La Gioconda ha una tresca. Forse è per questo, perché nasconde un amore misterioso, che ha quello sguardo così vago, quel sorrisetto malizioso, quell’espressione a un tempo innocente e furbetta, come il gatto che ha appena mangiato il topo. Pare quasi di sentirne i pensieri, di fronte alle frotte di visitatori del Louvre: “vi chiedete da secoli il perché di questa faccia…ebbene io so tutto quello che voi vorreste sapere, ma non ci penso nemmeno a rivelarvelo”. Ma chi è stato a scoprire tutta la verità su Monna Lisa? Nello specifico, Alessandro Castellari che, per Pendragon, scrive Quando parla la Gioconda. Racconti d’arte: non si tratta di un saggio, ma di una raccolta di brevi racconti che – finalmente – dà voce a quei volti che abbiamo sempre visto nei musei, scolpiti nel marmo o ritratti sulla tela. Ecco allora le parole che il capolavoro di Leonardo rivolge al suo ammiratore solitario: “ben tornato, caro amico. Ho sentito i tuoi passi frettolosi lungo la Galleria Italiana. Non ti sei fermato davanti a Botticelli, a Raffaello, al Perugino. Sei entrato in questa sala e non hai neppure gettato uno sguardo sulle Nozze di Cana di Paolo Veronese, con quel musico lì in basso vestito di bianco che con la sua viola da gamba mi pare suonare le arie dei miei tempi…Sempre così. Ogni notte mi vieni a trovare. Forse sei un guardiano notturno nel tuo giro di ispezione. Ma non mi importa chi tu sia. Mi importa l’intensità del tuo sguardo che si posa su di me”.
Ma non è solo lei a parlare: tra le pagine del libro risuonano infatti i racconti di Giovanna Tornabuoni, dell’Ermes di Prassitele, della florida Venere rappresentata da Rubens (che si fa beffe delle donne moderne, e dell’ideale di bellezza del XXI secolo “voi, care donne, in questi vostri tempi di diete, di dimagrimenti, di creme rassodanti, avete dimenticato il piacere dell’abbondanza sensuale”), persino della locomotiva che Turner rappresenta in Pioggia, vapore e velocità conservato alla National Gallery di Londra, della Fontana di Duchamp e del gatto dell’Olympia di Manet e di tanti altri che, una volta per tutte, accettano di condividere con noi, poveri spettatori, i loro sogni e desideri, i pensieri più reconditi e le speranze…d’ora in poi guarderemo con occhi diversi le opere conservate in un museo, non solo con gli occhi bene aperti, ma con le orecchie tese a cogliere ogni minimo sussurro. 

Dettagli

Alessandro Castellari

Quanto parla la Gioconda. Racconti d'arte

pp. 95

Pendragon