Cos’è fare una mostra? Lo spiega subito Hans Ulrich Obrist, semplicemente uno dei curatori d’arte più influenti al mondo, nel suo libro Fare una mostra (appunto) edito da Utet Libri: “un tentativo d’impollinazione fra culture, o un modo di disegnare mappe, che schiude percorsi nuovi attraverso una città, un popolo o un mondo”.
Partiamo da lontano: chi è un curatore? Nell’antica Roma i curatores erano quelli che si occupavano di verificare che strade, fognature, bagni pubblici e acquedotti funzionassero a dovere, mentre nel Medioevo il loro ruolo assunse una connotazione più trascendente, ed il curato diventa il custode delle anime dei fedeli. È solo nel Settecento che si arriva ad associare il termine curatore all’ambito artistico (“il curatore di una collezione”) avvicinandosi progressivamente alla definizione di Ausstellungsmacher – creatore di mostre – che oggi sembra essere quella prevalente. Orbist ci racconta delle prime esposizioni della storia, dei suoi rapporti più o meno casuali (come quando attaccò bottone con un uomo che si rivelò poi essere Ionesco) con scrittori, altri curatori, critici e artisti: racconta anche del suo incontro – illuminante, a posteriori – con Alighiero Boetti e del consiglio di chiedere sempre ad un artista non lumi sui suoi progetti realizzati, ma su quelli ancora da realizzare: una vera e propria rivelazione per l’impegno futuro, che lo ha portato a capire che il curatore e la sua creatività non sono il motore centrale di un’esposizione, ma lo è al contrario “parlare con gli artisti, chiedendo quali loro progetti fossero impossibili da realizzare nelle circostanze presenti”. Per progettare una mostra bisogna quindi rendere possibile quello che fino ad allora è stato, semplicemente, impossibile. In fondo, aveva ragione Manet quando disse che “esporre significa trovare amici ed alleati per la propria lotta”.

Hans Ulrich Obrist
Fare una mostra
Traduzione di Marina Astrologo
pp. 256

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