Anche alla nostra epoca occorrono pensatori. La consapevolezza di ciò che avviene e di ciò che siamo nel mondo (o che siamo diventati) è vitale per scamparla all’inettitudine, e per sapere intendere anziché boccheggiare, vacillanti, in una “baumaniana” e disorientante società liquida.

Tale è l’istanza cui risponde il nuovo libro di Giuseppe Frazzetto, Nuvole sul grattacielo. Saggio sull’apocalisse estetica (Quodlibet 2022; prefazione di Monica Ferrando).
Il saggio sviscera la congerie tempestosa dei fenomeni estetici contemporanei con una lettura in chiave filosofica che non disdegna aperture verso numerose forme espressive (narrativa, videogiochi, serie televisive, ecc.) ed è nutrita dall’humus di studiosi come Warburg e Benjamin, De Martino e Agamben, per fare qualche nome.
L’individuo cerca chiarezza, senso, scopo in una profusione frammentaria di esperienze che si dibattono tra eschaton e katéchon, tra l’anelito alla fine, al compimento, e l’incessante rinvio di quest’ultimo, come anime dantesche inseguono vanamente una bandiera, pungolati da insetti molesti. Esperienze brevi ma ripetute senza termine, in un “facciamola finita ancora e ancora”, data la complessità di un mondo rizomatico.
Prassi estetiche odierne sono, ad esempio, quelle di decorazione del corpo, come piercing, tatuaggi, coloritura delle unghie; pratiche che non rientrano nella definizione di arte ma che fondono l’azione estetica con la vita quotidiana, “convergendo in ambiti come l’affettività, l’espressività individuale, la cerimonia” (p. 79). La cerimonia del “me/mondo”, nella fattispecie, concernente l’ambito che Frazzetto chiama Terzo Stato Estetico.
Se nel Primo Stato (l’arte strettamente connessa a una comunità, a una ideologia, a un culto) è centrale qualcosa, come un oggetto sacro o un’opera, che l’artista deve realizzare in risposta a una delega collettiva, nel Secondo Stato la soggettività dell’artista è in primo piano (fino a farsi “sovrana”): l’artista può esprimersi, innovare, stabilire nuove regole; ma si confronta con le mentalità delle varie situazioni storiche. Nel Terzo Stato, oggi imperante, domina la logica del “fai da te”: l’attività estetica è svolta in prima persona da chiunque e come afferma Frazzetto: “Il Terzo Stato non produce opere, non riguarda gli specialisti d’arte, non riguarda il sistema dell’arte. È prodotto da tutti, è un prodotto qualunque” (pp. 83-84). Tutti siamo mobilitati verso lo svolgimento di un’attività ritenuta creativa. Mobilitati e soli, in mancanza di intermediari, arenando in esperienze disintermediate che forzano l’accostamento a qualcosa di estraneo; forzatura generalmente zuccherata dalla pratica ludica (come il gioco a quiz nell’app del gestore di telefonia mobile).
Siamo trasformati in “cacciatori di immagini”: se il coltivatore è stanziale e opera nel tempo, dal passato al futuro, per “portare all’esistenza” un giorno i frutti del proprio lavoro, il cacciatore si sposta ovunque per incontrare cose già esistenti, con cui imbastire brevi rapporti. Basti pensare a un utente sul web e alla consultazione di un ipertesto. La tecnologia infatti oggi più che mai infiltra le nostre vite e ribadisce la sua presenza come nella cinematografia l’accelerazione del passaggio delle nuvole sopra un grattacielo: in questo caso il tempo viene manipolato e avviene un’ipermediazione (“Il medium non si nasconde, anzi ci fa ricordare la propria presenza”, p. 18).
Il saggio di Giuseppe Frazzetto, vigoroso e arguto dispiegamento intellettuale, corrobora l’esercizio del pensiero e da esso stesso si dispiega, tra le nuvole di meme, NFT e vezzosi prosumer (cioè produttori e al contempo consumatori), attraversando la condizione amletica del Singolo contemporaneo, la sua fame d’esistente e la sua crisi di presenza. Suggerisce che proprio il ricorso a quel pensiero può costituire la bussola, il riparo, la solidità granitica che orienta tra le materializzazioni frammentarie e affastellate del Solaris (col termine Solaris l’autore indica “l’inarrestabile pulsione produttiva dei media, razionale e irrazionale, a volte comunicativa ma soprattutto espressiva, frammentaria”, p. 26). Pensiero che funge da sale vivificatore contrastando la pillola inzuccherata della maschera ludica, contribuendo così a ridurre il nostro senso di estraneità rispetto al mondo disintermediato.

Dettagli

Giuseppe Frazzetto
Nuvole sul grattacielo.
Saggio sull’apocalisse estetica
pagine 196
Edizioni Quodlibet