I broch, le solitarie torri a tronco di cono che costellano il nord della Scozia e gli arcipelaghi delle Orcadi e delle Shetland – estrema propaggine settentrionale del Regno Unito, che si spinge fino alla latitudine della norvegese Bergen – restano a testimoniare il mistero di quelli che i romani chiamarono Picti, i Pitti, gli uomini “dipinti”, o forse più probabilmente tatuati, che opposero una fiera resistenza alla conquista della Britannia da parte dell’impero romano.

Nell’Europa centro-settentrionale i tatuaggi venivano praticati fin da epoche remote – come ci dimostra la mummia del Similaun, la cui datazione si fa risalire al IV millennio a.C. – utilizzando il nerofumo nelle scalfitture prodotte ad arte sulla pelle. Si tratta di una pratica aliena al mondo greco-romano, che coltivava un vero e proprio mito della bellezza e integrità corporea, ma al di là delle Alpi i tatuaggi rappresentavano probabilmente segni rituali o attestati di corggio a valore tracciati sul corpo dei guerrieri.

Il broch di Mousa, un’isoletta delle Shetland oggi disabitata, supera i dodici metri di altezza ed è il più imponente tra gli oltre cento che si sono conservati in questo remoto arcipelago: la sua struttura è comune alla maggior parte di queste costruzioni, a pianta circolare con una corte interna. A prima vista i broch possono ricordare i nuraghi sardi, che risalgono però a un’epoca molto precedente: i nuraghi sono databili nel II millennio a.C., mentre i broch furono edificati fra il V secolo a.C. e il I secolo della nostra era.

Così come per i nuraghi, non è stato ancora stabilito quale fosse in origine l’effettiva funzione di queste torri, anche se probabilmente i capi delle comunità locali costruivano un broch per testimoniare il proprio potere e per scopi difensivi. In genere, il muro esterno è costituito da due pareti, fra le quali si trova una scala che sale fino al culmine della costruzione, con aperture verso l’interno a livello di quelli che dovevano essere i vari piani; si presume che i solai fossero in legno, mentre la copertura del tetto doveva essere realizzata coprendo di paglia un’intelaiatura di legno. Nel cortile interno era frequente la presenza di un bacino per la raccolta dell’acqua piovana.

Vicino al capoluogo delle Shetland, Lerwick, si trova il Clickmin Broch, situato su un’isoletta in mezzo a un piccolo lago e collegato con la riva mediante una diga di massi. Quello di Clickmin è l’unico esempio rimasto di broch circondato da un recinto in pietra, al cui interno si trova una costruzione anch’essa in pietra che funge da “vestibolo”, introducendo al broch vero e proprio. Gli scavi condotti in questo sito hanno permesso di stabilire che è stato occupato per quasi un millennio, fino ai primi secoli dell’era cristiana.

Il complesso più ricco e interessante è quello di Jarlshof, all’estremo sud della Mainland, l’isola più grande delle Shetland, una delle sedici abitate su un totale di oltre cento. Non lontano da Jarlshof, il faro di Sumburgh Head domina da un’alta scogliera a picco le onde tempestose di quel tratto di “mare ruggente” in cui si incontrano e scontrano le acque dell’Oceano Atlantico e del Mare del Nord.

Il nome di Jarlshof fu dato a questo luogo da Sir Walter Scott, che lo visitò nel1814, descrivendone nel suo diario “le prode coperte da un bel manto erboso” e “la vecchia dimora di Sumburgh dall’aspetto paurosamente tetro” appartenuta ai conti delle Orcadi, nella quale ambientò il romanzo storico Il pirata, pubblicato alcuni anni dopo.

All’epoca di Scott, in questo luogo era visibile solo il maniero fortificato eretto in epoca medioevale e definitivamente abbandonato agli inizi del XVII secolo, mentre tutte le costruzioni di epoche precedenti rimasero sepolte dalla sabbia fino alla fine dell’Ottocento, quando una violentissima tempesta portò alla luce la sovrapposizione di insediamenti succedutisi nell’arco di quattro millenni.

I reperti più antichi risalgono al Neolitico (frammenti di ceramiche databili alla fine del IV millennio), ma l’insediamento più consistente, costituito da una serie di piccole abitazioni di forma ovale, appartiene all’Età del Bronzo, tra l’inizio del II millennio a.C. e il IX secolo a. C. A Jarlshof era attiva la lavorazione di manufatti in bronzo, come testimoniato dal ritrovamento di numerosi stampi per la produzione di coltelli, asce e spade.

All’Età del Ferro (fino al III secolo a.C.) sono datatbili il broch di Jarlshof, in parte crollato per l’erosione marina della scogliera su cui era costruito, e il complesso delle cosiddette wheelhouses (case a forma di ruota), costruzioni a pianta circolare in cui lo spazio lungo le pareti è suddiviso in una serie di celle che si irradiano verso l’esterno come i raggi di una ruota. È il tempo dei Pitti, che si opposero strenuamente alla penetrazione dei romani in Britannia, tanto che il Vallo di Adriano, costruito nel II secolo d.C., rappresentò di fatto il limite settentrionale dell’impero, segnando il confine con la terra dei Pitti.

Alle Shetland giunsero poi i Vichinghi, che a Jarlshof abitarono fra il IX e il XIV secolo: è qui che si trova la prima delle cosiddette “case lunghe”, nelle quali un solo ambiente lungo e stretto, ospitava più di un nucleo familiare. La presenza dei vichinghi ha avuto un’importanza determinante nella vita e nella cultura degli abitanti delle Shetland, che ancora oggi parlano un proprio dialetto, lo Shetlandic, che è un ibrido fra il norn scandinavo, il gaelico scozzese – introdotto alla fine del Quattrocento, quando le isole furono cedute alla Scozia in occasione di un matrimonio regale – e la lingua inglese, entrata in uso dopo la fine del regno di Scozia, agli inizi del Settecento.

Il legame con la Scandinavia non si è mai interrotto e il regno di Norvegia ha ripetutamente e senza successo tentato di riacquistare l’arcipelago fino agli inizi del XX secolo. Infine, nel corso della Seconda guerra mondiale, quando la Norvegia fu occupata dai Nazisti, la nascita del cosiddetto Shetland Bus ravvivò e rinsaldò quel senso di appartenenza che attraverso i secoli è arrivato fino ai giorni nostri.

Un gruppo di pescatori e marinai norvegesi, rifugiatisi con i loro battelli alle Shetland – dove trovarono riparo alcune migliaia di profughi dalla Norvegia – iniziarono un’attività di collegamento con le coste della madrepatria facendo la spola, specie di notte e con ogni tempo, per fornire materiali e sostegno logistico alla Resistenza norvegese e mettere in salvo persone in pericolo perché ricercate dai nazisti. La base operativa dello Shetland Bus fu stabilita a Scalloway, sulla costa occidentale della Mainland, dove un piccolo museo custodisce memorie e immagini delle oltre cento missioni compiute nel corso della guerra e dove ogni anno il 17 maggio – festa nazionale norvegese – si tiene una cerimonia commemorativa congiunta a cui partecipano autorità di entrambi i Paesi.

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Didascalie immagini

  1. Il broch sull’isoletta di Mousa (III-I sec. a.C.), Isole Shetland (UK)
    foto © Donata Brugioni
  2. Pannello illustrativo con la ricostruzione di un broch nel sito di Jarlshof, Isole Shetland
    foto © Donata Brugioni
  3. Cortile interno del broch di Mousa
    foto © Donata Brugioni
  4. Accesso al Clickmin Broch – Lerwick, Isole Shetland
    foto © Donata Brugioni
  5. Nel Clickmin Broch è ancora visibile la scala collocata nell’intercapedine tra i due muri esterni, tramite la quale si accedeva ai piani superiori
    foto © Donata Brugioni
  6. Il faro di Sumburgh Head domina dall’alto delle scogliere l’estrema propaggine meridionale della Mainland, la principale fra le isole Shetland
    foto © Donata Brugioni
  7. Accanto alle rovine del castello di Jarlshof gli scavi hanno riportato alla luce la struttura di una wheelhouse dell’Età del Ferro
    foto © Donata Brugioni
  8. Pannello illustrativo con la ricostruzione di una wheelhouse nel sito di Jarlshof, Isole Shetland
    foto © Donata Brugioni
  9. Resti di un villaggio dell’Età del Bronzo a Jarlshof
    foto © Donata Brugioni
  10. Esterno ed interno della ricostruzione di una long house vichinga a Haroldswick nell’isola di Unst, arcipelago delle Shetland
    foto © Donata Brugioni
  11. Uno dei pescherecci norvegesi impiegati nelle operazioni dello Shetland Bus
    (fonte)
  12. Memoriale dello Shetland Bus a Scalloway (Isole Shetland)
    (fonte)

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Il broch sull’isoletta di Mousa (III-I sec. a.C.) – Isole Shetland (UK)
foto © Donata Brugioni