Ancora una proposta interessante al Murate Art District – centro di arte contemporanea e residenze d’artista del Comune di Firenze – con la personale del fotografo Nicolò Degiorgis, una riflessione sui luoghi di educazione e di rieducazione realizzata dallo stesso MAD in collaborazione con Kunsthistorisches Institut in Florenz nell’ambito del progetto europeo GAP – Graffiti Art in Prison***.
“102 metri” è il titolo del lavoro di Degiorgis curato da Valentina Gensini in programma fino al 30 aprile.
Sono centodue i metri che separano l’Istituto Penitenziario di Bolzano dal Museion, museo di arte contemporanea del capoluogo dell’Alto Adige, gli stessi che dividono il Panopticon dagli spazi di MAD all’interno del complesso dell’ex carcere delle Murate. Distanti solo centodue metri l’una dall’altra, e analoghe per dimensioni, le due strutture celano profonde contraddizioni. Nella mostra l’artista ha ritrovato anche a Firenze la stessa distanza e l’immagine diviene strumento di indagine.
Gli scatti esposti – contenuti anche nel libro Prison Museum (Ed. Rorhof) – realizzati negli spazi del carcere nel museo dell’Alto Adige, grazie all’esperienza di Nicolò Degiorgis come insegnante presso l’Istituto Penitenziario e come curatore ospite presso Museion. Nel lavoro del fotografo le due istituzioni dialogano tra similitudini e differenze e le immagini, prodotte durante le lezioni tenute all’interno del carcere, visualizzano e documentano l’attuale situazione carceraria mentre, le installazioni realizzate, innescano una riflessione sui limiti vitali a disposizione nell’esperienza della detenzione.
Valentina Gensini, ha ribadito: “Il tema del carcere, così prossimo alla storia del nostro complesso, rivive negli scatti di Degiorgis grazie ad una indagine comparata sugli spazi di due comunità a lui ben note: quella del carcere di Bolzano, dove lavora, e quella del Museion, due luoghi prossimi così come MAD, centro di arte contemporanea, e il Panopticon, dove la memoria del carcere resta viva e visibile, appartenente ad un passato prossimo ancora palpitante. Questi spazi si fanno non solo luogo eccellente di presentazione del progetto fotografico dell’artista, ma anche spazio di riflessione sul dispositivo del carcere e sulle condizioni di chi lo abita”.