La moda non è soltanto lo specchio fedele di un’epoca,
bensì anche una fra le espressioni plastiche più dirette della cultura umana
(Piet Mondrian)

La recente scomparsa di Mary Quant, icona della swinging London anni Sessanta – passata alla storia del Costume come colei che inventò la minigonna – ha proposto una riflessione su quel periodo, che forse più di ogni altro ha visto svilupparsi un’intensa sinergia tra arte e moda: due espressioni di creatività che si sono intrecciate, sovrapposte e stimolate reciprocamente nel nome del Pop, che all’epoca imperversava, coloratissimo e sfacciato, in tutte le manifestazioni della creatività, dalle arti figurative alla musica, dal cinema al design.

Del rapporto fra arte e moda e di come si è configurato e modificato nel corso dei due secoli e mezzo trascorsi tra la Rivoluzione Francese e gli anni Sessanta del Novecento, ci parla la mostra L’arte della moda. L’età dei sogni e delle rivoluzioni 1789-1968, in corso negli spazi del Museo Civico San Domenico a Forlì fino al 2 luglio 2023. Il percorso espositivo, fatto di accostamenti e confronti, comprende oltre trecento pezzi tra quadri, sculture, accessori, abiti d’epoca e contemporanei e pone al centro il multiforme ruolo dell’abito: segno di potere, di ricchezza, di riconoscimento, ma anche di protesta, rappresentando sempre e comunque la caratteristica identificativa di uno stato sociale o di una generazione che si poneva in contrapposizione alle precedenti.

Moda e arte contribuiscono a creare una narrazione le cui tappe salienti scandiscono momenti cruciali nella storia d’Europa, cogliendo e mettendo in luce il sentimento del tempo. Così, a pochi anni dalla Rivoluzione francese, che portò con sé il cupo periodo del Terrore – quando sotto la lama della ghigliottina caddero non solo le teste, ma anche gli ornamenti e i riti propri dell’Ancien Régime – nasceva come reazione il fenomeno degli Incroyables e delle Merveilleuses che facevano del lusso estremo e della stravaganza più sfrenata la propria ragion d’essere.

Gli abiti femminili imitavano le tuniche delle dee come venivano rappresentate nella statuaria greca e romana, utilizzando stoffe leggere e trasparenti che ondeggiavano liberamente lasciando intravedere calzari i cui lacci venivano intrecciati alle caviglie. Una moda che accompagnò gli anni dell’impero napoleonico, durante i quali il Neoclassicismo trionfava nelle arti figurative, mentre nell’arredamento furoreggiava quello che fu definito “Stile Impero”. Una moda destinata ad essere soppiantata al tempo della Restaurazione dal ritorno di busti soffocanti e inverosimili vitini di vespa, come nel Ritratto della Contessa Emilia Sommariva Seillière che Charles Boisfremont de Boulanger dipinse nel 1833.

Nella seconda metà dell’Ottocento, la vita della borghesia imprenditoriale e mercantile – la classe trainante nella società del tempo – diviene protagonista degli innumerevoli dipinti che ne celebrano i momenti sociali e di svago, dai balli alle feste campestri, dalle corse di cavalli alle villeggiature estive. La moda riecheggia e si fa interprete delle idee che circolano fra i movimenti artistici e le correnti letterarie di fine secolo, dal Simbolismo al Decadentismo, la cui influenza si avverte nelle creazioni di sarti celebri come il parigino Paul Poiret, considerato il primo “stilista” nel senso attuale del termine.

Agli inizi del Novecento, gli abiti ideati da Mariano Fortuny, con i suoi straordinari tessuti, incontrano un successo strepitoso nel “bel mondo” parigino, tanto che Marcel Proust veste con una delle creazioni di Fortuny Albertine, la protagonista della Recherche, il cui abito è “adornato di motivi arabi, come Venezia … come le colonne i cui uccelli orientali, simboleggianti alternativamente la morte e la vita, ricorrevano nel luccichio della stoffa“, mentre Gabriele D’Annunzio avvolge una delle sue fascinose eroine con la sciarpa Knossos, fra le creazioni più celebri di Fortuny.

Anche le avanguardie di inizio Novecento si cimentano nell’invenzione di abiti fuori dalle convenzioni dell’epoca, soprattutto il Futurismo, che programmaticamente applica il proprio linguaggio espressivo a tutti i campi della creatività, dall’arredamento all’abbigliamento, come testimonia il Gilet – Panciotto di Marinetti ideato da Fortunato Depero ed esposto in mostra. Nel corso del secolo il dialogo fra arte e moda si fa più intenso e articolato, con l’abito chiamato spesso a svolgere un ruolo di comprimario nei confronti del soggetto che lo indossa: così in Autunno, un ritratto femminile che Giorgio de Chirico dipinse nel 1935, l’abito severo contribuisce all’espressione del sentimento di malinconia che segna il declinare dell’estate verso una stagione più meditativa.

Di grande rilievo fu, nei primi decenni del XX secolo, il ruolo delle collaborazioni nella creazione di scenografie e costumi per spettacoli teatrali – in particolare i Balletti Russi di Djagilev – da parte di artisti quali Pablo Picasso, Georges Braque, Henri Matisse e Giorgio de Chirico. Analogamente, Jean Cocteau affidò a Coco Chanel la realizzazione dei costumi per il balletto Le Train Bleu, per il quale aveva scritto il soggetto; la sintonia fra artisti e stilisti trova uno dei momenti più significativi nel sodalizio fra Salvador Dalì ed Elsa Schiaparelli, iniziato nei primi anni Trenta, nato da una visione comune nei confronti dei principi del Surrealismo e consolidato dalla stessa esigenza interiore di troncare con le convenzioni.

Le creazioni di alta moda ispirate a opere di arte contemporanea – celebre l’abito che Yves Saint Laurent disegnò negli anni Sessanta riproducendo un dipinto di Piet Mondrian – sono documentate in mostra da alcuni modelli di stilisti italiani, tra i quali spicca l’abito disegnato da Renato Balestra per la Princess Collection e decorato con motivi ispirati a quel “Primordialismo plastico” che caratterizza la pittura di Giuseppe Capogrossi (1900-1972), per approdare infine alla collaborazione tra Damien Hirst e la più celebre casa produttrice di jeans, per la quale Hirst ha realizzato una serie di pezzi unici, approdando a un’ormai totale contaminazione fra arte e moda, quella moda che nel 1931 Piet Mondian annoverava “fra le espressioni plastiche più dirette della cultura umana”.

Dettagli

Didascalie immagini

  1. Manifesto della mostra L’arte della moda. L’età dei sogni e delle rivoluzioni 1789-1968, in corso al Museo Civico San Domenico di Forlì fino al 2 luglio 2023
  2. Vittore Ghislandi detto Fra’ Galgario: Ritratto di cavaliere dell’Ordine Costantiniano, 1740 circa – Milano, Museo Poldi Pezzoli
  3. Charles Boisfremont de Boulanger: Ritratto della contessa Emilia Sommariva Seillière, 1833 – Milano, Accademia di Belle Arti di Brera, in deposito Galleria d’Arte Moderna
  4. James Tissot: Il ballo (Evening), 1878 circa – Parigi, Musée d’Orsay
  5. Paul Poiret: Abito, 1910
  6. Fortunato Depero: Gilet – Panciotto di Marinetti 1923-1924
  7. Giorgio de Chirico: Autunno, 1935 – Milano, Museo del Novecento
  8. Renato Balestra: Princess Collection Abito ispirato a Capogrossi, A/I 2017-2018 – Archivio Renato Balestra

in prima pagina:
Manifesto della mostra L’arte della moda. L’età dei sogni e delle rivoluzioni 1789-1968, in corso al Museo Civico San Domenico di Forlì fino al 2 luglio 2023

Orari:

Da lunedì a venerdì 9:30-19:00
Sabato, domenica, giorni festivi 9:30-20:00
La biglietteria chiude un’ora prima

Sito web: https://mostremuseisandomenico.it/arte-della-moda/

Dove e quando

Evento: L'arte della moda. L'età dei sogni e delle rivoluzioni 1789-1968

Indirizzo: Museo Civico San Domenico - Piazza Guido da Montefeltro, 12 - Forlì
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Fino al: 02 Luglio, 2023