Ancora oggi, pensare a un museo che ospita concerti, conferenze la domenica mattina e sfilate di moda ci sembra una cosa altamente innovativa, quasi rivoluzionaria. Ecco, Palma Bucarelli lo ho fatto subito dopo la fine della seconda guerra mondiale. È stata lei, sempre lei, a organizzare le prime mostre italiane di Kandinsky, Modigliani, Mondrian, Picasso, Pollock e Rothko. Ed è stata (anche) lei, appena qualche anno prima, ad aver rischiato la pelle per portare in salvo le opere d’arte italiane, in pericolo durante la guerra. Una figura quasi mitica, insomma, conosciuta anche da chi non è del tutto addentro a questioni d’arte, di critica e di curatela, non fosse altro per l’esser stata donna, forte e bella. Tre cose che ancora oggi non si perdonano facilmente.
A Palma Bucarelli, la Palmina di Indro Montanelli, è dedicato L’arte libera, un libriccino appena pubblicato da Edizioni di Comunità. A cura di Rachele Ferrario, storica dell’arte (che è anche – tra le altre cose – autrice di Regina di quadri. Vita e passioni di Palma Bucarelli, pubblicato ormai qualche anno fa da Mondadori), il libro mette insieme due scritti di Bucarelli, un piccolo testo della stessa Ferrario e l’elenco delle mostre organizzate alla GNAM, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma di cui Bucarelli fu direttrice dal 1942 al 1975.
I capolavori del Museo Guggenheim e Opere d’arte alla macchia sono i due brevi testi di Palma Bucarelli: il primo è l’introduzione scritta per il catalogo della mostra ospitata alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna nel 1957, più o meno negli anni in cui Bucarelli espone in galleria il Grosso Sacco di Alberto Burri, guadagnando così un’interrogazione parlamentare volta a conoscere quanto aveva speso per quello che in pochi consideravano un’opera d’arte (non che sia importante, ma l’opera non era stata pagata una lira, ma offerta dallo stesso Burri in deposito gratuito).
Il secondo testo Opere d’arte alla macchia descrive invece la maniera avventurosa e travagliata in cui vennero messe in salvo le opere d’arte italiane durante la Seconda Guerra Mondiale, e che ha coinvolto, oltre a Bucarelli, spesso anonimi funzionari, archeologi e storici dell’arte che hanno personalmente rischiato per salvare il nostro patrimonio storico e artistico: “In un piovoso pomeriggio di ottobre due distinti signori con ombrello sorvegliavano con aria distratta un carrettino a mano che traversò la città con sopra una cassetta qualunque che pareva contenere bottiglie vuote. I due distinti signori erano due archeologi e nella cassa c’era un tesoro unico al mondo”.