Al Mart di Rovereto, prosegue fino a domenica 20 ottobre, la mostra dedicata all’arte fantastica italiana rimasta lungamente nell’ombra, ma, da qualche anno, al centro studi e riscoperte da parte di studiosi e critici. Così, attraverso un percorso sviluppato in sezioni tematiche e centossessanta opere – prevalentemente della prima metà del Ventesimo secolo – di una settantina di artisti, vengono raccontate pluralità dei linguaggi e poetiche dei “Surrealismi” italiani, da un’idea di Vittorio Sgarbi e curata da Denis Isaia, una mostra di ricerca particolarmente dettagliata. Inoltre, il Mart approfondisce e valorizza alcuni degli artisti presenti nelle proprie collezioni: sono infatti una cinquantina le opere provenienti dal patrimonio del museo.
Partendo dall’indole romantica e incantata, che affonda le radici nel Simbolismo, nel Realismo Magico e nella Metafisica, attraverso esperienze variegate e confronti con le tendenze coeve, il progetto identifica i caratteri dei surrealismi italiani facendo emergere autori meno conosciuti, isolati o non corrispondenti alle istanze più note. Seppur l’Italia è estranea al movimento surrealista, la cui invenzione e maturazione avviene esattamente cento anni fa in Francia sotto la guida di André Breton, si deve allo stesso Breton l’individuazione di due preziosi antecedenti al movimento nell’opera di Giorgio de Chirico e Alberto Savinio, inconsapevoli predecessori di una pittura rivolta ai luoghi più reconditi dell’anima, agli spazi dell’immaginazione e del sogno.
I primi studi scientifici sul Surrealismo risalgono al 1930, quando lo psichiatra Emilio Servadio pubblica l’articolo Surrealismo e medianità mentre, nel campo dell’arte, il primo critico a parlare in maniera sistematica degli autori italiani di derivazione fantastica e surrealista è Raffaele Carrieri, con il saggio del 1939 Fantasia degli italiani.
L’inclinazione metafisico-surrealista è riscontrabile in una serie di artisti che non si uniscono mai in gruppi o movimenti, rimanendo casi isolati e geograficamente dispersi. Nel 1950, in Anticipazioni e postumi del Surrealismo, lo stesso Raffaele Carrieri nomina tra i precursori dei surrealisti e dei fantastici italiani artisti come Alberto Martini, Fabrizio Clerici e Leonor Fini, Italo Cremona. A suo dire sono questi, infatti, gli unici in grado di produrre una pittura surreale, romantica e capace di guardare al passato attraverso una colta operazione citazionista.
Pertanto, da episodi troppo a lungo considerati laterali, l’evento espositivo propone una pluralità di singole evidenze e di fronde di originale qualità e autonomia creativa, in costante dialogo con gli ambienti internazionali e con gli altri campi della cultura. Una compagine che include (oltre ai già citati) Ugo La Pietra, Gaetano Pesce, Jannis Kounellis, Arturo Nathan, Gustavo Foppiani, Lorenzo Alessandri, Corrado Costa, Sergio Vacchi, Valerio Miroglio, Giordano Falzoni, Ugo Stepini, Enrico Donati, Romano Parmeggiani.
Divisa in quattro sezioni tematiche che si muovono fra diversi periodi, la mostra rintraccia i filoni principali dei Surrealismi italiani e le loro peculiarità, dal dialogo aperto sul passato che ha in de Chirico l’inquieto capostipite novecentesco, sino alle influenze che caratterizzano alcune espressioni del Futurismo, della scena Pop o post-informale, accomunate dai principi perturbanti tipici del Surrealismo, dal suo vitalismo e dalla sua sostanziale ricchezza stilistica.
Accompagna la mostra un catalogo (Sagep Editori) che, oltre ai saggi, riunisce le biografie di tutti gli artisti presenti.