La missione Artemis II, il volo in orbita lunare con equipaggio previsto per novembre dell’anno prossimo seguito, in data da definire, dal primo reale allunaggio umano con Artemis III [chi scrive ritiene – oltre ogni ragionevole dubbio – una magistrale impresa cinematografica quella offerta il 20 e 21 luglio 1969 i cui attori interpretarono due degli occupanti della navicella Apollo 11 anche se, un dubbio in realtà c’è, vale a dire la regia, nonostante la ferma smentita degli eredi, sia stata o meno di Stanley Kubrick] attualizzano una riflessione sulla vicenda filosofica e umana di Alessandro Malaspina sollecitata dal volume di Emanuele Coco ancora fresco di stampa (Casa Editrice Leo S. Olschki).

Prendendo a campione mille giovani laureati al di sotto dei trent’anni, quale percentuale saprebbe dirci, senza esitare, chi è stato, quando è vissuto e cosa ha fatto Alessandro Malaspina?
Nessuna colpa, per carità, anche perché, come rileva lo stesso Coco all’inizio dell’introduzione del libro: “Gli studi attorno alla figura di Alessandro Malaspina hanno avuto un momento di fiorente produttività una ventina di anni or sono, come rilevava nel 1999 Dario Manfredi felicitandosi per l’interesse che le vicende della «maggiore spedizione scientifica del secolo XVIII» avevano finalmente incontrato «dopo essere rimaste misconosciute per oltre un secolo e mezzo». E tuttavia l’attenzione di quel periodo sembra nuovamente sprofondata nelle lontananze della memoria: per quanto una comunità di validi studiosi e studiose mantenga interesse per temi vicini alla questione Malaspina, di certo tale dedizione non ha prodotto ultimamente opere organiche di grande rilievo se si considera che anche le sparute e più recenti iniziative editoriali consistono perlopiù in riedizioni di lavori già noti.“
Malaspina (Mulazzo, 5 novembre 1754 – Pontremoli, 9 aprile 1810) fu artefice di una delle più ambiziose spedizioni del suo tempo nonché interprete di un certo illuminismo attento alla giustizia sociale mutuato non solo dai grandi pensatori d’oltralpe, ma anche da autori italiani minori vissuti all’ombra dei più noti colleghi e, oggi, ci offre un attualissimo spunto di riflessione.
Il Diciassettesimo secolo fu un periodo dimentico della storicità, dell’irrazionale, del trasfigurabile? O fu, invece, una più articolata fisarmonica di esperienze che, attorno alla ragione e alle sue possibilità, richiamarono temi di grande valenza umana quali la felicità, la giustizia, la conoscenza, l’emancipazione?
L’interrogativo sembrerebbe relegato al noto dibattito sull’Illuminismo ritenuto archiviato però, in questi nostri giorni saturi di irrazionalismi di strada – ben diversi da quelli sofisticati e carichi di eleganza teoretica a cui ci hanno abituato i grandi filosofi da Nietzsche in poi – i valori illuministici potrebbero ancora offrire un faro sotto cui concertare i termini dell’odierna relazione tra società e individuo, tra forti e deboli, tra sviluppo ed ethos, tra natura e techne.
In “Una trascinante natura“, l’autore, attraverso il filtro di Ernst Cassirer, fa della conoscenza, e dell’Illuminismo, una tappa di quella odissea con cui lo Spirito si concentra in sé per nuovi, e inattesi, orizzonti in risposta alle inquietudini umane.
Le coraggiose scelte di Malaspina – il suo primo scritto di fisica e filosofia (di cui Coco pubblica la prima traduzione integrale), il suo secondo testo (vicino alle idee di Beccaria e Filangieri) – divengono allora occasione per riconsiderare un certo Illuminismo, e ancor di più per cercare, attraverso questo Illuminismo, un possibile significato dinnanzi all’inesorabilità del tempo e del reale.