
“A prima vista, ci si potrebbe fare la seguente domanda: ‘perché un altro libro su Roma antica? Che cosa dovrebbe avere questo di diverso rispetto agli altri (tantissimi) libri già scritti sul passato antico di Roma?’ La domanda sarebbe assolutamente legittima e come tale merita una spiegazione. Il mio intento non è stato quello di proporre un saggio di storia antica quanto invece quello di usare la storia come collante per presentare i sette monumenti più famosi e celebrati di Roma antica”.
Lo dice l’autore nella sua introduzione: la storia di Roma attraverso i suoi monumenti più iconici. Quali sono? Facile: il Foro Romano, il Circo Massimo, il Colosseo, il Pantheon e la colonna Traiana, le teme di Caracalla e l’arco di Costantino. Sette monumenti, sette luoghi celebri, quelli che chiunque sia passato da Roma almeno una volta ha visto e che tutti hanno sentito nominare. Sette monumenti per abbracciare la grandezza della città e conoscerla meglio, dietro le immagini da cartolina (ma forse oggi sarebbe meglio dire instagrammabili), dietro le leggende e le storie prive di fondamenta che ancora ogni tanto si sentono raccontare da esperti dell’ultima ora. Ecco perché giunge allora benvenuto il nuovo libro di Mauro Poma, I sette monumenti (da poco pubblicato da Neri Pozza per la collana I colibrì): un profilo della città tracciato attraverso la storia dei luoghi più celebri dell’Urbe e dei personaggi che hanno contribuito a farne la storia, da Augusto ad Augustolo, dal primo all’ultimo imperatore, ma anche il racconto della vita quotidiana, delle curiosità meno conosciute, dei vizi, delle debolezze e delle passioni del popolino (sapete che, esempio, molti di quelli che giornalmente frequentavano le terme soffrivano della cosiddetta sindrome del surfista che causava problemi alle orecchie, o che le donne si truccavano con biacca, nerofumo e cinabro?).
Sette, come i sette colli e i sette re (semmai furono effettivamente sette…): un numero dalla valenza quasi magica che permette di cogliere l’essenza della Roma antica. E forse anche dell’Italia di oggi: in fondo, passano i secoli, ma certe cose restano sempre le stesse.