“È su questa terra che gli uomini esercitano il potere e bramano ricchezze,
gettando l’umanità nel caos e scatenando guerre fratricide”
(dalla mappa incisa intorno al 1580 dal cartografo Epichtonius Cosmopolites,
raffigurante il cappuccio di un giullare con il mondo al posto del volto)
Christian Balzano, ispirandosi proprio all’eccentrica immagine di vanitas e follia umana, ha ideato il progetto espositivo “Fuori dal mondo” per sollecitare una riflessione sulla condizione della Terra ponendo un fondamentale interrogativo: “Può l’identità storica e culturale di un luogo, di una comunità, essere completamente sconvolta e cambiata dalla convivenza con altre persone, con identità diverse?”
Intorno a questa domanda si articola la mostra promossa da Città Metropolitana di Firenze con il patrocinio di Regione Toscana, organizzata da MUS.E insieme a Casa d’Arte San Lorenzo e curata da Marco Tonelli, in corso a Palazzo Medici Riccardi fino al 12 marzo.

Suddivisa in sezioni tematiche, profondamente legate l’una all’altra: il pluralismo della religione, la natura contaminata e contaminante, i continenti, i paesi e le bandiere, sono infatti i temi intorno a cui ruotano le opere esposte, tutte accomunate dall’uso del tessuto, materiale che simboleggia con i suoi intrecci la pelle stessa e la carne delle nazioni in tutta la loro complessità geopolitica.

Sviluppando temi ricorrenti nell’arte di Balzano, che indaga e reinterpreta le grandi questioni della globalizzazione, dell’integrazione sociale o dei cambiamenti climatici, la mostra presenta opere recenti e lavori inediti, elementi trascinati e trasformati dalla corrente tumultuosa della contemporaneità. Opere fortemente connesse tra loro, come i quattro grandi timbri in marmo con i simboli delle religioni più diffuse a cui si aggiunge il timbro “personale” dell’artista che ha come effigie un toro.

Stoffe su cui campeggiano carte geografiche di paesi in guerra – trasformate dall’acqua del mare – e bandiere di paesi i cui confini sono separati da muri o linee invalicabili: tutti elementi che vanno a costituire un atlante critico del globo in una sorta di unico, grande e sfaccettato “tessuto” sociale e politico. La multiformità delle tecniche utilizzate denota la pluralità delle culture e delle identità, ma anche la necessità della loro coesistenza. Inoltre, per non farci dimenticare che viviamo tutti sullo stesso pianeta, un’installazione ambientale dal titolo Io siamo tessuto, costituita da una bambina in bronzo a grandezza naturale che tira – come un pescatore fa con la sua rete – una grande sfera che rappresenta il mondo, fatta di tessuti di diversa natura.

In confernza stampa, l’Artista ha dichiarato: “Gli enormi contrasti ideologici ed i veloci cambiamenti in atto (geo-politici, religiosi, culturali e di conseguenza sociali) mettono in evidenza la necessità di riflessioni e cambiamenti. Oggi la natura ha evidenziato questa urgente necessità. In questo progetto il protagonista sarà il tessuto che, come un individuo, un’identità ben specifica, assumerà nuove forme e nuovi significati attraverso lo scontro o l’incontro con nuovi elementi, sostanze che, come un virus, lo alterano, modificano e portano agli estremi. Lo spazio ed il tempo impiegati per ogni singolo lavoro, condizioneranno il risultato finale rendendolo diverso l’uno dall’altro. Ma la diversità, vista come ricchezza, può generare solo nuove forze di pensiero libero”.

Valentina Zucchi, curatrice del museo di Palazzo Medici Riccardi, aggiunge: “Ci sono qui i grandi temi del nostro vivere: il nostro essere-nel-mondo di heidegerriana memoria, il nostro abitare lo spazio e il tempo progettandoci continuamente e prendendoci cura di noi stessi, degli altri e del mondo. Solo così, ponendoci come ideale tessuto connettivo di un pianeta che ci ostiniamo a governare piuttosto che ascoltare, potremo offrire il nostro contributo a una storia più grande di noi e dell’umanità tutta, nella quale esprimere con autenticità la nostra dimensione lasciando aperti i nostri interrogativi, accogliendo le alterità di individui, specie, ere e riconoscendoci come parte osmotica di un tutto che è insieme dentro di noi e fuori da noi. Le opere in mostra suggeriscono piste, sguardi, interpretazioni; l’artista abita poeticamente il mondo e ci suggerisce, con il fascino proprio del linguaggio artistico, nuovi modi per viverci“.

Marco Tonelli, conclude: “Iconiche ma anche frastagliate, realizzate con processi chimici e naturali allo stesso tempo (tecniche documentate con un video in mostra), ma anche progettate secondo attente ricostruzioni cartografiche, le opere in mostra ribadiscono, secondo il pensiero di Christian Balzano, che seppure il presente che stiamo vivendo non dia alcuna rassicurazione né abbia decretato alcuna fine della storia, pur con tutte le sue incertezze e atrocità, è l’unica forza attiva a cui possiamo appigliarci per scongiurare il naufragio e non perdere la speranza nel futuro di un nuovo mondo, senza più confini e quindi tutto da scoprire. In ciò forse la pratica dell’arte e la figura stessa dell’artista, di ogni artista probabilmente (che potremmo definire metaforicamente un matto, un giullare, un trickster, un eccentrico cartografo delle rotte del presente o un sognatore di un nuovo mondo) si adattano perfettamente al timone di questa difficile e spesso vacua navigazione. Perché in fondo, come piace pensare a Balzano, re e uomini fanno progetti dei quali Dio ride“.