In programma a Milano, al Museo Teatrale alla Scala, da venerdì 17 novembre 2023 a martedì 30 aprile 2024, la mostra dedicata a Maria Callas (New York, 2 dicembre 1923 – Parigi, 16 settembre 1977) curata da Francesco Stocchi con allestimento di Margherita Palli. L’omaggio del Teatro al soprano che ha indissolubilmente legato il proprio nome alla Scala interpretando, tra il 1950 e il 1961, ventitrè titoli d’opera in ventotto spettacoli di cui sei inaugurazioni di stagione.
Sulla scia della mostra “Maria Callas in scena. Gli anni della Scala”, curata da Margherita Palli e allestita da settembre 2017 a gennaio 2018 adesso, nel centesimo anniversario dalla nascita, “Fantasmagoria Callas” si concentra sulla traccia lasciata nell’immaginario degli artisti di oggi e ne rafforza il dialogo esplorando il mito. Ne esce il ritratto di un’artista che fu in grado di creare quella simbiosi unica tra canto e recitazione, l’icona senza tempo che suscitò, già in vita, interesse e ammirazione di artisti, studiosi, cineasti e letterati per quell’estensione vocale impressionante rilevabile dalle incisioni in teatro e in studio di registrazione. Compresa tra il mi sovracuto in alto e il fa# grave sotto il rigo in basso e ascoltabili nella cadenza finale dell’aria “Arrigo, ah parli a un core” da “I Vespri Siciliani” di Giuseppe Verdi – per il grave – e dal finale dell’aria delle campanelle dalla Lakmé di Léo Delibes per il sovracuto. Un’aura che ha trapassato i confini del teatro musicale.
Cinque creativi contemporanei sono stati chiamati a interpretare “La Divina” con altrettanti progetti ad hoc: per la moda Giorgio Armani ha realizzato un abito che mira a dare forma a una voce; il musicista Alvin Curran presenta un’inedita composizione; per l’arte contemporanea Latifa Echakhch (con un intervento site-specific) e Francesco Vezzoli; il regista Mario Martone presenta un cortometraggio interpretato da Sonia Bergamasco sulla fascinazione esercitata dal soprano su Ingeborg Bachmann.
Due foto del soprano allo specchio aprono e chiudono l’allestimento mentre, all’interno, l’immagine del soprano esisterà solo attraverso il filtro dell’interpretazione dei cinque artisti coinvolti in un percorso dove il visitatore è accolto con alcuni degli abiti più famosi indossati sul palco del Piermarini. Custoditi nell’Archivio storico del Teatro alla Scala, spicca quello dipinto a mano da Salvatore Fiume per Medea nel 1953: un primo concreto segno della seduzione che Maria eserciterà sul mondo dell’arte, della letteratura e del cinema. Al riguardo concedeteci un po’ di sano campanilismo per aprire una parentesi storica sul leggendario cavallo di battaglia, portato in trionfo in tutti i teatri fino alla consacrazione cinematografica nel film omonimo diretto nel 1969 da Pier Paolo Pasolini. Non sempre si ricorda come Médée del fiorentino Luigi Cherubini, dopo la felice accoglienza parigina (large, espressive, majesteuse et terrible) del 13 marzo 1797, in Italia non ebbe lo stesso successo e cadde nell’oblio. Bisognerà attendere la politica culturale del Teatro fiorentino di Corso Italia, con la riproposta in occasione dell’apertura della sedicesima edizione del Maggio Musicale. Però, non viene adeguatamente evidenziato come, quel 7 maggio 1953, Maria Meneghini Callas non era ancora La Divina e fu il coraggio di Francesco Siciliani (direttore artistico del Maggio) a investire sulla sua voce inusuale e sul suo talento di interprete. Fu la geniale intuizione di Siciliani, sulle risorse vocali e il temperamento di quella giovane pressoché sconosciuta, a rendere finalmente giustizia al personaggio della maga della Colchide, la figlia del Sole condannata a provare le passioni troppo umane di madre, di sposa tradita e, di fatto, “dare il La” non solo una straordinaria carriera, ma una presenza sconvolgente nella storia dell’opera lirica.