• Esiodo li chiama melon, e sarà stato proprio per questo che per secoli s’è ritenuto che quelle che Ercole recupera nel giardino delle Esperidi fossero mele: invece è oggi abbastanza diffusa la convinzione che i pomi d’oro fossero in realtà arance.
  • Nel chiostro della basilica di santa Sabina all’Aventino, in centro a Roma, esiste ancora (visibile da un piccolo oblò nel portico della chiesa) l’arancio davanti al quale, secondo la tradizione, predicava nel Medioevo san Domenico in persona. Ed è proprio per questo motivo che, poco distante, venne piantato il giardino degli Aranci, preso quotidianamente d’assalto da turisti e romanticoni che godono d’un panorama niente male.
  • Nel suo Trattato sullo scorbuto del 1753 il medico scozzese James Lind, analizzando alcuni marinai affetti da scorbuto, annota che “i più lampanti e ben visibili effetti curativi furono ottenuti dall’uso di arance e limoni; uno dei due che li ha assunti nel giro di sei giorni è diventato un uomo pronto per il suo dovere”.

Basterebbero solo questi tre fatterelli per capire l’importanza di quello che spesso illanguidisce nelle nostre cucine: arance, limoni, mandarini, pompelmi. Agrumi, per dirlo con una parola: e Agrumi. Una storia del mondo è anche il titolo di un bellissimo e densissimo libro – da poco pubblicato per Il Saggiatore – di Giuseppe Barbera, già professore di colture arboree a Palermo (e dove, se non a un passo dalla Conca d’Oro?) e tra i responsabili per il Fai del recupero del giardino della Kolymbethra nella Valle dei Templi ad Agrigento.
È una storia che parte da lontano – nel tempo e nello spazio – ma che da subito diventa fondamentale per la cultura dell’uomo, tanto è vero che nel III secolo a.C. esiste in Cina addirittura un ministero degli agrumi che aveva il delicatissimo compito di reperire e inviare le arance alla corte dell’imperatore. Per quel che ci riguarda più da vicino, in principio fu l’arancio amaro: ben più recente la storia occidentale dell’arancio dolce, che parte dall’India e arriva da queste parti – per terra o per mare ancora non lo si è ben capito – di certo dopo che Vasco de Gama arriva in Oriente. Sembra che il primo albero di questo tipo sia arrivato a Lisbona nel 1520 (ma forse è successo un po’ prima, e forse c’è lo zampino dei genovesi), e cresciuto nel giardino del conte di san Lorenzo. Capisco, vi sembri una questione oziosa, persa dei meandri della storia, buona solo per specialisti e appassionati, ma provate a riflettere: ancora oggi, in molti dialetti, l’arancio è il portogallo. Per non parlare poi dei limoni, cantati da Goethe (“conosci tu il paese dove fioriscono i limoni?”) e amati perfino da George Clooney e Danny DeVito nella variante del limoncello, presenza acolica ormai immancabile in ogni ristorante o trattoria che voglia darsi un tocco di (genuina) italianità. 
Una cosa è chiara: gli agrumi sono parte della nostra storia, sono trasversali, dall’arte alla letteratura, dalle Mille e una notte alla mitologia, passando per Eugenio Montale e Galileo Galilei, dall’economia alla botanica, e sono ovviamente parte della nostra cucina (anche se pare non sia vera la tradizione secondo cui Caterina de’ Medici portò in dote al marito Enrico, Duca d’Orleans, la ricetta del “papero al melarancio”, antenato della celebre anatra all’arancia). Andate allora in cucina e recuperate quel mezzo limone che di certo avete dimenticato nel frigo: da lì potrebbe venir fuori un’ispirazione straordinaria (quantomeno per la cena).

Dettagli

Giuseppe Barbera
Agrumi. Una storia del mondo
pp. 288

Sito web: https://www.ilsaggiatore.com/libro/agrumi

Dove e quando

Evento:

Indirizzo:
[Guarda su Google Maps]