– di Daniela Colzi –

Aperto da fine ottobre al Wits Art Museum di Johannesburg il duplice progetto espositivo intitolato Arte Povera and South African Art: In Conversation, promosso dal Consolato Generale d’Italia proseguirà fino al 9 dicembre 2023, presentando due sezioni tra loro in dialogo: Arte Povera 1967-1971, a curata da Ilaria Bernardi, e Innovations in South African Art, 1980s-2020s, a cura di Thembinkosi Goniwe.

La mostra intende celebrare i cinquantacinque anni da Arte Povera – Im Spazio del 1967 a Genova, presso la Galleria La Bertesca, in occasione della quale Germano Celant coniò la definizione di “Arte povera” per indicare il processo linguistico di alcuni artisti italiani, che attraverso le loro opere tentavano di eliminare il superfluo e impoverire i segni per ridurli ai loro stessi archetipi.
Pertanto, da quella prima esposizione e definizione, da un lato viene proposto un primo approfondimento sull’Arte povera nel Continente africano; dall’altro, una prima riflessione sulla sua influenza oltre i confini nazionali, nello specifico in Sudafrica.

Entrando nello specifico, “Arte Povera 1967-1971” è la prima mostra dell’Arte povera sul Continente africano e assume valenza storica in quanto, prima mostra sull’Arte povera in assoluto dopo la scomparsa del suo teorizzatore avvenuta nel 2020. Accoglie le opere dei tredici artisti che sono considerati gli esponenti canonici dell’Arte povera: Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Pier Paolo Calzolari, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Mario Merz, Marisa Merz, Giulio Paolini, Pino Pascali, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Emilio Prini, Gilberto Zorio.
La curatrice Ilaria Bernardi, anziché proporre una retrospettiva generale sulle ricerche di questi artisti, ha preferito adottare un concept più originale, meno scontato, capace di restituire la vivacità e il dialogo esistenti tra artisti e opere nella seconda metà degli anni Sessanta. Al Wits Art Museum sono così esposte opere datate perlopiù tra il 1967 e il 1971, anno in cui Germano Celant postula che l’etichetta Arte povera deve dissolversi affinché ogni artista possa assumere la sua singolarità.
La mostra approfondisce la prima fase di quella ricerca definibile “povera”, ma al contempo si propone di coglierne i comuni denominatori che hanno portato Celant a definirla tale. Da qui l’aggiunta di alcune opere realizzate negli anni immediatamente precedenti al 1967. La mostra include un ampio apparato fotografico e documentario al fine di fornire un approfondimento cronologico, storico e critico dell’Arte povera e delle ricerche dei suoi artisti.

La mostra “Innovations in South African Art, 1980s-2020s”, curata da Thembinkosi Goniwe, sottolinea invece la traiettoria di sperimentazione, scoperta e improvvisazione nel lavoro di un gruppo selezionato di artisti sudafricani. Il loro lavoro è radicato a livello locale, ma orientato a livello internazionale nelle sue esplorazioni visive parallele, sovrapposte e intersecate con movimenti artistici come l’Arte povera. Gli artisti in mostra sono: Jane Alexander, Willem Boshoff, Bongiwe Dhlomo-Mautloa, Kay Hassan, David Thubu Koloane, Moshekwa Langa, Bill Mandindi, Senzeni Marasela, Kagiso Pat Mautloa, Thokozani Mthiyane, Lucas Seage, Usha Seejarim, Kemang Wa Lehulere.

In linea con le politiche e gli obiettivi del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, in continuità con l’azione portata avanti dall’Ambasciata d’Italia a Pretoria e dal Consolato Generale d’Italia a Johannesburg in questi anni, il progetto “Arte Povera and South African Art: In Conversation” ha l’obiettivo di sviluppare ulteriormente i ponti tra Italia e Sudafrica, stimolando un dialogo interculturale e uno scambio di esperienze tra due regioni geo-culturali. Mediante l’utilizzo di un linguaggio universale quale è l’Arte, si delinea un dialogo implicito tra l’arte italiana e quella sudafricana per dimostrare come l’interscambio culturale sia necessario per un proficuo sviluppo artistico transnazionale.
Al progetto è accompagnato un libro/catalogo illustrato, edito da Silvana Editoriale, bilingue (italiano/inglese) e “doppio”, da sfogliare in due versi. Il primo è dedicato alla mostra sull’Arte povera con un ampio saggio della curatrice Ilaria Bernardi, approfondimenti sulle opere, sui tredici artisti e una cronologia delle più importanti mostre dell’Arte povera dal 1967 a oggi. Il secondo verso, invece, è dedicato all’esposizione curata da Thembinkosi Goniwe e include un suo saggio, nonché approfondimenti sulle opere e sugli artisti sudafricani esposti.

Dettagli

Wits Art Museum

(brevi cenni storici)

Il Wits Art Museum (WAM), connesso all’University of the Witwatersrand (“Wits University”) di Johannesburg è dedicato all’arte africana e la sua raccolta di opere – che comprende oltre tredicimila pezzi – è nata da una piccola collezione didattica dipartimentale avviata all’inizio degli anni Cinquanta da due professori, Heather Martienssen e John Fassler, entrambi del Dipartimento di Architettura della Wits.
Alla fine degli anni Sessanta, Norman Herber donò ingenti fondi per l’acquisizione di opere, consentendo alle collezioni storiche e contemporanee di crescere in modo sostanziale.
Nel 1978 le prime opere d’arte classica africana furono donate dall’italo-sudafricano Vittorio Meneghelli, l’anno successivo fu avviata la Standard Bank African Art Collection e John Schlesinger donò una raccolta di oltre cento opere.
Ulteriori importanti aggiunte includono la Collezione del Wits Museum of Ethnology (2001), l’Archivio Neil Goedhals (1993), l’Archivio delle stampe di Robert Hodgins (2007), la Collezione Sekoto (2010), gli archivi di Walter Battiss (2017) e Judith Mason (2017).
Attualmente il museo include anche il Jack Ginsberg Centre for Book Arts che ospita oltre tremila libri d’artista, di cui quattrocento sudafricani, nonché un archivio unico di tremila oggetti sulla storia e lo sviluppo di genere dell’arte del libro, oltre a una vasta biblioteca di monografie sull’arte sudafricana.
L’edificio in cui si trova il Wits Art Museum è stato progettato dagli architetti Nina Cohen, Fiona Garson e William Martinson, che sono stati premiati con il Visi Magazine Architecture Award 2012 proprio per il loro lavoro per il WAM.

Didascalie immagini

  1. Assemblea durante Arte povera più azioni povere,
    Antichi Arsenali della Repubblica di Amalfi, Amalfi, 1968.
    foto © Claudio Abate. Courtesy Archivio Claudio Abate
  2. Germano Celant a Berna, alla Kunsthalle, in occasione di Live in your head. When attitudes become form, 1969, Foto (dettaglio) © Claudio Abate. Courtesy Archivio Claudio Abate
  3. Michelangelo Pistoletto, Orchestra di stracci – Quartetto, 1968, Foto Mart Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto – Archivio Fotografico e Mediateca
  4. Giulio Paolini, Averroè, 1967, Foto Paolo Pellion. Courtesy Fondazione Giulio e Anna Paolini, Torino

IN COPERTINA

Assemblea durante Arte povera più azioni povere,
Antichi Arsenali della Repubblica di Amalfi, Amalfi, 1968.
foto © Claudio Abate. Courtesy Archivio Claudio Abate
[particolare]

Dove e quando

Evento:

Indirizzo: Wits Art Museum - Cnr Jorissen and, Bertha St. Johannesburg
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