
Cos’è una rivolta? Per farla semplice, è una rivoluzione che non è riuscita. Ma una rivoluzione che, prima di fallire, nasce con gli stessi ideali, con – spesso – le stesse dinamiche e le stesse ragioni delle grandi rivoluzioni che leggiamo sui libri di storia. E poi? E poi, vengono represse, spesso rapidamente così come si sono sviluppate, e sempre nel sangue: a raccontarci di alcune delle rivolte medievali del Trecento ci pensa Alessandro Barbero col suo nuovo libro, appena pubblicato per Laterza, All’arme! All’arme! I priori fanno carne!
Il titolo fa riferimento al grido che si alza nelle strade di Firenze nel luglio del 1378: è la rivolta dei Ciompi, dei lavoratori (soprattutto dell’Arte della Lana, detti appunto Ciompi) che si ribellano prendendo il controllo della città riuscendo addirittura ad avere un loro gonfaloniere e a ottenere il diritto di eleggere un terzo delle magistrature cittadine. Durò poco, e già il 31 agosto la rivolta venne sedata, ovviamente con violenza.
Quella dei Ciompi non è però la prima del secolo, e non sarà l’ultima: esattamente vent’anni prima, nel 1358, in Francia c’era stata la Jacquerie, che secondo gli storici dell’epoca (che un po’ di pregiudizi li avevano, spiega Barbero) cominciò quasi per caso. “E all’inizio non erano neanche cento. E dissero che i nobili, i cavalieri e gli scudieri svergognavano e rovinavano il regno e che sarebbe stata una buona cosa distruggerli tutti. La risposta fu: ha ragione, alla malora chi non ci sta”. In sostanza, un gruppetto di disperati che si mette insieme e decide quasi per caso di colpire i nobili e i signori; ecco, Barbero chiarisce che non andò esattamente così, ma che la Jacquerie (così come le altre rivolte del secolo, dall’insurrezione inglese del 1381 a quella dei Tuchini nel 1386) furono in realtà il risultato di una profonda presa di coscienza da parte di determinate classi sociali contro i nobili. Sono i contadini, gli artigiani, i borghesi di classe media, gli allevatori, tutti quelli dai quali il signore esige il pagamento delle tasse che non è richiesto invece a nobili e cavalieri. Una lotta di classe ante litteram, insomma, il proletariato contro il capitalista? In linea di massima è proprio così: ma che la storia si ripete sempre uguale a se stessa, purtroppo o per fortuna, si sapeva già.