Le fonti documentali dimostrano come le iconografie della giustizia e, più in generale, del diritto, siano state rappresentate in modo continuativo almeno sino alla fine del XVIII secolo. Successivamente, la loro presenza si è ridotta, concentrandosi per lo più su raffigurazioni in cui è la componente satirica a prevalere sugli antichi simboli della bilancia, della spada e della benda, i quali, ove presenti, subiscono ancora una volta variazioni di significato derivanti dalla sensibilità sociale, da quello, cioè, che Anna Simone ha descritto come «senso comune popolare di ordine extra-giuridico». Per meglio comprendere tale fenomeno, potremmo rifarci alla concezione Pierre Bourdieu, il quale evidenzia come tutte le forme simboliche, per quanto universali, siano sovente delle forme di rappresentazione o manifestazione di mondi sociali determinati da contingenze temporali o da peculiari gruppi sociali; pertanto, gli universi simbolici, quali strumenti di comunicazione e conoscenza, hanno il potere di consolidare una determinata realtà sociale o di sovvertirla.
È appunto quest’ultimo il ruolo svolto dalle immagini satiriche del diritto e della giustizia che analizzeremo di seguito: contravvenire ad un senso comune omologante, sottraendo potere simbolico alle forme di rappresentazione dei mondi sociali dominanti, per realizzare un senso comune nuovo che si rende legittimo autonomamente per mezzo della dimensione pubblica e del bisogno di essere riconosciuto all’interno di un ordine sociale prestabilito. È indubbio quindi come la dimensione satirica e caricaturale, essendo strettamente legata alla società e alle sue vicissitudini politiche sia funzionale, da un lato, a ridurre il divario tra diritto e società mettendo in relazione diretta – sulla base di una percezione comune della cultura giuridica – il diritto con chi lo subisce o lo esercita e, dall’altro, a non ricondurre il diritto e la giustizia ad una mera funzione tecnica, mostrandone le contraddizioni e promuovendo il cambiamento.
Il tema ricorrente nella raffigurazione satirica del diritto e della giustizia è il risultato della necessità di denunciare un diritto percepito come ingiusto a causa di molteplici fattori: il distacco dalla volontà popolare, oltre alla mancata coincidenza con la giustizia o la circostanza che non sia quest’ultima a determinare il diritto stesso. Per questi motivi il diritto, in relazione alla società e ai bisogni di giustizia che esprime, non può che essere inteso come un concetto dinamico. In questa direzione si muovono i disegni e le litografie satiriche di Honoré Daumier, che connotano il passaggio dalla Rivoluzione alla Restaurazione in Francia. Essi sono significativi per comprendere il rapporto che intercorre tra il sistema giuridico e il modo in cui il senso comune percepisce il potere giudiziario. I disegni caricaturali daumeriani, aventi ad oggetto avvocati e giudici nell’atto di rapportarsi con il popolo, furono dapprima pubblicati sul giornale satirico Le Chiarivari nel 1848 e, successivamente, divennero un volume: Le Gens de Justice. Qui troviamo ritratte alcune delle scene giuridiche che quotidianamente animavano i tribunali; esaminiamone alcune:
l’oratoria a doppio taglio con cui l’avvocato difende e, al tempo stesso, accusa la vedova e l’orfanello è una denuncia della versatilità degli avvocati, i cui comportamenti teatrali e i cui discorsi enfatici potevano essere utilizzati per ogni tipo di attacco e difesa;
il volto contratto in segno di impotenza, quasi contrariato, del giudice a seguito della battuta spiritosa dell’imputato circa il suo stato di indigenza economica, inequivocabile riferimento al fatto che, sebbene i giudici dovrebbero essere imparziali, questi, secondo la percezione popolare, danno invece più importanza al denaro;
l’avvocato che sussurra all’orecchio del suo assistito rassicurandolo circa le accuse ingiuriose avanzate dall’avversario, poiché presto quest’ultimo andrà incontro alla stessa sorte, messa in scena della corruzione e dell’ipocrisia;
infine, giudici che, annoiati, sonnecchiano durante un’arringa.
In queste litografie il tratto stilistico di Daumier risiede nell’uso del bianco e nero. L’Autore gioca con il contrasto chiaroscurale – derivante, secondo Luigi Barzini, «dall’aver apprezzato e studiato i maestri olandesi e fiamminghi, Rembrandt e Rubens, nonché lo spagnolo Goya»– come a voler esprimere visivamente quella contraddizione che il modo di intendere la giustizia, ormai scevro di quello spirito repubblicano e rivoluzionario che l’aveva animata, portava con sé. La dimensione caricaturale a cui l’artista sottoponeva giudici e avvocati era volta non a deformarne le fattezze o i comportamenti, ma a ritrarli nei momenti di maggior cinismo e distacco da quel popolo che avrebbero dovuto difendere e rappresentare. In tal senso, i gesti enfatici dei soggetti raffigurati amplificano l’espressione visiva e avvicinano le caricature daumeriane al teatro; al riguardo, Julian Zugazagoitia afferma: «la Giustizia diventa una sorta di opera teatrale», espressione della «Comédie Humaine di tutti i tempi», ossia «dell’aspetto umano quale che sia l’epoca in cui è stato raffigurato […]»; «come Balzac nel suo grande affresco della società» – afferma l’Autore – «Daumier ci svela l’uomo senza maschera». Ecco allora che la teatralità dell’immagine raffigurante la scena giuridica diviene cornice di una propaganda polemica, generatrice di un immaginario popolare del diritto e della giustizia caratterizzato da una passiva rassegnazione nei confronti del “diritto ingiusto”.
In seguito, negli anni ‘20 del Novecento, la forza satirica delle opere di Daumier si diffonde soprattutto in Germania e in Inghilterra, ove la dimensione caricaturale delle sue raffigurazioni si adattava a contesti inclini a un atteggiamento laico nei confronti delle distorsioni del sistema giuridico. Nel mondo anglosassone, l’attenzione è rivolta nei confronti di un famoso giornale satirico, il Punch – sottotitolato Or the London Chiarivari in omaggio all’omonima rivista francese dell’Ottocento di cui sopra – fondato nel 1841 da Henry Mayhew e dall’incisore Ebenezer Landells e pubblicato con periodicità settimanale dal 1841 al 1992, e poi dal 1996 al 2002. Ricca di metafore testuali e visuali, questa rivista è riuscita nell’intento di creare un linguaggio comune attraverso il quale i lettori potessero iniziare a comprendere e a dibattere circa i cambiamenti sociali e culturali di un mondo in continuo divenire. Il Punch spopolava per le sue beffarde illustrazioni del mondo giudiziario; ne è un vivido esempio il disegno caricaturale della giustizia, raffigurata con gli attributi simbolici della benda – che però occlude solo parzialmente il suo sguardo – e della bilancia – in cui un sacco di monete su un piatto pesa di più di un contenitore recante la scritta “onore” posto nell’altro –, nell’atto di protendere un braccio, adorno di monili, dietro di sé per afferrare furtivamente una moneta.
Tale immagine illustrava un articolo intitolato On the “beauty” and “luxury” of the truth, nel quale si affermava a chiare lettere l’esistenza di quelle finzioni legali – legal fictions – a causa delle quali, come spiegato da J. P. Ribner, «la Giustizia, figlia della Verità, corrotta dalla Legge, con un solenne sorrisetto, presta poca attenzione ai poveri, e dà molto valore ai ricchi». Il chiaro intento era quello di denunciare la dimensione della corruzione che pervadeva l’ordine giuridico e quanto di fatto esso fosse incapace di occuparsi dei problemi dei ceti meno abbienti.
Dettagli
Didascalie immagini
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Honoré Daumier, Il défend l’orphelin et la veuve, à moins…, in Le gens de Justice, litografia, 1848
foto © Artstor -
Honoré Daumier, Accusé! Avez-vous quelques moyens…, in Le gens de Justice, litografia, 1848
foto © Worcester Art Museum -
Honoré Daumier, Lassez dire un peu mal de vous…, in Le gens de Justice, litografia, 1848
foto © Yale University Art Gallery -
Honoré Daumier, Oui, on veut depoillercet orphelin… , in Le gens de Justice, litografia, 1848
foto © Wikimedia Commons - Justice, litografia, Punch. Or the London Chiarivari 3, 24 Settembre 1842
IN COPERTINA
Honoré Daumier, Le Ventre Legislatif, in Le gens de Justice, litografia, 1848
[particolare]
(fonte)
OPERE CITATE
• A. Simone, Mater iuris. La rappresentazione della giustizia nella prima modernità, in “Parolechiave”, vol. 53, n. 1, 2015
• P. BOURDIEU, Sur le pouvoir symbolique, in “Annales. Histoire, Sciences Sociales”, Cambridge University Press, 1 May 1977, Vol. 32, n. 3
• L. BARZINI, L’opera pittorica completa di Daumier, apparati critici e filologici di G. Mandel, Rizzoli, Milano 1971
• J. ZUGAZAGOITIA, Daumier: scene di vita e vita di scena, Electa, Milano 1998
• J. P. RIBNER, Law and Justice in England and France. The view from Victorian London in C. DOUZINAS, L. NEAD (a cura di), Law and the Image. The autority of Art and the aesthetics of Law, The University of Chicago Press, Chicago and London 1999
ARCHIVI DIGITALI DEL PUNCH
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