Quella che vi propongo oggi è, per dirla con l’autore, una promenade dello spirito, un itinerario più mentale c
he fisico, un viaggio lungo la storia (ed i chilometri) di tre delle vie consolari romane. Il libro, parte della deliziosa collana de Il Mulino Ritrovare l’Italia, è quello di Giovanni Brizzi, professore emerito di storia romana a Bologna, Andare per le vie militari romane.
Appia, Flaminia e Emilia: nate per esigenze squisitamente militaresche, le strade hanno però contribuito a costruire, metro dopo metro, la storia e la grandezza dell’Urbe. Lo diceva in fondo anche Strabone che “in tre cose principalmente posero cura i Romani, che dai Greci furono trascurate, cioè nell’aprire le strade, nel costruire acquedotti e nel disporre nel sottosuolo le cloache”: strade, acquedotti, sistema fognario sono quindi quelle opere (più dei templi, più dei monumenti onorari, più degli archi di trionfo) che hanno meglio connotato un’intera civiltà, e continuano a farlo anche adesso visto che i nomi – e in buona parte i tracciati – sono gli stessi dell’antichità. Perché Roma è le sue strade.
La prima fu l’Appia, la regina viarum, la prima strada a prendere il nome da chi la costruì, quell’Appio Claudio Cieco che nel 312 a.C. tracciò una riga quasi perfettamente dritta tra Roma e Capua: l’esigenza era quella di permettere una movimentazione più semplice delle truppe, ma la strada si rivelò presto (con il prolungamento fino a Brindisi, porta d’Oriente) anche un collegamento tra culture, un ponte, un amo lanciato verso mari lontani. Arrivarono poi, nel giro di nemmeno centotrent’anni, la via Flaminia e la via Emilia: la prima fu forse, ancor più delle altre, la via militare per eccellenza, perché fu percorsa centinaia di volte dalle truppe che andavano o tornavano da Roma, verso quelle zone che furono storicamente più difficili da tenere a bada. La via Emilia è invece quella che ha più caratterizzato il luogo che attraversava, ribaltando l’idea che la strada dovesse servire i centri che toccava: qui è successo l’opposto e, in un certo senso, possiamo affermare che “la maggior parte delle città sia nata invece per servire la strada”.
Qualunque sia stata la loro origine, dovunque fossero i luoghi che raggiungevano e le regioni che attraversavano, le strade romane sono sempre state delle vere e proprie “cuciture”, un rammendo di genti e di terre diverse, messe insieme in una specie di patchwork che, chissà come, funzionava alla perfezione.

Giovanni Brizzi
Andare per vie militari romane
Il Mulino
pp. 144

Dove e quando