Ci sono episodi che possono segnare per sempre la vita di una persona. Vale per tutti ma, in particolare, per quello che ci interessa, per alcuni pittori dell’inizio del Seicento. Un periodo che fu per l’arte fecondo di nuovi linguaggi, ricchissimo – almeno per alcune città, Roma su tutte – di commissioni, committenti, collezionisti, mecenati ed intenditori. Ma fu anche un periodo violento, in cui poteva capitare di uscire la mattina col rischio di non arrivare vivi alla sera, o almeno tutti interi, senza lividi o ferite. Le strade di Roma sono il teatro di ragazzi di vita che campano di espedienti, cercano il pollo da spennare, sono in perenne bilico tra una vita tranquilla e una da delinquente. E su questo filo vive Agostino Tassi, celebre pittore e stupratore. “Gli inizi nella sua città erano stati difficili e violenti. La capitale offriva mille occasioni per delinquere. Nei vicoli oscuri e nelle bettole di Campo Marzio si aggiravano soldati di ventura e mendicanti, zingare e prostitute, briganti e artisti eccentrici. Un mondo litigioso e marginale, ma pieno di potenzialità, fuori dagli schemi, in cerca di libertà, piacere e lavoro […] In quei vicoli passava le sue giornate, disegnando, il giovane Agostino, che per un motivo o per un altro, si scazzottava e finiva in carcere. Aveva molestato giovani zittelle (vergini), facendosi inseguire dai loro parenti e rischiando di finire colpito da una pugnalata”. La vita del pittore, perfetta per un romanzo, è raccontata da Maurizia Tazartes, storica e critica d’arte, nel libro Tra pittura e bordello. La vita vera di Agostino Tassi (edizioni Polistampa), che ci porta subito da Roma a Firenze, dove Agostino si trasferisce “ch’ero giovanotto e possevo havere da 12 anni incirca”. Il caratteraccio da smargiasso lo tradisce però quasi subito, tanto che, a seguito di una rissa, il granduca Ferdinando lo condanna alla galera: Tassi andrà per mare, risparmiandosi il faticoso lavoro al remo, ma osservando “vascelli, navi, galere, porti, borasche, pescagioni” come scrive il Passeri nel 1772: è grazie a questa esperienza che il pittore diventa uno dei più celebri autori di marine della cittadina toscana. Nel 1609, morto il granduca, Agostino fa ritorno a Roma: qui nel 1611, lo troviamo protagonista di un processo per incesto assieme alla cognata, quattordicenne, Costanza. Finirà assolto. Ma in città diventa presto anche uno dei protagonisti dei principali cantieri artistici allora attivi, e comincia presto a lavorare assieme a Orazio Gentileschi; sua figlia Artemisia sarà un’altra vittima di Agostino che però, nonostante un ulteriore processo e una condanna all’esilio scontata a metà, continua a bighellonare tranquillo per Roma, e anzi a ricevere commissioni, come quella per villa Lante a Bagnaia o quella, ben più importante, per la sala Regia del palazzo del Quirinale. Sono tuttavia anni di processi, denunce, carceri e agguati, di capolavori (come la decorazione di palazzo Lancellotti) e tentati omicidi, una vita autenticamente dissipata, un pittore geniale ma anche un delinquente che non ha la minima intenzione di redimersi. Una vera canaglia, insomma. 

Dettagli

Maurizia Tazartes

Tra pittura e bordello. La vera vita di Agostino Tassi

pp. 104

Polistampa