Carla Accardi è protagonista di una mostra monografica presso il Museo del Novecento, in consonanza con un progetto sulla creatività al femminile che ha già visto avvincendarsi presso la nota istituzione milanese opere di artiste come Giosetta Fioroni, Adriana Bisi Fabbri, Renata Boero e di altri personaggi importanti nel sistema dell’arte italiano e straniero, se pensiamo ad esempio alla mostra dedicata a Margherita Sarfatti. Il progetto fa parte del palinsesto “I talenti delle donne” e fino ad aprile propone iniziative multidisciplinari (dall’ambito delle arti visive alle varie forme di spettacolo dal vivo, dalle lettere ai media, dalla moda alle scienze) dedicate alle donne protagoniste nelle arti e nel pensiero creativo.
Carla Accardi è una presenza importante nelle collezioni del museo milanese. L’artista siciliana, ricorda la curatrice Maria Grazia Messina, per sessant’anni, senza interruzione, ha lavorato incessantemente a una pittura difficile, astratta, affidata soltanto a puri contrasti cromatici e a giochi di forme, una pittura mai autoreferenziale o solo decorativa ma con un forte mordente di presa sul pubblico perché contestualizzata nel presente. Siamo in presenza infatti di una personalità pragmatica, che vive le contraddizioni del suo tempo e le porta nella pittura; pittura che vuole stabilire un rapporto forte, empatico con l’osservatore e porsi su un piano di relazionalità.

Ecco dunque al Museo del Novecento la prima mostra monografica dedicata da un’istituzione pubblica a Carla Accardi, a sei anni dalla sua scomparsa. Il percorso dell’artista trapanese è presentato in tutte le sue sfaccettature e secondo una lettura nuova, che vuole oltrepassare l’aspetto tematico legato soprattutto al repertorio di pittura segnico-cromatica per indagare, altresì, il contesto storico, sociale, politico in cui l’artista ha operato. “Sono preoccupata dal rapporto fra il significato del mio lavoro e il mio tempo”, scrive infatti Carla Accardi nel 1980, volgendo uno sguardo indietro verso la sua produzione e simultaneamente interrogandosi su come poi essa si sarebbe evoluta.
Non solo frequentazioni e spunti ideativi appaiono in questo senso interessanti – afferma la curatrice Anna Maria Montaldo – ma anche l’individuazione e l’analisi dei contesti espositivi di maggior rilievo nei quali Carla Accardi ha mostrato le proprie opere. La scelta dei lavori rende anche conto di un approfondimento circa le mostre fondamentali nel percorso dell’artista, dalle personali romane degli anni cinquanta, a quelle parigine, alla Biennale del 1964 fino alle prime retrospettive, a partire da quella di Ravenna del 1983”.

La rilettura espositiva si snoda attraverso settanta opere circa, insieme a fotografie e documenti dell’Archivio Accardi Sanfilippo, come foto d’epoca del gruppo Forma, dell’artista con Giulio Paolini, Enrico Castellani, Michelangelo Pistoletto, etc. Del panorama in cui si muove Carla Accardi è rivelata una dimensione artistica vivace, che pullula di confronti linguistici anche con artisti più giovani e restituisce il volto di una donna che sfida, milita e sperimenta, al punto di demolire le prerogative maschili nella pittura e divenire la prima astrattista d’Italia riconosciuta a livello internazionale.
L’iter espositivo si snoda attraverso dipinti, plastiche (sicofoil) e installazioni individuate in prestigiose rassegne, mostre personali ed esposizioni collettive italiane e internazionali cui l’artista ha preso parte; le opere sono organizzate in sale “cronologiche” e “tematiche” e la retrospettiva ha inizio dalla sala “Un esordio corale”, in cui opere di Piero Dorazio, Achille Perilli, Pietro Consagra, Giulio Turcato e Antonio Sanfilippo si fanno portavoce della scelta astrattista del gruppo Forma, il cui manifesto fu firmato nel 1947 anche da Carla Accardi. L’artista siciliana, dopo un breve periodo di studio nelle Accademie di Palermo e Firenze, era giunta a Roma nel 1946, aveva sposato il pittore Antonio Sanfilippo e condiviso le idee di Forma, che propugnava il linguaggio astratto nell’arte nonostante l’opposizione dei vertici del Partito Comunista, in cui il gruppo militava. Gli artisti di Forma, muovendosi dall’arte di Balla, Kandinskij e Arp, propugnavano la novità, emblematica di un Paese che voleva ricostruirsi dopo la guerra. Carla, che era l’unica donna, partecipò alle mostre del gruppo ed ebbe la sua prima personale nella Galleria romana Age d’or, nel 1950. Le sue opere erano animate da un linguaggio astratto, fantastico, biomorfico.

La seconda sala, “Negativi”, approfondisce la svolta del 1953, quando Carla, mettendo a frutto sollecitazioni segniche della pittura informale conosciuta a Parigi e alle Biennali di Venezia, elaborò il suo personale linguaggio di segni bianchi su fondo nero e i Negativi, di cui ricorrono titoli come Arciere o Assedio; essi esprimevano per l’artista contrasti e conflitti della vita e uno di essi era rappresentato dal brutale intervento dell’Unione sovietica in Ungheria nel 1956, che la indusse a non rinnovare la tessera del Partito Comunista e a puntare solo sulla sua opera per incidere concretamente sulla realtà contemporanea.
Cara Accardi fu notata dal critico francese Michel Tapié nel corso di una personale all’Asterisco a Roma nel 1954 e inserita da questi nel gruppo internazionale dell’informe/o art autre; di tale sodalizio racconta la terza sala, “Strutture”. Consonante al pensiero di Tapié, propenso a ricercare collegamenti tra l’arte e le recenti acquisizioni del pensiero scientifico, è la nascita delle Integrazioni e dei Settori, in cui Carla Accardi da un lato esplora la nuova artificialità urbana del boom economico guardando alla cartellonistica pubblicitaria o ai fotogrammi cinematografici, dall’altro volge lo sguardo alla scienza, visualizzando le interferenze tra corpi cosmici e microrganismi.

Integrazioni e Settori sono le anticipazioni di un ritorno al colore, vero protagonista delle opere segniche degli anni sessanta. Nel settore espositivo “Colori”, infatti, notiamo ardite sperimentazioni cromatiche che vogliono rivitalizzare l’astrazione, anche se al contempo i segni-colore si scarnificano, riducendosi a ideogrammi, virgolature, che fanno vibrare l’opera rendendola quasi ipnotica.
Grande spazio è riservato in mostra, nel settore “Plastiche e ambienti”, alle ricerche di Carla Accardi su nuovi materiali, plastiche e colori fluorescenti. L’artista infatti stende vernici fluorescenti su fogli di sicofoil per realizzare dipinti “di luce”, con esiti concettuali e sconfinamenti spaziali, in vere e proprie installazioni e ambienti. Pensiamo alla Tenda assemblata con fogli di sicofoil ed esposta a Torino nel 1966; si tratta di opere effimere e precarie, ma fortemente archetipiche, emblema della precarietà della società consumistica.
Nell’area “Pittura e autocoscienza” leggiamo l’intento di lavorare con le risorse minimali del dipingere, restringendo i colori ai soli grigi, bruni, neri. La direzione è più analitica e introspettiva, quasi predicendo la profonda crisi esistenziale che porterà l’artista a distaccarsi dalla militanza femminista per concentrarsi solo sull’arte.

Con “Trasparenti e telai” scopriamo il vertice delle pratiche concettuali di Carla Accardi, che vuole spogliare l’opera dal colore riducendola a mero intreccio su più piani delle bande di sicofoil. Si accentua l’effetto-finestra dell’opera, una trasparenza che conferisce valore estetico-strutturale al retrostante telaio. Dal 1978 l’artista inizia a recuperare la pittura partendo proprio dai telai, organizzati in segmenti dipinti, montati insieme a parete, a terra, o disseminati in composizioni sventagliate nello spazio.
Si giunge così alle ricerche degli anni ottanta in “Nostalgia della pittura”, titolo che caratterizza appunto un percorso creativo di intense cromie e grandi formati peculiari della Transavanguardia, insieme agli spunti meridionali e all’esotismo orientale, secondo il binomio “limpidezza e violenza”: pochi ma abbaglianti colori e rappresentazioni minimaliste.
Il settore “Geometrie analitiche” mostra che a partire dagli anni novanta il riferimento storico a Matisse si unisce a intenzioni analitiche, che traducono i segni in figure geometriche, mentre nell’ultima sala della retrospettiva, “Pieno giorno (veduta)”, è esposto l’omonimo monumentale trittico, presentato assieme a sette grandi dittici nella sala personale di Accardi alla Biennale di Venezia del 1988. Ivi, l’eccezione: l’opera è ispirata da un aggancio al visibile, da una veduta dell’Isola Tiberina a Roma, ordinata in un gioco di griglie formali e cromatiche che si sovrappongono.
Concludendo con le parole di Anna Maria Montaldo, “Carla Accardi. Contesti è quindi un viaggio cronologicamente connotato, ma che si muove continuamente nello spazio, ricostruendo la figura di un’artista e di una donna complessa e militante”.

Dettagli

Didascalie immagini

  1. Carla Accardi, Verde blu, 1949, olio su tela, 60 x 80 cm, collezione Sm-mC
    © Carla Accardi, by SIAE 2020
  2. Achille Perilli, Paesaggio astratto, 1947, 51 x 64,5 cm, collezione privata, Roma
    © Carla Accardi, by SIAE 2020
  3. Carla Accardi, Senza Titolo (Composizione), 1947, olio su tela, 60 x 45 cm, CSAC, Università di Parma
    © Carla Accardi, by SIAE 2020
  4. Carla Accardi e la Tenda, 1965-66, vernice su sicofoil e plexiglass, 215 x 220 x 140 cm, Galleria Notizie, Torino 1966, Archivio Accardi Sanfilippo, Roma
    © Carla Accardi, by SIAE 2020
  5. Carla Accardi, Grande Integrazione, 1957, caseina su tela, 133 x 263 cm, Museo del Novecento, Milano
    © Carla Accardi, by SIAE 2020

IN COPERTINA
Carla Accardi, Verde blu, 1949, olio su tela, 60 x 80 cm, collezione Sm-mC
© Carla Accardi, by SIAE 2020
[particolare]

Luogo:
Museo del Novecento,
Piazza Duomo, 8
Milano

Orari:
lunedì chiuso;
martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica
9:30-19:30;
giovedì 9:30-22:30.

Sito web: https://www.museodelnovecento.org/it/mostra/carla-accardi

Dove e quando

Evento: Carla Accardi - Contesti

Indirizzo:
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Fino al: 27 June, 2021