Nel cuore di Prato, due raccolte di dipinti danno luogo ad un felice dialogo fatto di colpi di luce e sapienti tocchi di pennello. Dopo Caravaggio. Il Seicento napoletano nelle Collezioni di Palazzo Pretorio e della Fondazione de Vito è la mostra che fino al 13 aprile va in scena nelle sale al piano terra della collezione civica pratese. Si tratta di un nucleo di opere non numeroso ma di elevata qualità pittorica che racconta una bellezza cruda e sofisticata, mai scontata, che rivela l’anima degli artisti che a Napoli seppero reinterpretare la lezione di Caravaggio.

Fin dal titolo, la mostra dichiara l’impatto rivoluzionario della pittura del Merisi nella città partenopea. Le opere qui realizzate e le relazioni che egli qui intrattenne con artisti e committenti permettono infatti di distinguere un “prima” e un “dopo” il suo avvento. Animo passionale e turbolento, l’indole irrequieta dell’artista si riflette tanto sulla sua vita quanto sulle sue opere. Due sono i soggiorni dell’artista lombardo a Napoli, il primo dall’ottobre 1606 al giugno 1607, in fuga da Roma per scampare la pena capitale a seguito di un omicidio da lui commesso durante una rissa, e dall’ottobre 1609 al luglio 1610, in fuga da Malta dopo una breve sosta in Sicilia.

Durante i suoi soggiorni a Napoli, Caravaggio diede vita a grandi capolavori, come le Sette opere della Misericordia per il Pio Monte, la Flagellazione per la Chiesa di San Domenico (oggi a Capodimonte), il San Giovanni Battista della Galleria Borghese, ed altre opere che impressionarono indelebilmente gli artisti attivi nella città partenopea.
Le sue opere furono viste, meditate, copiate e rielaborate dagli artisti napoletani, a partire da Battistello Caracciolo, e da altri caravaggeschi. Prendendo le mosse dal naturalismo luministico del Merisi, in questi artisti la luce svela la carne e racconta i legami emotivi tra i personaggi. Fondamentale sarà anche il successivo apporto di Jusepe de Ribera con la sua vena realistica e l’inedita espressività. Le tele giocate su toni bruni su fondo scuro, gli intensi volti senili solcati da rughe cui si contrappone la viva incisività dello sguardo, che allude alla forza interiore dei personaggi, resa con una pennellata libera e materica, diedero vita a Napoli ad un linguaggio di impronta naturalistica dai caratteri profondi e duraturi, più che in qualsiasi altro centro italiano. Una pittura di figura, di storia e storia sacra che ha tuttora grande successo tra gli amanti dell’arte antica, sul mercato antiquario e sul collezionismo sia privato che museale.

Organizzata dal Comune di Prato in collaborazione con la Fondazione De Vito, sotto la curatela di Nadia Bastogi, direttrice scientifica della Fondazione De Vito, e Rita Iacopino, direttrice scientifica del Museo di Palazzo Pretorio, l’esposizione prende in esame il periodo del “dopo Caravaggio”, dagli esordi del naturalismo napoletano di Caracciolo, presente in mostra con due straordinari dipinti (Noli me tangere” della collezione pratese, a cui fa eco il San Giovannino della Fondazione De Vito), trova un impulso particolare dopo il soggiorno a Napoli, dal 1616, di Ribera, per poi essere declinato in forme aggiornate sul classicismo romano bolognese di Guido Reni, meno cruento e basato su una tavolozza più ricca e schiarita, e sulle correnti pittoriche barocche e neovenete di artisti come Massimo Stanzione, Bernardo Cavallino e Mattia Preti, che con la sua maestria pittorica diede vita ad un’elegante teatralità del racconto, dove la tavolozza si schiarisce e i toni si fanno più dolci.

La forza dei gesti dei personaggi, i tagli ravvicinati obliqui, gli scorci trasversali rovesciano lo spazio verso lo spettatore ed alimentano il pathos del momento rappresentato, uno slancio pieno di enfasi che punta a coinvolgere lo spettatore, come nel caso della splendida Deposizione dalla croce in Collezione De Vito. Con Luca Giordano, Mattia Preti diviene protagonista della scena partenopea verso la metà del secolo (è documentato a Napoli dal 1653 al 1660) e insieme conducono il naturalismo caravaggesco verso un linguaggio pienamente barocco di grande espressività pittorica, e che porranno le basi per la pittura di inizio Settecento di Nicola Malinconico, che con l’opera Il buon Samaritano di Palazzo Pretorio va a chiudere il percorso di visita.

Tuttavia non si tratta soltanto di un’esposizione sulla pittura napoletana del Seicento. Dopo Caravaggio parla anche di mecenatismo e di passione per l’arte e per il collezionismo. Intento della mostra è infatti, come anticipato, far dialogare una selezione di opere appartenenti a due collezioni fondamentali in Toscana per l’arte napoletana, quella pubblica del Museo di Palazzo Pretorio di Prato, che conserva uno dei nuclei più importanti in Toscana di dipinti dei Seicento napoletano, e quella della Fondazione Giuseppe e Margaret De Vito per la Storia dell’Arte Moderna a Napoli, una delle più importanti raccolte private della pittura in esame.

Quest’ultima è nata a partire dagli anni Settanta del Novecento per volere dell’ingegnere Giuseppe De Vito, collezionista e studioso del periodo d’oro della pittura partenopea appassionato soprattutto del filone del naturalismo, nonché fondatore del periodico Ricerche sul ‘600 napoletano. Conservata in origine nella sua residenza milanese, la sua raccolta è oggi ospitata nella villa di Olmo a Vaglia, nei pressi di Firenze, sede della Fondazione da lui istituita nel 2011 per promuovere gli studi sull’arte moderna a Napoli.

Da questo dialogo sono emerse affinità e rispondenze tra artisti, soggetti e resa stilistica, che le sale di Palazzo Pretorio raccontano con un ordine logico-cronologico articolato in quattro sezioni, individuando di volta in volta le opere appartenenti alle due collezioni eseguite dallo stesso artista o afferenti la stessa tematica.
L’esposizione offre anche l’occasione di vedere opere finora poco note, in quanto molti dei dipinti della Fondazione De Vito sono inediti e vengono presentati oggi per la prima volta al grande pubblico, magari dopo un attento restauro, come nel caso del San Giovannino di Battistello Caracciolo e del Vecchio in meditazione con cartiglio del Maestro dell’Annuncio ai Pastori.

Il contributo dell’Opificio delle Pietre dure di Firenze che si è occupato dei restauri ha anche permesso di valutare l’intervento su un’ulteriore opera presente in mostra non fisicamente ma con un video. Si tratta di Giacobbe con il gregge di Labano, replica dell’omonimo dipinto eseguito da Ribera, era infatti considerata una tela sulla quale non era più possibile intervenire, e dai depositi di Palazzo Pretorio tornerà fruibile nelle sale del museo pratese.

Didascalie immagini

  • Jusepe de Ribera, Sant’Antonio Abate, 1638 (datato)
    olio su tela cm. 71.5 x 65.5
    © Fondazione De Vito
  • Giovanni Battista Caracciolo detto Battistello, San Giovannino, 1627-1630 ca.
    olio su tela cm. 62,5 x 50
    © Fondazione De Vito
  • Giovanni Battista Caracciolo detto Battistello, Noli me tangere, 1618,
    olio su tela, cm 123×142
    © Museo di Palazzo Pretorio
  • Mattia Preti, Deposizione di Cristo dalla croce
    ottavo decennio del XVII secolo
    olio su tela, cm. 179 x 128
    © Fondazione De Vito
  • Nicola Malinconico, Il buon Samaritano, 1703-1706 ca.
    olio su tela, cm 147×199
    © Museo di Palazzo Pretorio
  • Andrea Vaccaro, Sant’Agata, 1636-1640 ca.
    olio su tela cm. 89,5 x 73
    © Fondazione De Vito
  • Antonio De Bellis, Cristo e la Samaritana, 1645 ca.
    olio su tela, cm. 224 x 170
    © Fondazione De Vito
  • Maestro dell’annuncio ai pastori (Juan Dò?), Uomo in meditazione davanti allo specchio, 1645 ca.
    olio su tela cm. 99 x 75
    © Fondazione De Vito

In copertina:
Mattia Preti, Deposizione di Cristo dalla croce (particolare),
ottavo decennio del XVII secolo,
olio su tela, cm. 179 x 128
© Fondazione De Vito

Dove e quando

Evento: Dopo Caravaggio. Il Seicento Napoletano nelle Collezioni di Palazzo Pretorio e della Fondazione De Vito
  • Fino al: – 13 April, 2020
  • Indirizzo: Palazzo Pretorio – Piazza del Comune, Prato
  • Sito web