Al Circolo degli Artisti di Albissola – antica fornace dell’Ottocento – ha aperto ieri “Arrivano dal Mare” la personale di Nino Ventura curata da Vittorio Amedeo Sacco. Fino al 14 maggio, presenta una trentina di opere in terracotta dell’artista nato ad Acireale (classe 1959), che ha il suo studio nella Tenuta Cerello a Chivasso in Piemonte. La sua attività artistica si è sviluppata attraverso l’utilizzo di mezzi espressivi diversi, dal teatro al cinema, dalla televisione alla scultura.

Proprio attraverso la scultura ha dato forma a Pesci, Sirene, Angeli, Dervisci, Maschere e Ninfe, Sfingi e Uomini Pensatori, soluzioni immaginarie di creature che popolano la sua fantasia, le cui fattezze superano il pensiero razionale, come protagonisti delle favole che però vogliono essere solo ammirati ma loro non possono guardare: tutti i personaggi di Ventura, infatti, hanno gli occhi chiusi perché – come rileva l’artista – «non vedano le bruttezze del mondo e inducano nello spettatore l’introspezione, il desiderio di guardarsi dentro».

Il Curatore ha spiegato: «Il tratto fondamentale dell’investigazione plastica di Nino Ventura aspira e riesce a dimostrare che non esiste separazione fra braccio e mente, che la componente artigianale del lavoro dello scultore vale non meno di quella mentale. In altre parole, questo artista falsifica (nel senso che smentisce) qualsiasi concezione meccanicamente dualistica che tenda a superare il corpo della mente, lo spirito della materia, il qui dall’altrove».

Vittorio Amedeo Sacco, prosegue: «La forza creativa dello scultore impatta il bronzo, il vetro e la ceramica. Interviene per piegare ai suoi scopi plastici i materiali la cui struttura molecolare è più adatta a durare nel tempo. Sfida le esigenze dell’equilibrio, quelle della forma, quelle dello spazio e quelle dell’innovazione che, prese nel loro insieme, configurano un progetto di trasformazione della realtà, portatore di principi etici oltre che estetici».

In contemporanea e fino al 3 settembre, il famoso gruppo scultoreo “L’esercito del Piccolo Pesce” è visibile passeggiando sul Lungomare degli Artisti. L’opera, composta da dodici personaggi in terracotta, alti oltre tre metri, realizzata nel 2008 (presso il Centro Museale Fornace Pagliero di Daniele Chechi a Castellamonte), si ispira all’Esercito
di terracotta di Xi’an, costruito tra il 246 e il 206 a.C., riproduzione dell’armata che portò lo stato di Qin alla vittoria e all’unificazione dell’Impero cinese.

A differenza di quei guerrieri, gli alfieri di Ventura sono pacifici e difendono i valori fondanti che nascono nel bacino del Mediterraneo. Il pesce nella maggior parte delle culture del mondo, è un simbolo positivo, è il primo elemento della vita che si sviluppa nell’ambiente acquatico e, nel Cristianesimo, il “Piccolo Pesce” è Gesù.

Su di una scacchiera rimescolata, racconta l’artista, vi «è un esercito non aggressivo ma bensì fiero e consapevole che veglia su quanto ci sia di più prezioso». Un esercito tabernacolo, un reliquiario per oggetti che ribadiscono con la loro presenza anche il gesto dell’artigiano, un gesto per creare e ripetere: un esercito di copie non multiple, pronte a iniziare un nuovo viaggio, portandosi nel futuro tutto quanto già visto, già scritto e già conquistato.