Cosa si cela dietro alla superficie di un dipinto? La composizione è sempre stata come la vediamo o il pittore ha avuto ripensamenti? Quale tecnica ha usato? Aveva abbastanza denaro per potersi permettere una tela nuova, oppure è di reimpiego?
A questi quesiti si può rispondere grazie alle più aggiornate tecniche diagnostiche che, sottoponendo il dipinto a vere e proprie analisi quali la radiografia o la riflettografia a infrarosso, ci restituiscono “il primo volto” dell’opera. Il sottile strato nascosto ai nostri occhi e racchiuso tra la tela e la superficie pittorica visibile fornisce infatti molte informazioni sui retroscena e la genesi del dipinto.
La mostra Dentro Caravaggio riporta, fino al 28 gennaio prossimo, a Palazzo Reale di Milano venti capolavori del Merisi accostati alle immagini emerse dalle campagne d’indagine diagnostica, permettendo di seguire il percorso dell’artista, dal suo pensiero iniziale fino alla realizzazione dell’opera finale.
E come mai proprio Milano? Va innanzitutto ricordato come i natali e la prima formazione lombarda abbiano segnato fortemente lo stile del giovane Caravaggio, ed è soprattutto qui che nel 1951 Longhi, con un’esposizione passata alla storia, fa riemergere dall’oblio la figura dell’artista.
La storia critica di Caravaggio è pertanto una storia “giovane” e talvolta ancora in fase di riscrittura, come dimostrano gli studi d’archivio promossi a seguito della grande mostra romana dedicatagli nel 2010 e sfociati nelle più recenti pubblicazioni e nella esposizione attuale, offrendo nuovi tasselli per definire soprattutto la cronologia e la fase giovanile del suo operato.
In tal senso è stata essenziale la scoperta da parte dello studioso Riccardo Gandolfi di un inedito manoscritto databile 1614 di Gaspare Celio, Vite degli artisti, la seconda più antica biografia conosciuta dell’artista. Nel testo sono testimoniate le difficoltà economiche del giovane Caravaggio a Roma, l’umile lavoro presso Lorenzo Siciliano dove dipingeva due teste di santi al giorno per cinque baiocchi l’una, il ruolo fondamentale svolto da Prospero Orsi che lo presenta al cardinale Del Monte, fautore del lancio della carriera dell’artista nell’ambiente romano.
La mostra milanese è inoltre un’occasione chiave per mettere a punto alcune conoscenze nell’ambito della tecnica caravaggesca.
Egli dipingeva ritraendo i modelli direttamente in posa, pratica propria ad esempio anche di Annibale Carracci, e l’esposizione apre infatti con alcune opere degli esordi romani quando, non potendo permettersi di pagare dei modelli, l’artista ritrae la medesima prostituta, Anna Bianchini, eleggendola a protagonista di due opere: la Maddalena penitente e Riposo durante la fuga in Egitto. Grazie alle indagini diagnostiche si comprende come Caravaggio abbia qui utilizzato ancora la preparazione chiara tipica del Cinquecento, sulla quale appone una sottile traccia di disegno talvolta modificato. È il caso dell’angelo centrale di spalle che, in una delle rare opere ambientate alla luce del giorno e all’aperto, era in origine pensato per stare nel lato destro del dipinto.
Entrambe le tele sono completate nel 1957 quando Caravaggio, svincolatosi dalle botteghe di Lorenzo Carli prima, e del Cavalier d’Arpino poi, inizia a tentare la carriera in proprio. Facilmente possiamo immaginarci come durante tutta questa fase egli abbia cercato di centellinare le proprie finanze, anche riciclando delle tele già dipinte come dimostrano le indagini diagnostiche eseguite sulla Buona Ventura, dipinta su una precedente Madonna con Bambino. Il tema, inedito a Roma, incuriosì il Cardinal del Monte che stava cercando un artista che si occupasse di realizzare delle copie, tanto che dal luglio di quell’anno assoldò Caravaggio ospitandolo in casa propria.
Tra i dipinti più noti dell’artista vi è poi il Ragazzo morso da un ramarro, gioiellino della Fondazione Longhi, che alla riflettografia a infrarosso rivela i segni d’appoggio di un fermamano per stabilizzare la mano, appunto, durante la realizzazione di alcuni dettagli. Questa è inoltre una delle prime opere in cui l’artista usa la preparazione scura a vista che presto sarà una costante della sua pittura.
È infatti col procedere degli anni romani che la tecnica evolve: da una iniziale ancora nel solco della tradizione, dove disegnando sulla preparazione chiara va poi ad aggiungere le velature successive Caravaggio, dopo alcune prove, nel 1600 è costretto a mettere a punto una nuova tecnica esecutiva quando è chiamato a dipingere le tele per la cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi, il primo incarico pubblico e su tele di grandi dimensioni a cui non era abituato. Per risparmiare tempo imposta, sulla preparazione scura su cui il disegno tradizionale non è più visibile, la composizione con alcune incisioni e pennellate sommarie, aggiungendo infine soltanto i chiari e i mezzi toni, cioè le parti in luce o in penombra, e lasciando emergere la preparazione di fondo per le parti più scure.
Con il passaggio alla fase romana matura le incisioni assumono un ruolo sempre più dominante, fino a sostituirsi quasi completamente al disegno, cadendo poi quasi in disuso dopo la partenza da Roma a favore nuovamente di un uso più abbondante di abbozzi, sia chiari che scuri, come nella meravigliosa Flagellazione di Capodimonte.
A corredo del percorso di mostra vi sono poi alcuni documenti, per lo più provenienti dall’Archivio di Stato di Roma, che arricchiscono il piacere della fruizione raccontandoci ad esempio l’episodio in cui Caravaggio stipula un contratto d’affitto nel quale include la possibilità di rimuovere parte del soffitto del locale, per fare probabilmente filtrare adeguatamente la luce alla ricerca dell’effetto desiderato e facilitarlo nella realizzazione di opere di grandi dimensioni come la Madonna dei Pellegrini o di Loreto, che lascerà senza parole i visitatori della mostra. Infine da quella abitazione Caravaggio scapperà, e la proprietà farà istanza al tribunale contro l’artista che oltre a non aver saldato diversi mesi di affitto, non aveva nemmeno ripristinato il soffitto. Affascinante in questo frangente l’elenco steso dalla autorità giudiziaria dei beni confiscati all’artista che arricchiscono, inoltre, le nostre conoscenze anche sulla vita privata di Caravaggio.