Palladio è l’uomo giusto al posto giusto. La sua architettura trasforma il volto di un territorio nel momento della sua massima crescita tecnologica ed economica. E’ proprio il movimento di capitali provenienti dall’agricoltura, dalla produzione industriale e dal commercio di beni che spinge i committenti palladiani a rinnovare le proprie case di città e le ville di campagna.

Al Palladio Museum di Vicenza prosegue fino al 12 marzo 2023 “Acqua, terra, fuoco. Architettura industriale nel Veneto del Rinascimento” una mostra di splendidi dipinti, mappe, oggetti di oreficeria e di design, ma anche il racconto di un territorio e della nascita della sua vocazione imprenditoriale.

Uomini che hanno saputo sfruttare le risorse naturali applicando l’ingegno e una creatività inventiva in ambito tecnologico, curata da Deborah Howard del St. John’s College di Cambridge, la mostra indaga lo straordinario sviluppo industriale che trasformò campagne e colline del Veneto in sede di efficientissime manifatture che non avevano pari nel mondo dell’epoca.

Una potentissima Silicon Valley localizzata in aree periferiche, ai piedi delle colline dell’alto vicentino e del trevigiano dove scorrevano con impeto le acque che offrivano la forza motrice. Lì venivano trattate le materie prime che, plasmate con il fuoco e la stessa acqua, si trasformavano in prodotti innovativi, richiestissimi sui mercati della Serenissima e di tutta Europa.

A fare la differenza rispetto alle analoghe imprese del continente, fu la capacità di innovazione, di mettere a punto e brevettare nuove tecnologie e, allo stesso tempo, di puntare su reti commerciali capillari.

La mostra, accompagnata dal catalogo edito da Officina Libraria, è il risultato di oltre tre anni di ricerche in musei, archivi, biblioteche e sul “campo”, ricerca finanziata dal Leverhulme Trust di Londra, ed evidenzia quanto era rimasto “dietro le quinte”.

Grazie a importanti prestiti, sono esposti dipinti di Tiziano, Francesco Bassano e Bellotto, disegni rinascimentali, preziosi modelli antichi di meccanismi brevettati, provenienti dal Maximilianmuseum di Augusta, mappe e documenti d’archivio, libri rari, oggetti d’uso prodotti dalle imprese venete rinascimentali, come il rarissimo corsetto maschile in cuoio e seta di fine Cinquecento, noto come ‘cuoietto’.

Oggetti d’arte come preziose croci liturgiche con l’argento delle miniere di Schio e spade forgiate a Belluno, sala dopo sala, il visitatore viene guidato in un inedito percorso costellato di oggetti, modelli tridimensionali e video: un tema fatto di saperi, attività, luoghi e dinamiche che non solo hanno dato vita a un’epoca d’oro nel passato, ma hanno costruito l’identità del presente.

L’allestimento, disegnato dall’architetto e regista teatrale Andrea Bernard, è concepito per coinvolgere il grande pubblico in un viaggio alla scoperta di questo aspetto poco conosciuto della cultura del Rinascimento europeo.

Per l’occasione il filmmaker Fausto Caliari ha realizzato nove filmati che raccontano lo stato di altrettante “fabbriche” rinasci-mentali, alcune delle quali ancora oggi in funzione. Questi filmati costituiscono una preziosissima testimonianza del patrimonio proto-industriale del territorio e come tali entreranno a tutti gli effetti nelle raccolte digitali permanenti del Palladio Museum.

Dettagli

Il percorso espositivo

  1. Preludio: Arte e scienza: dai trattati di meccanica ai brevetti
    La mostra si apre con una panoramica sul Veneto del Cinquecento, dove una congiunzione fortunata di stabilità politica e di abbondante disponibilità di acqua di risorgiva permette di costruire nuovi insediamenti per la lavorazione di lana, seta, pelle, carta, legno, ceramiche e metalli.  Un singolare oggetto domina la prima sala: è un diagramma tridimensionale che mostra il boom del numero di brevetti concessi dal Senato veneziano nel Veneto palladiano. Con un decreto del 1474, infatti il Senato istituisce una procedura per il rilascio di brevetti alle nuove invenzioni, un sistema pionieristico che tutela la proprietà intellettuale dell’inventore e stimola l’innovazione sul territorio. Tra il 1550 e il 1600 si assiste ad una vera e propria esplosione nel numero di brevetti concessi, che aumentano del 400% rispetto al cinquantennio precedente. È l’indice di una rivoluzione industriale in atto, con numeri comparabili solo con quelli della Rivoluzione Industriale della seconda metà del Settecento. Se i testi delle richieste dei brevetti veneziani sono giunti ai nostri giorni, purtroppo i modelli tridimensionali che obbligatoriamente accompagnavano le richieste sono andati perduti: tuttavia in mostra ne sono presentati due, scovati in Germania nella collezione fondata nel 1620 dall’architetto Elias Holl e oggi conservati al Maximiliansmuseum di Augsburg (modello in legno di un mulino da macinazione; modello di una segheria “alla veneziana”, 1750 circa).
    Una sezione dedicata ai trattati approfondisce le dinamiche della trasmissione del sapere tecnologico. Nel Medioevo esso era segreto, custodito e trasmesso all’interno delle corporazioni artigiane. A partire dal Quattrocento invece, grazie all’invenzione della stampa, inizia a circolare, prima attraverso raccolte di disegni e poi attraverso libri illustrati. Nel Cinquecento gli artigiani-ingegneri studiano i disegni di macchine tracciati decenni prima da Francesco di Giorgio Martini, mentre vedono la luce trattati come i Nova reperta (= Nuove scoperte, 1588) di Joannes Stradanus e il Novo teatro di machine et edificii di Vittorio Zonca (1621).
    Non manca nella prima sala della mostra una riflessione rivolta anche al presente e al futuro: l’energia idraulica è pulita, rinnovabile ed economica e oggi come allora è un bene preziosissimo, se sfruttato con intelligenza. Accorpare più funzioni in un unico complesso permette di utilizzare al meglio le risorse, contenendo gli sprechi e ottimizzando la produttività. Analogamente, i materiali da costruzione tradizionali sono di provenienza locale e forniscono un modello economico sostenibile ed ecologico valido ancora oggi.
  2. Acqua in città, acqua in campagna
    Il salone di palazzo Barbarano ospita la sezione della mostra dedicata all’acqua, dividendo il racconto fra “l’acqua in città” e “l’acqua in campagna”.
    Partendo dalla celebre Pianta Angelica (una veduta di Vicenza databile al 1580), affiancata da una sua riproduzione tridimensionale con evidenziati i centri produttivi, la prima sezione si focalizza sulla diffusione delle attività all’interno delle mura delle città venete, nello specifico Vicenza, Verona, Treviso, Padova e Bassano del Grappa. Le città sono nel Medioevo i principali luoghi di produzione, ma questa ha carattere domestico e si serve di macchinari azionati dalla forza umana o da animali. Con lo sviluppo della tecnologia, a partire dal Quattrocento, i tradizionali mulini per la macinazione vengono affiancati da mulini in grado di sfruttare l’energia idrica per mettere in modo seghe, filatoi, magli e altri meccanismi.
    La produzione dei tessuti, che prima veniva effettuata attraverso il sistema di lavoro dato a domicilio, nel Cinquecento viene meccanizzata e ha luogo all’interno di edifici costruiti appositamente. In pochi decenni le città si popolano di mulini, costruiti o sulle rive di corsi d’acqua o su piattaforme galleggianti. Questi ultimi sono ancora visibili nel Settecento nella bella veduta di Verona di Bernardo Bellotto (Verona, Fondazione Cariverona, 1745 circa) e nelle fotografie ottocentesche di Verona e di Padova.
    Per dare un riferimento in termini di produttività e di forza lavoro, nel 1553 Vicenza ospita otto grandi laboratori tessili, ognuno dei quali impiega fino a 50 persone. Antonio Pelo, produttore di lana, nel 1560 dà lavoro a 113 operai in un unico edificio. A Verona, un secolo prima, la lavorazione della lana offriva impiego addirittura ad un lavoratore su tre.
    Nel 1456 un maestro bolognese costruisce a Verona un mulino idraulico da seta: è l’inizio di una nuova età dell’oro, che vedrà presto Vicenza (e i committenti di Palladio) al centro di una rete commerciale che abbraccerà tutta l’Europa.
    La sezione dedicata all’acqua in campagna si apre con il modello di villa Barbaro a Maser. Di questa villa Palladio descrive il ruolo giocato dall’acqua, che sgorga nel ninfeo retrostante, attraversa le cucine, alimenta le fontane e scende poi a irrigare la campagna. Proprio in questa villa, Francesco Barbaro (padre dei committenti palladiani) aveva un mulino per la lavorazione della lana.
    L’acqua è la forza motrice di mulini lungo tutta la pedemontana. La messa a punto di nuove tecnologie permette di trasformare il movimento rotatorio delle ruote in movimento verticale, utile per la battitura e per la segatura. Mentre l’area delle Valli del Pasubio si va specializzando nel taglio del legname, l’area di Dueville diventa invece un centro di produzione della carta. Non manca, diffusa ovunque nel territorio, la filatura della lana, documentata in mostra da stampe, dipinti votivi e dalla riproduzione di un berretto cinquecentesco, il cui esemplare originale è conservato a Londra. Altra attività di spicco è la concia delle pelli, che produce, tra le varie cose, la materia prima per l’abbigliamento alla moda, ben rappresentato dal rarissimo e prezioso cuoietto, un corsetto maschile in pelle e seta di fattura veneziana (Venezia, Museo di palazzo Mocenigo, 1575 circa).
  3. Architetture infernali: le fucine
    Secondo il trattatista-architetto della Roma antica Vitruvio, fu il fuoco a dare il via alla storia dell’umanità. La sezione si apre con una panoramica sui forni per la produzione di calce, mattoni e tegole. Ad accogliere lo spettatore si trova l’Allegoria dell’elemento fuoco di Francesco Bassano (Vicenza, Banca Popolare di Vicenza, 1585-90): al centro un fabbro anziano e un giovane assistente stanno lavorando, circondati da armature, pentole e candelabri, mentre in secondo piano rompono l’oscurità le luci di una fucina.Del tutto simile come ambientazione è la raffigurazione di Orfeo ed Euridice di Tiziano (Bergamo, Accademia Carrara, 1510 circa), dove la visione infernale dell’Ade assume i tratti di gigantesche fonderie. Il Veneto nel Cinquecento era famoso per la produzione di armi, legata alla presenza di due importanti distretti, uno a nord di Brescia e uno a Belluno. Al centro della sala è visibile uno splendido corsaletto di fanteria di fattura bresciana (Brescia, Museo delle Armi Luigi Marzoli, 1570-80 circa), ornato da raffinati arabeschi e squame di pesce. Corazze di questo tipo erano così apprezzate che furono persino fornite alle Guardie Svizzere in Vaticano. La bellissima spada (Milano, Museo Poldi Pezzoli, XVI sec.), la cui lama è firmata dal più famoso spadaio bellunese, Andrea Ferrara, certifica la qualità delle sue lame, richieste fin dall’Inghilterra e dalla Scozia.
    La sezione dedicata al fuoco termina con una raccolta di oggetti in metallo di uso quotidiano (attrezzi per l’agricoltura, la falegnameria e per uso domestico), allestita ispirandosi alle installazioni dell’artista messicano Damián Ortega: una “nuvola” di oggetti appesi su fili invisibili che fluttuano nell’aria e conducono lo spettatore in un nuovo mondo.
  4. Dalle viscere della terra alla vita di tutti i giorni
    Articolate nell’oscurità del mondo sotterraneo, le miniere sono state per secoli tanto scenario di miti e leggende quanto luogo di estrazione di metalli preziosi. Nel Quattrocento, le miniere del Tretto, a nord di Schio, diventano famose per i loro ricchi giacimenti d’argento. La splendida croce processionale (Vicenza, Museo Diocesano, 1425-50 circa) documenta l’abilità degli artigiani veneti nella lavorazione di questo metallo.
    Esaurita la vena d’argento, le stesse miniere diventano luogo di estrazione della terra bianca o caolino, materiale particolarmente apprezzato nel processo di produzione della ceramica. Anche il Brenta offre materie prime che tornano utili per questo settore: i ciottoli di calcare, infatti, costituiscono l’ingrediente-base per le rinomate ceramiche bianche di Nove e di Bassano, di cui sono presenti in mostra alcuni esemplari.
    Proprio in questi due centri di produzione, nel Settecento, gli artigiani si ispirano alle porcellane cinesi e alle ceramiche turche, proponendo un prodotto locale alla moda.
    È grazie a questa capacità di sfruttare le risorse del territorio e di reinventare le attività a seconda della disponibilità di materie prime che fanno sì che l’economia sia in continuo sviluppo, di pari passo con la messa a punto di nuove tecnologie.

Didascalie immagini

  1. Tiziano Vecellio
    Orfeo e Euridice, 1510 ca.
    Bergamo, Accademia Carrara
    (sullo sfondo una fonderia in attività con le ruote idrauliche che azionano i mantici)
    Su concessione di Fondazione Accademia Carrara, Bergamo
  2. Una veduta dell’allestimento della mostra nelle sale monumentali di palazzo Barbaran da Porto con al centro l’opera di Francesco Bassano Elemento Fuoco, 1585 ca. di proprietà della Banca Popolare di Vicenza
    (l’opera è incentrata sul funzionamento della fucina di un fabbro di allora)
    foto © Francesco Marcorin | CISA Andrea Palladio
  3. La più antica rappresentazione di una macchina per la torcitura e filatura della seta, 1487
    Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana
  4. Domenico Campagnola
  5. Le fasi della trattura della seta in una villa veneta, 1550 ca.
    Firenze, Gallerie degli Uffizi
  6. Agostino Ramelli
    Meccanismo brevettato per una segheria idraulica, 1588
    Vicenza, Biblioteca Civica Bertoliana
  7.  Vittorio Zonca
    Mulino galleggiante collegato a una casa patrizia, 1607
    Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana
  8. Mulini galleggianti a Padova, 1767
    Archivio di Stato di Venezia
  9. a sinistra
    Croce astile in argento del Quattrocento
    Vicenza, Museo Diocesano
    (nel Vicentino si trovavano importanti miniere d’argento della Serenissima)
    a destra
    Cuoietto (corsetto maschile) in pelle e seta, 1590 ca.
    Venezia, Museo di Palazzo Mocenigo
  10. Mulini galleggianti sull’Adige a Verona, 1897

In copertina un particolare
di un ulteriore scatto all’interno del perorso espostivo

 

Orari di visita

dal mercoledì alla domenica, 10:00-18:00
(ultimo ingresso 17:30)
martedì su prenotazione (gruppi minimo 10 persone)
chiusura straordinaria: domenica 25 dicembre 2022

Dove e quando

Evento:

Indirizzo: Palladio Museum - Contrà Porti, 11 - Vicenza
[Guarda su Google Maps]

Fino al: 12 Marzo, 2023