Per chi ha in programma di andare a Venezia per la Biennale, oltre agli eventi collaterali in città, a Ca’ Pesaro Galleria Internazionale d’Arte Moderna, fino al 6 ottobre, la prima ampia retrospettiva mai realizzata in Italia dedicata a Arshile Gorky l’artista arrmeno emigrato negli Stati Uniti nel 1920, insieme alla sorella Vartoosh, per sfuggire al genocidio.
Curata da Gabriella Belli – storica dell’arte, direttore della Fondazione Musei Civici di Venezia – e da Edith Devaney – curatrice alla Royal Academy of Arts di Londra – la mostra riunisce oltre ottanta opere per esplorarne l’opera in tutta la sua portata.
Realizzata in stretta collaborazione con The Arshile Gorky Foundation e con i membri della famiglia, la possibilitrà di ammirare anche opere raramente esposte in pubblico in un percorso che si avvale di prestigiosi prestiti museali. Sin dal suo interrogarsi, negli anni Venti su maestri moderni fino ai suoi ultimi dipinti degli anni Quaranta, nell’opera di Gorky è sempre presente una particolare visione che lo contraddistingue come una delle figure cardine dell’arte statunitense del Ventesimo secolo, a fianco di Willem de Kooning, Jackson Pollock e Mark Rothko.

Circa un secolo fa il giovane Arshile Gorky – spiega Saskia Spender presidente della Fondazione e nipote dell’artista – arrivò tanto vicino a Venezia quanto mai lo era stato di persona, quando la nave che lo avrebbe condotto in America fece scalo a Napoli. A dire il vero non fu mai lontano, almeno spiritualmente, dall’arte di Pompei, Paolo Uccello e di De Chirico, tra i suoi predecessori preferiti. Gli piaceva lavorare in maniera veloce come notoriamente faceva il Tintoretto perché, come disse una volta, “quando siamo in sintonia con il nostro tempo facciamo le cose con maggiore facilità. Ci auguriamo che questa mostra faccia apprezzare ai visitatori il valore della particolare posizione di Gorky e anche la sua energia prolifica, si aggiunga che per la prima volta in Italia si potrà vedere la sua opera con tale ampiezza. Gorky è stato un uomo che ha rifiutato confini ed etichette di ogni tipo, dal suo stesso nome sino alle categorie storiche dell’arte. La mostra di Venezia non potrà che confermare che una tale espressione individuale poteva emergere solo nella New York della metà del secolo”.

La Curatrice spiega: “la straordinaria personalità di Gorky, per la prima volta in Italia con una mostra monografica, illuminerà zone ancora in ombra della storia dell’arte del nostro Paese, facendoci esplorare in profondità l’osmosi della pittura europea con quella americana, di cui Gorky fu senza dubbio uno dei più importanti innovatori” ed Edith Devaney aggiunge: “le opere più importanti della carriera di Gorky sono riunite in una mostra che permette di riaffermarne il valore della sua esperienza all’interno dello sviluppo e definizione dell’Arte Americana del XX secolo, evidenziando come la sua influenza prosegua tuttora”.
L’esposizione inizia con la prima ritrattistica e, a questo periodo risalgono i molti incontri con gli artisti avant garde emergenti di New York, tra questi Stuart Davis, John Graham e David Smith in  un ambiente creativo di cui lo stesso Gorky fu figura di spicco. Un’opera centrale è “Self-Portrait” (ca.1937) che fa riferimento ai ritratti neoclassici di Picasso degli anni Venti.
La ritrattistica, per Gorky, non era solo una modalità per esplorare il presente – ritratti di famiglia, amici stretti e dei suoi pari – ma anche un modo per rendere omaggio alla famiglia che aveva perso.
Sintetizzando le problematiche e la struttura cubista con i contenuti e le tecniche surrealiste, in particolare isolando ed elaborando forme biomorfiche nei suoi paesaggi e nelle nature morte degli anni Trenta. La serie di disegni conosciuti come “Nighttime, Enigma and Nostalgia” rappresenta un momento cruciale nello sviluppo dell’astrazione dell’artista, il suo vocabolario risulta perfezionato da motivi scaturiti dal suo interrogarsi sul Cubismo e il Surrealismo.
Il disegno ha svolto un ruolo fondamentale nella pratica di Gorky, formando le sue idee e precedendo quasi ogni dipinto, creatività approfondita in mostra attraverso l’esposizione di opere su carta che documentano tutto il corso della sua carriera.

Negli anni Quaranta entra in contatto con i surrealisti, tra cui André Breton, Wifredo Lam, Max Ernst e Roberto Matta e queste nuove frequentazioni probabilmente contibuirono allo sviluppo dell’automatismo e del subconscio nei suoi dipinti. Opere come “Apple Orchard” (ca.1943-1946) denotano non solo della sua abilità con una nuova linea precisa e fluida, ma anche di un mutato approccio. Il lavoro era stato, infatti, ulteriormente rivitalizzato da una riconnessione con la natura durante le estati del 1942-1945 trascorse in Connecticut e alla Crooked Run Farm in Virginia. Questa periodo trascorso “en plein air” e non immerso nel suo studio o nei musei di New York, gli permise estrarre simboli e motivi universali fondati sull’osservazione ricordando come Gorky esaminò da vicino le forme botaniche e biologiche e tradusse le metafore visive che vedeva in natura in nuove forme metamorfiche, capaci di esprimere la sua psiche più intima.
L’ultimo capitolo di “Arshile Gorky: 1904-1948″ presenta gli ultimi lavori come ”The Liver is the Cock’s Comb”(1944), “One Year the Milkweed” (1944) e “Dark Green Painting” (1948 circa) e dove i suoi simboli istintivi trasformano in un personale vocabolario di forme fantastiche ricorrenti che danno esito – come osservò Clement Greenberg nel 1947 –  “ad alcuni dei migliori dipinti moderni mai realizzati da un americano”. Opere evocative intrise di ricordi infantili, della sua profonda affinità con la natura e delle complessità e contraddizioni che sentiva nella sua stessa esistenza. Il lessico così particolare di Gorky – un mix di energia propria e di empatia, subconscio e immaginario astratto – ne fanno un precursore dell’Espressionismo Astratto in America.

Una mostra che svela l’evoluzione del caratteristico vocabolario artistico derivante dall’impegno artistico e intellettuale con i movimenti europei, ancorché autonomo rispetto alle loro direttive. Gorky ha integrato i paesaggi di Paul Cézanne, la linea di Ingres, la composizione di Paolo Uccello, la logica di Picasso, persino le vivaci forme di Joan Miró. Di fatto, assorbendo e reagendo al lavoro dei maestri del passato e degli artisti moderni, è stato in grado di sviluppare una propria visione e immaginazione che potremmo definire “una sensibilità europea” in un contesto americano. Vivendo un’epoca straordinaria per sconvolgimenti storici e culturali, caratterizzato da un movimento di persone senza precedenti durante le due guerre mondiali, cui ha fatto seguito l’ascesa di New York a capitale artistica su Parigi, questo basilare contesto storico, è documentato in mostra attraverso materiali d’archivio della Arshile Gorky Foundation delineando non solo la cronologia della vita, ma anche eventi impattanti profondamente sul suo percorso.

Didascalie immagini

  1. Arshile Gorky, tardi anni ’20.
    fotografo sconosciuto.
  2. Arshile Gorky: Year the Milkweed, 1944, oil on canvas, 94.2 x 119.3 cm/ 37 1/16 x 46 15/16 in. National Gallery of Art, Washington, D.C. Ailsa Mellon Bruce Fund © 2018 The Estate of Arshile Gorky / Artists Rights Society (ARS), New York.
  3. Arshile Gorky: Liver Is the Cock’s Comb / Il fegato è la cresta del gallo 1944 Oil on canvas / Olio su tela 73 ¼ x 98 ⅜ in. (186.1 x 249.9 cm) Collection Albright-Knox Art Gallery, Buffalo, New York Gift of / Dono di Seymour H. Knox, Jr., 1956, K1956:4 Image courtesy Albright-Knox Art Gallery
  4. Arshile Gorky: Portrait of Master Bill / Ritratto di Master Bill ca. 1937 Oil on canvas / Olio su tela 52 ⅛ x 40 ⅛ in. (132.4 x 101.9 cm) Private collection / Collezione privata

in copertina un particolare di: Arshile Gorky, tardi anni 1920

Breve biografia
Nato Vostanik Adoian intorno al 1902 (non esiste certezza sulla data di nascita spesso indicata 15 aprile 1904) nel villaggio di Khorkom, vicino al lago Van, in una provincia armena al confine orientale della Turchia ottomana, fin da adolescente, assistette alla sistematica pulizia etnica del suo popolo da parte delle truppe turche che obbligò la famiglia, e migliaia di armeni, a lasciare la propria terra. Questi eventi traumatici che culminarono con morte prematura, per fame, della madre. Era il dicembre 1919, un inverno di gravi privazioni per i profughi armeni. Emigrato con la sorella Vartoosh negli Stati Uniti nel 1920, lì cambiò il suo nome in Arshile Gorky in onore del famoso scrittore russo Maxim Gorky dando inizio a una nuova vita.
Dopo aver vissuto conalcuni parenti nel New England, studiando alla New School of Design di Boston fino al 1924 e, in quello stesso anno si stabilì a New York per insegnare a tempo pieno alla School of Painting and Drawing presso la Grand Central School of Art.
Gorky fu uno dei primi artisti a partecipare al Federal Art Project lanciato dal governo americano nel 1935, per il quale dipinse diverse serie di murali proposti al Floyd Bennett Field a Brooklyn, ma che furono in seguito trasferiti all’aeroporto di Newark. Nel 1935 firmò anche un contratto di tre anni con la Guild Art gallery di New York.
La sua prima retrospettiva museale aprì al San Francisco Museum of Modern Art nel 1941.
A metà degli anni Quaranta attraversò un periodo produttivo ricco di soddisfazioni personali e artistiche, segnato dalla nascita delle due figlie e dal rapporto felice con la natura.
Nel 1948, a seguito di un periodo di turbamento personale e problemi di salute (incendio nel suo studio, un’operazione dolorosa per il cancro, un debilitante incidente automobilistico e problemi coniugali) Gorky si tolse la vita il 21 Luglio 1948 a Sherman nel Connecticut.

Orari
10.30 – 18
(biglietteria 10.30 – 17.30)
chiuso il lunedì

La mostra presenta, insieme a filmati inediti dell’artista, anche un film diretto da Cosima Spender, nipote dell’artista, che riunisce alcune voci artistiche contemporanee per riflettere sulla vita, il lavoro e l’eredità di Gorky. 

Accompagna l’evento espositivo un catalogo illustrato con saggi dei curatori con testi in inglese e italiano.
 

 

Dove e quando

Evento: Ca’ Pesaro – Galleria Internazionale d’Arte Moderna – Santa Croce 2076 – Venezia
  • Fino al: – 22 September, 2019