Fece un sogno: una scala poggiava sulla
terra, mentre la sua cima raggiungeva il
cielo; ed ecco, gli angeli di Dio salivano e
scendevano su di essa.
Genesi, 28, 12

Giuseppe Savoca, professore emerito a Catania, ha pubblicato monografie e studi su vari autori italiani e, l’approfondimento di problemi ermeneutici in direzione linguistica e filologica, lo ha portato all’elaborazione di un originale modello di concordanza computerizzata. Nella
collana «Strumenti di Lessicografia Letteraria Italiana», da lui fondata, sono uscite una trentina di concordanze, comprese quelle delle poesie e traduzioni ungarettiane, alle quali si affianca un Vocabolario della poesia italiana del Novecento (Zanichelli, 1995).
Recentemente edito da Leo S. Olschki, in “Sogni fatti in Sicilia. Pirandello, Brancati, Sciascia“, partendo dall’interpretazione in chiave pascaliana della novella «La realtà del sogno» di Luigi Pirandello, focalizza sul tema dell’ambivalenza ontologica tra lo stato della veglia e quello del sogno su cui si fondano i grandi testi della maturità.
E’ noto come per Pirandello il sogno abbia una propria realtà incancellabile e una valenza pari a quella degli eventi reali e Vitaliano Brancati, consapevolmente, riprende tale problematica, soprattutto nelle opere giovanili come il «Sogno di un valzer» (in cui un omicidio vero è determinato da un sogno) superando l’‘assurdo’ pirandelliano all’insegna della ragione e del realismo, raffigurando personaggi in crisi – nei quali si esprime il bisogno di passare dalla psicologia e dall’etica – a una concezione cristiana della vita (dal sogno di Gesù Cristo di «Singolare avventura di viaggio» al complesso del Cristo di «Paolo il caldo».
Sulla linea di Pirandello e Brancati si pone Leonardo Sciascia e Savoca presenta la sua indagine come un’organica monografia, incentrata sulla tematica onirica finora trascurata dalla critica anche più autorevole. Valorizzandone la qualità storico-letteraria, e poetica, Savoca evidenzia, tra l’altro, i sogni siciliani del lotto, dei morti e dell’America, fino a quello ‘felice’ della Sicilia dentro il sogno di Parigi, che è di «Candido» e dello stesso Sciascia il quale – classicamente – vede l’uomo come «sogno di un’ombra», fino a vivere con il suo Majorana il sogno-incubo di una scienza votata alla morte.
Sul sogno, Sciascia dialoga con i suoi autori di elezione con rapporti, esaminati da Savoca, sotto aspetti inediti documentando nuove consonanze con Freud e i filosofi Spinoza e Rensi, ma anche con Quasimodo, Boccaccio, Teresa d’Avila, Barthes.