Combattuta nell’autunno del 331 a.C., la battaglia di Gaugamela (nei pressi dell’odierna città irachena di Mosul) segnò un punto di non ritorno nella guerra tra le truppe macedoni di Alessandro Magno e l’esercito persiano sotto il comando di Dario III. Nei due anni precedenti, dopo la vittoria di Isso, sulla costa ai confini tra Cilicia e Siria, Alessandro aveva occupato la sponda mediterranea fino all’Egitto, dove si era fatto consacrare faraone e aveva fondato la città che ancora oggi tramanda il suo nome. Iniziava così l’irresistibile marcia verso oriente che avrebbe portato in pochi anni Alessandro a regnare su un impero immenso, dall’Egitto alle vette dell’Hindu Kush e fino alle estreme propaggini dell’India. La morte lo coglierà nel 323 a.C. a Babilonia, che aveva proclamato capitale del suo impero.
Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, che custodisce il grandioso mosaico in cui si narra la battaglia tra Alessandro e Dario, ha organizzato attorno a quest’opera monumentale la rassegna Alessandro Magno e l’Oriente, in corso dal 29 maggio al 28 agosto 2023. Il mosaico, scoperto nella Casa del Fauno a Pompei durante gli scavi condotti nella prima metà dell’Ottocento, è datato tra la fine del II e l’inizio del I sec. a.C., ed è composto da quasi due milioni di tessere, che coprono una superficie di oltre diciotto metri quadrati. In contemporanea con l’apertura della mostra, il mosaico viene sottoposto a un delicato restauro che si concluderà nella primavera del 2024: è stato allestito un “cantiere aperto”, in modo da permettere agli studiosi e ai visitatori di seguire in diretta il procedere dei lavori.
Nella rassegna napoletana sono riunite oltre centocinquanta opere provenienti da musei dei territori conquistati da Alessandro, dalla Persia al Gandhara, situato tra il Pakistan settentrionale e l’Afghanistan orientale. Inoltre, il MANN è l’unico museo in cui si conservino tre ritratti di Alessandro, tra i quali spicca la raffigurazione musiva, dove il condottiero galoppa verso Dario in groppa al mitico Bucefalo: si ritiene che il mosaico sia una copia romana di un dipinto di Apelle, il celebre pittore dell’antica Grecia che ebbe modo di conoscere personalmente Alessandro e ricevette l’incarico di ritrarlo.
Le numerose raffigurazioni del condottiero macedone che si incontrano nel percorso espositivo comprendono busti, gemme e sculture, tra cui il busto-erma proveniente dal Museo del Louvre, copia romana da un originale di Lisippo, che come Apelle fu ammesso alla presenza di Alessandro e fu in grado di tramandarne le reali sembianze. Dello scultore sono giunte fino a noi alcune opere in cui Alessandro è ritratto in una posa caratteristica, sempre la stessa, con la testa inclinata e il collo lievemente piegato verso sinistra.
La mostra comprende anche la ricostruzione del peristilio e della sala principale della Villa di Fannius Synistor a Boscoreale, le cui pareti sono decorate da un ciclo pittorico raffigurante una corte macedone. Spicca la figura di un giovane in piedi, che gli studiosi hanno identificato come Alessandro Magno sulla base di una serie di indicazioni fornite dall’iconografia: il diadema, la lancia, lo scudo macedone, la kausia (copricapo dei re macedoni) e la fisionomia analoga a quella del grande mosaico di Pompei. Il giovane domina un braccio di mare, con una chiara allusione ai Dardanelli, mentre la punta della sua lancia è conficcata sulla sponda opposta, quella asiatica, dove una donna in vesti orientali, seduta in atteggiamento meditativo, volge lo sguardo verso il personaggio maschile.
Il secolare conflitto fra Greci e Persiani è il tema dello splendido “Vaso dei Persiani“, risalente alla seconda metà del IV secolo a.C., uno dei pezzi più famosi nella collezione del MANN, proveniente da un ipogeo di Canosa di Puglia. In mostra è stato anche ricomposto il gruppo in marmo di statue equestri proveniente dal santuario di Giunone Sospita a Lanuvio – conservato in parte a Londra presso il British Museum e in parte a Lanuvio – che costituiva un elemento fondamentale del monumento commissionato da Alessandro a Lisippo in memoria dei suoi venticinque compagni morti al suo fianco nella battaglia del Granico; fu questa la prima grande vittoria di Alessandro contro l’esercito di Dario, combattuta nel 334 a. C. in Asia Minore, non lontano dalle rovine dell’antica Troia.
Dall’Egitto all’India e dalla Persia alle steppe dell’Asia Centrale, furono quattordici le città che Alessandro fondò e alle quali impose il proprio nome, creando dei punti di riferimento destinati a svilupparsi come centri di scambi e commerci sulle vie carovaniere che percorrevano tutto il mondo conosciuto. Giunto a Maracanda (l’odierna Samarcanda), nella Sogdiana, Alessandro si spinse verso oriente fino al fiume Iaxarte (il Syr Darya) dove fondò, nell’agosto del 329 a.C. la più lontana delle Alessandrie, Alexandreia Eschàte, l’Ultima (oggi Khujand, in Tajikistan), allo sbocco della ricca e fertile valle di Fergana. Fu questa l’estrema propaggine settentrionale del suo impero così come lo era stata per quello persiano. A nord, si estendevano, immense e inesplorate, le steppe, dominio dei nomadi Saka, il popolo degli Sciti.
Attorno al 130 a.C. il diplomatico cinese Zhang Qian veniva inviato in missione verso occidente dall’imperatore Wudi della dinastia Han. Zhang Qian fu il primo rappresentante ufficiale della Cina a stabilire rapporti con i regni ellenistici dell’Asia centrale succeduti alla conquista di quelle remote terre da parte di Alessandro. Il suo viaggio, che lo portò fino in Bactriana e in contatto con le popolazioni di origine greca della valle di Fergana, costituì il nucleo originario di una storia millenaria di scambi e commerci tra popoli di due continenti lungo quella che sarebbe divenuta la Via della Seta.
Scrive Paolo Giulierini, Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, nella presentazione della mostra: “La marcia di Alessandro è, si può dire, anche un processo di arricchimento in ogni campo, accuratamente preparato e registrato dai tanti scienziati che lo seguirono. Alla fine del viaggio […] egli non è più il semplice vendicatore dei Greci, ma il sacerdote che celebra la nascita di un nuovo mondo in cui le culture si intrecciano, si compenetrano e danno origine a meravigliose espressioni artistiche, come le opere del Gandhara, in cui arte greca e indiana si fondono. Dopo di lui il mondo non sarà più lo stesso e la fortuna del suo mito sarà sempre presente tra gli imperatori romani, ma anche nel Corano, nel Romanzo di Alessandro, fino ad arrivare a Napoleone“.