
Come per i gusti della pizza, ognuno ha la sua preferita: la sinestesia e la margherita, la litote e la quattro stagioni, la metafora e funghi e mozzarella. Le figure retoriche si possono amare profondamente e conoscerle una ad una, detestare (in questa ultima categoria rientrano spesso gli studenti che sono chiamati a riconoscerle e decodificarle) o utilizzare senza nemmeno rendersene conto; in fondo quante volte parliamo di qualcuno che “ha un coraggio da leone” senza nemmeno domandarci il perché? E non lo scriveva anche forse Moliere che “da quando ho imparato a parlare faccio uso della retorica e non lo sapevo”? Per essere allora più consapevoli di quello che diciamo e di come lo diciamo, ma anche per divertirsi con le parole, arriva il bel libro dell’illustratrice romana Elisa Puglielli, Si figuri! Guida illustrata di figure retoriche e di come le usiamo, senza saperlo, nel nostro linguaggio quotidiano, da poco pubblicato dalle Edizioni Clichy. Per rendersi davvero conto di quanto ricco sia il nostro linguaggio, vi propongo l’esercizio inverso e considerare cioè una frase per quello che è, senza sottotesti: ecco che allora ascoltare Mozart vuol dire prendersi un caffè e scambiare due chiacchiere col compositore, e non metter su una sua opera (potenza della metonimia), oppure passare a miglior vita diventa davvero qualcosa di appetibile e auspicabile, e non presuppone affatto (come farebbe un eufemismo) la scomoda faccenda della morte e dell’aldilà. Oppure pensate di prender parte a una visita guidata, e di essere accompagnati nientemeno da Cicerone in persona che, appunto, vi fa da cicerone (la cara antonomasia è forse sottovalutata, ma davvero efficacissima). Sfogliare questo libro diventa allora un vero piacere, sopisce ricordi nascosti, e magari aiuta anche ad avere più confidenza con qualcosa che sembra lontanissimo dal nostro modo di esprimerci, più degno di Leopardi che non di Mara Venier (con tutto il rispetto per Giacomo Leopardi e per Mara Venier), ma che invece è parte integrante del linguaggio, anche di quello più quotidiano. Provare per credere.