“Qualsiasi articolo del New York Times è peggio di un bollettino dell’Ansa, sarebbe da riscrivere da cima a fondo. Non hanno verve, non sono brillanti, disdegnano di aggettivi, scrivono come un appuntato dei carabinieri, ieri il tale ha fatto questo, questo e questo, partono dall’inizio della storia e te la spiegano come tu fossi sbarcato da Marte. Mentre gli italiani sanno che bisogna dare tutto per scontato, non dilungarsi in puntualizzazioni eccessive che fanno perdere il filo al lettore, piuttosto tenere insieme la storia per sommi capi, concentrarsi sui particolari eclatanti, iniziare dalla fine, magari con un po’ di suspense, e poi tornare all’inizio, se possibile con un collegamento tra lead del pezzo e chiusa in modo che sembri tutto più armonico”
È una citazione da Scoop, di Enrico Franceschini, scrittore e storico corrispondente de La Repubblica, citata a sua volta dall’ultimo libro/rivista pubblicato da Il Post e Iperborea, Cose spiegate bene. Voltiamo decisamente pagina. Sta cambiando tutto nei giornali di carta e non, salvo la loro importanza (titolo degno di un film di Lina Wertmüller, ma almeno non si può dire che uno compri a scatola chiusa).
Chi legge i giornali, e compie l’antico rito di recarsi fino all’edicola più vicina (ormai sempre più lontana, visto che chiudono una dopo l’altra) o chi lo fa ma prediligendo la versione online, schivando i pop up pubblicitari, e tutti quei titoli che ammiccano per farsi cliccar sopra, troverà prezioso e spassosissimo questo libriccino che spiega – bene – tutto quello che ruota attorno al modo in cui si danno le notizie. Quali termini usare, come si sceglie una notizia, quanti giornali si vendono, il differente modo in cui si intende il giornalismo nei paesi del mondo, da Le Monde ai famigerati tabloid britannici, cosa lega una rubrica di moda a una cotoletta e a Dolce&Gabbana (un collegamento c’è, fidatevi). E poi si trovano preziose istruzioni per leggere un giornale, cosa i giornalisti possono scrivere e cosa no, o retroscena curiosi di fatti epocali: chi era seduto per esempio accanto al posto di guida nell’auto che seguiva Kennedy il giorno in cui fu ucciso? E com’è stato possibile che solo il Corriere della Sera, nella sua versione cartacea, abbia dato la notizia della morte della principessa Diana? Menzione d’onore, poi, per la doppia pagina finale che suggerisce i film in tema (La signora del venerdì e Quarto potere possono essere un buon inizio), i libri e le newsletter per approfondire i temi trattati.
Se leggere un giornale vuol dire predisporsi ad avere un occhio più allenato nel riconoscere e valutare le migliaia di notizie che ci arrivano da ogni parte, ogni giorno, leggere queste pagine sviluppa ancor di più il nostro spirito critico, e ci dà gli strumenti per orientarci al meglio tra informazione e, ahimè, disinformazione.