Le due mostre che celebrano il centenario della nascita di Italo Calvino, Favoloso Calvino. Il mondo come opera d’arte: Carpaccio, de Chirico, Gnoli, Melotti e gli altri (Roma, Scuderie del Quirinale dal 13 ottobre 2023 al 4 febbraio 2024) e Calvino cantafavole (Genova, Loggia degli Abati di Palazzo Ducale e Casa Luzzati, dal 15 ottobre 2023 al 7 aprile 2024), si focalizzano principalmente sull’aspetto favolistico dell’opera calviniana, quella narrazione del mirabile e dello straordinario che immerge il lettore in un universo parallelo e allo stesso tempo contiguo con l’esperienza della quotidianità.

Nel vasto e complesso mondo creato da Calvino, fantasia e scienza appaiono complementari, frutto forse di quel dualismo che ha governato la formazione dello scrittore: “Il sapere dei miei genitori convergeva sul regno vegetale, le sue meraviglie e virtù. Io, attratto da un’altra vegetazione, quella delle frasi scritte, voltai le spalle a quanto essi m’avrebbero potuto insegnare, ma la sapienza dell’umano mi restò ugualmente estranea“. Figlio di un agronomo e di una botanica, trascorre l’infanzia a Sanremo dove i genitori sono impegnati in una stazione sperimentale di floricoltura, e anche se i suoi studi gli aprono gli orizzonti umanistici della Facoltà di Lettere, che frequenterà a Torino, la presenza del mondo vegetale segna e accompagna tanta della sua produzione. Ed è sotto l’egida di questo “stormir di fronde” che si apre il percorso della mostra romana.

Il cinquecentesco Arazzo Millefiori franco-fiammingo che accoglie il visitatore, lo immerge in un mondo fatato e sorprendente, dove l’albero è assunto quale emblema dell’opera calviniana: all’intreccio delle fronde corrispondono gli intrecciarsi di boschi immaginari e di vie nelle città, con strade, sentieri, percorsi mentali e narrativi che si dispiegano, si articolano e si avvolgono su se stessi come in un labirinto. Così, le Città invisibili che danno il titolo a una raccolta di racconti, sono paragonate a sogni, dove “tutto l’immaginabile può essere sognato ma anche il sogno più inatteso è un rebus che nasconde un desiderio oppure il suo rovescio, una paura. Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure“.

Accanto all’alternanza tra racconti realistici e racconti fiabeschi, negli anni Sessanta nasce la narrativa “cosmicomica”, alla quale la mostra romana dedica un’apposita sezione. Nelle Cosmicomiche Calvino gioca sull’incrocio fra lo scorrere lentissimo dei tempi dell’astronomia e dell’evoluzione e una quotidianità, definita “comica” sia in omaggio ai fumetti (comics) sia perché, nonostante il protagonista Qfwfq sia invariabilmente colto di sorpresa dagli eventi che si trova ad affrontare, c’è sempre e comunque un domani all’orizzonte.

Scrive il curatore della mostra romana, Mario Barenghi, a proposito del concetto di spazio come elemento generativo della scrittura calviniana: “Lo spazio come luogo reale, ambiente, paesaggio; lo spazio naturale e lo spazio urbano; ma anche lo spazio evocato dalla mente, gli spazi virtuali dell’immaginazione razionale o dell’invenzione fantastica. E lo spazio in quanto distinto dalla dimensione terrestre: lo spazio siderale, l’universo, scenario delle avventure cosmicomiche e orizzonte di tante altre narrazioni. E ancora, lo spazio rappresentato dalle opere d’arte: lo spazio scoperto o riprodotto, plasmato o reinventato in dipinti, disegni, sculture“.

Ecco quindi che una mostra appare lo strumento più adeguato per cogliere tutta la complessa ricchezza della personalità dello scrittore, individuata qui attraverso molteplici testimonianze, dai documenti ai ritratti, fino alle opere degli artisti ai quali Calvino si è ispirato. Il rapporto con l’arte è una presenza costante nel percorso creativo dello scrittore, dalle scelte per le copertine dei suoi libri, illustrate con opere di maestri quali Klee e Picasso, agli scritti dedicati a singoli artisti – una galleria nella quale figurano tra gli altri i nomi di Giorgio de Chirico, Carlo Levi, Enrico Baj – fino a personalità le cui opere hanno rappresentato un punto di riferimento per la creatività di Calvino, come Fausto Melotti, che a detta dello scrittore stesso ha fornito la fonte d’ispirazione per le “città sottili”.

Il percorso si conclude fuori dalle Scuderie del Quirinale, proiettandosi verso il cielo: lungo via XXIV Maggio nelle ore serali risplende Palomar, l’opera di luce che Giulio Paolini – artista particolarmente caro allo scrittore – ha dedicato nel 1998 a Italo Calvino e al suo doppio, Palomar appunto, personaggio dedito all’osservazione del cielo, che levita negli spazi siderali del cosmo. Per la mostra romana l’installazione è stata rivista da Paolini stesso: astri, pianeti e orbite con la sagoma di un funambolo all’estremità, evocano allo stesso tempo un atlante astronomico, l’osservatorio californiano di Mount Palomar e l’omonimo personaggio calviniano. Eccezionale prestito della Fondazione Torino Musei e del Comune di Torino, Palomar è tradizionalmente esposta a Torino, nel periodo natalizio, lungo la via Po nel corso della rassegna Luci d’artista.

A Genova, la mostra Calvino cantafavole, allestita nei suggestivi spazi della Loggia degli Abati a Palazzo Ducale dal 15 ottobre 2023 al 7 aprile 2024, esplora nelle sei sezioni in cui si articola il percorso, il rapporto dello scrittore con l’universo poetico della fiaba, secondo una geografia sentimentale affascinante e personalissima.

Le immagini create dal sanremese Antonio Rubino per il Corriere dei Piccoli, amate da Calvino nell’infanzia e riprese nella collana per ragazzi di Einaudi, quando lo scrittore vi operava come consulente editoriale, introducono la collaborazione con il genovese Emanuele Luzzati, per molti anni illustratore delle opere calviniane. Affascinante lo spazio dedicato al mondo dei Tarocchi, del quale Calvino avvertiva la magica seduzione e che alla fine degli anni Sessanta gli fornì la fonte d’ispirazione per Il castello dei destini incrociati e per la Taverna dei destini incrociati che seguì alcuni anni dopo.

La sezione Genius loci. Il paesaggio della Liguria offre visioni e scorci della terra d’origine dello scrittore, in un percorso attraverso opere di pittori liguri e di artisti come Francesco Menzio ed Enrico Paulucci, ai quali Calvino era legato da un rapporto di amicizia. Alla presenza di alcuni tra i molti maestri di cui Calvino ha scritto, tutti interpreti della dimensione del fantastico – da Enrico Baj a Domenico Gnoli e Luigi Serafini – si affianca un’analisi dei rapporti della fiaba con la musica, la televisione e il teatro, evidenziando i lavori realizzati in questo campo da Giulio Paolini.

La rassegna genovese si propone come un lavoro filologico e allo stesso tempo come uno spettacolo, con la scenografia elaborata dal Teatro della Tosse che presenta un palcoscenico vegetale, in omaggio al Barone rampante. Il percorso è introdotto da un insieme di alberi dipinti e oggetti della memoria, e si sviluppa seguendo un itinerario ideale che dai boschi delle alture scende verso il mare.

Un viaggio attraverso quella terra stretta fra la montagna e il mare, che agli occhi di Calvino appariva come una metafora del mondo intero: “Se allora mi avessero domandato che forma ha il mondo avrei detto che è in pendenza, con dislivelli irregolari, con sporgenze e rientranze, per cui mi trovo sempre in qualche modo come su un balcone, affacciato a una balaustra, e vedo ciò che il mondo contiene disporsi alla destra e alla sinistra a diverse distanze, su altri balconi o palchi di teatro soprastanti o sottostanti, d’un teatro il cui proscenio s’apre sul vuoto, sulla striscia di mare alta contro il cielo attraversato dai venti e dalle nuvole.” (Italo Calvino, Dall’opaco).