Amazzoni, mitiche donne guerriere guidate dalla regina Pentesilea.
L’attività di Fidia fuori da Atene fu segnata da un clamoroso insuccesso al concorso bandito ad Efeso per una statua di Amazzone ferita, nel quale risultò vincitore Policleto, il suo più diretto rivale: di entrambe le opere sono presenti in mostra copie di età imperiale romana. Da Olimpia giunse a Fidia la commissione per una statua colossale di Zeus, di dimensioni analoghe a quella dell’Atena per il Partenone.
Lo scultore si stabilì a Olimpia con i suoi collaboratori, insediandosi in quella che è stata definita dagli archeologi “L’officina di Fidia“, un laboratorio allestito presso il santuario di Zeus, nel quale sono stati rinvenuti reperti dei materiali impiegati e degli attrezzi utilizzati: avorio, ceramica, pasta vitrea e ossidiana, punteruoli, palette, martelli, lamine di piombo. Il Colosso di Zeus fu considerato una delle sette meraviglie del mondo antico, finché venne distrutto da un incendio otto secoli dopo la sua creazione.
L’eredità di Fidia fu destinata a durare ben oltre le successive generazioni di scultori in Grecia e Magna Grecia. La riscoperta della sua figura si deve a Francesco Petrarca: nel 1337, in occasione del suo primo soggiorno romano, Petrarca mise in relazione i nomi di Fidia e Prassitele, iscritti sulle basi delle statue colossali del Quirinale, con quelli dei due maestri dell’arte scultorea greca, celebrati nella Naturalis Historia da Plinio il Vecchio, individuandone correttamente l’identità.
La fama di Fidia tornò a risplendere in epoca neoclassica, quando lo scultore Antonio Canova (1757-1822) venne celebrato come il novello Fidia. Il gruppo marmoreo Antonio Canova sedente nell’atto di abbracciare l’erma fidiaca di Giove, realizzato nel 1820 da Giovanni Ceccarini, rispecchia il clima dell’epoca, che vedeva nell’arte della Grecia classica l’assoluto termine di paragone e il modello insuperabile.
Uno spirito analogo anima la tela di Gaspare Landi, Pericle ammira le opere di Fidia al Partenone (1811-13), nella quale il pittore mette in scena un ipotetico incontro tra Fidia e Pericle. Al centro figura Aspasia – che fu per molti anni la compagna di Pericle e riunì attorno a sé un importante circolo intellettuale frequentato da artisti e filosofi – che sembra svolgere un ruolo di “mediatrice”, illustrando a Pericle le alate parole con cui Fidia presenta uno dei rilievi per il Partenone, l’opera che lo consacrerà a una gloria imperitura.