Sono tornato a Beirut dopo sei anni e non senza una vaga sensazione di malinconia. L’ultima volta che avevo visitato la capitale libanese era il mese di gennaio del 2011 e, non solo la mia vita era diversa, ero più spensierato ed avevo meno capelli bianchi, ma il mondo nel frattempo è radicalmente cambiato. Sei anni fa I.S.I.S., almeno per noi italiani, era un semplice acronimo che potevi leggere fuori da un liceo (Istituto Statale di Istruzione Superiore) e niente più, mentre la Siria era – e lo sarebbe stato ancora per pochi mesi – un paese meraviglioso, culla della cultura medio-orientale, dove si poteva viaggiare e soggiornare liberamente.
1 holiday inn crivellato di colpi simbolo e memoria della guerra civile
Ma la mia malinconia era alleviata dalla curiosità di ritrovare una città e un paese che mi avevano sorpreso ed affascinato e anche questa volta le mie aspettative non sono state deluse.
Cicatrizzate le dolorose e profonde ferite della guerra civile e dell’ultima Intifada del 2006, Beirut oggi è una città dinamica, che guarda al futuro con ottimismo e che ambisce a riacquistare un ruolo di primo piano a livello internazionale.
2 beirut terrace residence progettato dallo studio di architetti herzog6 de meuron
Appena sono arrivato, dalla terrazza dell’appartamento dove alloggiavo ho contato almeno otto gru che svettavano sopra palazzi in costruzione e il mio amico libanese Charbel, architetto e professore universitario, mi ha subito avvertito: “Guarda, che dall’ultima volta che sei venuto, Beirut è molto cambiata”.
3 beirut nuovi palazzi accanto ad antiche costruzioni
E in effetti, dopo aver trascorso mezza giornata a passeggiare e a perdermi tra le strade caotiche dei suoi quartieri, mi sono reso conto che quel contrasto di culture, tradizioni e costumi che rende la capitale libanese unica ed attraente, si è gradualmente esteso anche all’aspetto esteriore della città. E così ora capita sempre più spesso di vedere edifici fatiscenti in stile liberty che portano i segni indelebili dei bombardamenti e dei proiettili, circondati, o per meglio dire sovrastati, da palazzi residenziali o strutture alberghiere iper-moderni realizzati da architetti di fama internazionale. Così come non è difficile imbattersi in cantieri imponenti, sorti a seguito della demolizione di interi isolati, sulle cui recinzioni è possibile osservare i rendering di progetti architettonici ambiziosi ed innovativi.
4 beirut vecchia costruzione liberty destinata ad ospitare il museo della memoria
Un altro esempio della vitalità di Beirut è stata la rapida inaspettata trasformazione di alcuni quartieri, come ad esempio Mar Mikhael e Badaro.
Il primo, da quartiere anonimo e di scarsa suggestione, è diventato il punto di ritrovo preferito dei giovani, sia libanesi ma anche stranieri che si sono trasferiti in Libano per studiare nelle università americane o per lavorare nelle ONG. Nel giro di pochi anni, infatti, vi sono aperti una miriade di locali di tendenza dove è possibile gustarsi una birra o ascoltare buona musica.
A Badaro, che era un quartiere residenziale sorto intorno agli anni Cinquanta, insieme alla ristrutturazione di molti edifici esistenti sono nati ristoranti tipici e bistrot in stile parigino che hanno conferito al quartiere un’atmosfera vagamente retrò.
E’ rimasto intatto, invece, il fascino del quartiere musulmano di Basta, che costituisce l’anima antica della città dove è ancora possibile trovare botteghe di artigiani, negozi di antiquariato e bar demodè, affollati di anziani che giocano a carte e fumano il narghilè, in cui gustarsi un buon caffè turco.
Un’altra bella novità di Beirut è il nuovo museo della Aishti Foundation posto all’interno di un enorme complesso immobiliare progettato dall’architetto londinese David Adjaye che comprende anche una libreria, un ristorante, un bar, una boutique di moda e un centro benessere. Si tratta dell’ambizioso progetto del libanese Tony Salamé, proprietario del brand di lusso Aishti, il quale possiede una collezione d’arte privata di oltre duemila pezzi e ha voluto donare alla sua città natale uno spazio dedicato all’arte contemporanea che ambisce a diventare un punto di riferimento per tutto il Medio Oriente.
5 beirut sala del museo aishti foundation
La mostra adesso in programma, che comprende circa 100 opere di giovani artisti statunitensi, selezionate dalla ricca collezione di Salamè, è visitabile fino al prossimo ottobre ed è curata dall’italiano Massimiliano Gioni.
Ma la voglia di rinascita della capitale libanese si legge anche e soprattutto negli occhi dei suoi abitanti. L’energia e l’entusiasmo della gente è davvero contagiosa, così come  immediatamente percepibile è il loro desiderio di buttarsi definitivamente alle spalle gli anni bui della guerra civile e di godersi fino in fondo questo clima di ritrovata pacificazione. Pur nella consapevolezza che gli equilibri socio-politici del paese continuano ad essere molto fragili e che in ogni momento tutto potrebbe di nuovo cambiare. Se quindi provate ad abbandonare un locale o un bar prima che sia notte fonda, può capitare di sentirvi dire: “non andare a letto, domani c’è la guerra…”.
Recentemente la vicinanza del conflitto siriano ha in parte frenato la ripresa del  paese. Secondo stime non ufficiali sarebbero attualmente presenti sul suolo libanese quasi due milioni di profughi siriani a fronte di una popolazione di 5 milioni di abitanti. Ovviamente il rapporto tra la comunità ospitante e i rifugiati è molto complicato e spesso conflittuale. Tuttavia esiste una forma di empatia e di comprensione nei loro confronti, dovuta sia alla comune esperienza vissuta in passato dalla popolazione libanese sia al fatto che alcuni dei residenti versano in una condizione di indigenza pari a quella dei profughi che hanno accolto. Da parte mia, uno dei ricordi più belli del viaggio è stato l’incontro con uno dei tanti bambini siriani che vagano per la città, il quale invece di chiedere l’elemosina, mi ha venduto per pochi dollari un suo disegno che raffigurava un cielo azzurro e un mare mosso solcato da navi e strane creature, che conservo gelosamente.
6 beirut vista di un cantiere in piazza dei martiri e sullo sfondo la moschea mohammad al-amin
Sullo sfondo di quanto vi ho appena narrato, le problematiche di Beirut sono rimaste identiche a quelle di sei anni fa e appaiono ormai, purtroppo, endemiche e di non facile soluzione.
La corruzione della classe politica, il traffico insostenibile e caotico, l’aria della città sempre più  irrespirabile e il problema dello smaltimento dei rifiuti, esploso circa due anni fa, che stato solo parzialmente arginato e che ha spinto decine di attivisti a dare vita al movimento di protesta “YouStink”.
Ma l’incredibile risultato di queste contraddizioni è un accordo armonioso di suoni, orchestrato da un immaginario direttore d’orchestra, che comprende il canto dei muezzin, il rintocco delle campane delle chiese e il frastuono dei clacson delle automobili.
Quindi il consiglio è, ignorate i messaggi più o meno subliminali che veicolano paure infondate e andate a visitare un città che sicuramente non vi lascerà indifferenti.

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Holiday Inn crivellato di colpi, simbolo e memoria della guerra civile (© Roberto Mariotti) Beirut Terrace - residence progettato dallo studio di architetti Herzog 6 de Meuron (© Roberto Mariotti) Beirut - nuovi palazzi accanto ad antiche costruzioni (© Roberto Mariotti) Beirut - vecchia costruzione liberty destinata ad ospitare il museo della memoria (© Roberto Mariotti) sala del museo Aishti Foundation (© Roberto Mariotti) Beirut, vista di un cantiere in piazza dei martiri e sullo sfondo la moschea Mohammad Al-Amin (© Roberto Mariotti) Beirut, vista di un cantiere in piazza dei martiri e sullo sfondo la moschea Mohammad Al-Amin (© Roberto Mariotti)