A picco su una curva del fiume Osum, la fortezza di Berat, nel sud dell’Albania, racchiude un quartiere abitato senza interruzione fino dal VI secolo a.C., quando la rocca fu fondata dalle popolazioni illiriche, insediate nei Balcani nord occidentali.
1 torre ingresso fortezza di berat-foto donata brugioni
Dentro la cittadella, a ridosso delle mura, è stata collocata una copia della colossale testa dell’imperatore Costantino custodita presso i Musei Capitolini di Roma: Flavio Valerio Aurelio Costantino, imperatore romano dal 306 fino al 337, era di origini illiriche. Ma la sua presenza qui ci ricorda anche come l’attuale bandiera dell’Albania – con la nera aquila bicipite in campo rosso – tragga lontane origini proprio dall’antico vessillo di Costantino, che per primo introdusse nel bestiario araldico questo animale fantastico, a simboleggiare l’Impero romano, costituito da un unico corpo con due capitali, Roma e Costantinopoli; le due metropoli erano collegate in età imperiale da una via che nasceva a Roma come Appia, giungeva fino a Brindisi, e proseguiva al di là del canale di Otranto con il nome di Egnatia, fino a Costantinopoli.
2 testa imperatore costantino nella fortezza di berat  e scorci di cittadella foto donata brugioni
La fortezza di Berat ebbe una notevole importanza strategica: per la sua posizione, alle frontiere settentrionali dell’impero bizantino, fu un caposaldo della difesa contro la pressione dei popoli slavi; per questo motivo,  l’imperatore Teodosio la fece circondare nel VI secolo da una possente cinta di mura, rafforzate nel XIII secolo dopo che gli Angioini, re di Sicilia, avevano tentato di impadronirsi di Berat cingendola d’assedio; tentativo fallito grazie all’intervento delle truppe inviate da Costantinopoli in soccorso della città.
3 chiesa santa maria delle blacherne nella fortezza di berat foto donata brugioni
A quell’epoca risale la chiesa di Santa Maria delle Blacherne, una delle poche sopravvissute all’interno della cittadella, dove se ne contarono fino a una ventina. Il suo nome richiama quello della chiesa di Costantinopoli, situata nel quartiere delle Blacherne, dove si custodiva la miracolosa reliquia del velo di Maria e dove si trovava una veneratissima icona della Vergine; all’intercessione della reliquia nei momenti di maggiore pericolo si attribuivano le vittorie in battaglia per terra e per mare, grazie alle quali più volte l’impero bizantino era riuscito a sconfiggere i propri nemici – in una occasione il velo mariano venne addirittura immerso nelle acque del Bosforo per assicurare la vittoria della flotta. È comprensibile quindi che in una città come Berat, che di guerre e assedi nella sua lunga storia ne ha vista una sequenza pressoché infinita, si fosse ritenuto opportuno rivolgersi a Colei al cui reiterato intervento si attribuiva la salvezza dell’impero.
4 santa maria delle blacherne a berat dormitio virginis nicola di onofrio foto donata brugioni
Gli affreschi all’interno della chiesa risalgono al XVI secolo, e sono opera di Nicola, figlio e allievo del pittore Onofrio, che fondò a Berat la prima scuola di pittura albanese: tutta l’area era ormai sotto il dominio ottomano, e la pittura di icone assunse il valore di una testimonianza di identità nazionale e religiosa. Gli affreschi all’interno di Santa Maria delle Blacherne, in parte danneggiati, rappresentano scene della vita della Vergine, che si concludono con la grande Dormitio, affrescata sulla controfacciata, secondo una tradizione comune a molte chiese ortodosse di area balcanica.
5 berat quartiere ottomano foto donata brugioni
Ai piedi della fortezza, il quartiere ottomano scende lungo i fianchi della collina verso il fiume e le sue case dalle facciate in pietra e legno, aperte da serie di finestre strettamente affiancate, hanno valso a Berat l’appellativo di “città dalle mille finestre”; questa caratteristica architettura impronta tutti i centri urbani che si svilupparono tra il XV e il XIX secolo in tutto l’impero ottomano, diffondendosi dalla Turchia all’area caucasica e ai Balcani.
6 veduta di gjirokaster foto donata brugioni
In Albania, i centri storici di Berat e Gjirokaster (Argirocastro) costituiscono testimonianze integre e pregevoli di architettura e urbanistica ottomana, e per questo motivo sono stati posti sotto la tutela dell’UNESCO; uno tra gli esempi più rappresentativi di questa tipologia di dimora è l’imponente casa Zekate a Gjirokaster, appartenuta a una famiglia di ricchi mercanti e proprietari terrieri; quasi una fortezza, edificata agli inizi del XIX secolo e oggi trasformata Museo.
7 casa zakate a gjirokaster foto donata brugioni
L’Albania era stata occupata dagli Ottomani agli inizi del Quattrocento, sbaragliando la fiera resistenza dei principi albanesi, capeggiata da Giovanni Castriota, signore di Kruja; secondo l’uso del tempo, i suoi quattro figli furono portati come ostaggi presso la corte ottomana. Tra essi, si distinse il minore, Giorgio, avviato alla carriera militare nell’esercito ottomano, dove si guadagnò la fiducia del sultano, che ne apprezzava le qualità di stratega e conduttore di uomini, tanto da onorarlo con il lusinghiero appellativo di Iskender bey (l’equivalente di Alessandro Magno in turco). Nel 1443, nella notte che precedeva una battaglia contro la coalizione cristiana al comando di un principe ungherese, Giorgio Castriota abbandonò improvvisamente l’esercito ottomano, portando con sé trecento soldati albanesi che erano ai suoi ordini, e che lo seguirono senza esitazioni nell’avventurosa e pressoché disperata impresa di liberare la terra natale dall’occupazione ottomana.
8 kruja torri cinta muraria museo nazionale giorgio castriota skanderbeg foto donata brugioni
Con pochi uomini, ma con la perfetta conoscenza dei punti di forza e delle debolezze di quello che era divenuto per lui l’esercito nemico, Castriota riuscì a tornare rapidamente in possesso del castello di famiglia a Kruje, e suscitò l’entusiastico seguito degli albanesi con la storica frase: «Non fui io a portarvi la libertà, ma la trovai qui, in mezzo a voi». L’appellativo che gli aveva dato il sultano, e che appariva di buon auspicio per i suoi futuri successi sul campo di battaglia, tradotto dagli albanesi in Skanderbeg, era destinato a divenire famoso in tutta Europa; nella primavera del 1444, i principi albanesi si riunirono nella cattedrale della città di Alessio (oggi Lezhe, a nord di Tirana) e formarono una lega, a capo della quale elessero Skanderbeg:  con un gesto carico di grande significato simbolico, Skanderberg scelse come stemma di quella che si chiamò Lega di Alessio l’antico vessillo imperiale con l’aquila bicipite, nera su fondo rosso.
9 ingresso museo kruja rilievo skanderbeg con i suoi uomini foto donata brugioni
Skanderbeg fu un condottiero invincibile, nessun esercito inviato dal sultano – che si ritenne tradito dal suo protetto – riuscì mai a batterlo, e per venticinque anni tenne in scacco le truppe ottomane, impedendo che si spingessero ulteriormente verso il cuore dell’Europa. La sua fama si diffuse in tutto l’Occidente, e soprattutto dopo la caduta di Costantinopoli avvenuta nel 1453, il principe albanese fu visto come l’ultimo baluardo contro il dilagare della conquista ottomana. Papa Callisto III lo nominò  “Atleta di Cristo” e “Difensore della Fede”, mentre il suo successore Pio II progettava di metterlo a capo di una nuova crociata da bandire contro i Turchi. Ferdinando I di Napoli chiese e ottenne il suo aiuto contro gli Angioini, ricompensandolo per i servigi resi con i feudi pugliesi di Monte Sant’Angelo, Trani e San Giovanni Rotondo.
10 statua equestre skandeberg piazza albania roma 1968 romano romanelli
A Roma, dove fu ricevuto con tutti gli onori dal Papa, il palazzetto che ospitò Skanderbeg durante il suo soggiorno nel 1466 – oggi trasformato in residence di lusso – porta ancora il suo nome e il ritratto del condottiero è affrescato sopra la porta d’ingresso, in memoria della sua presenza in questo luogo; la città di Roma non ha dimenticato Skanderbeg e nel 1968, in occasione del V centenario della sua morte, al centro di Piazza Albania, alle pendici dell’Aventino, gli è stato dedicato un monumento equestre; sul basamento, una scritta commemora questo “impavido difensore della civiltà occidentale”. Solo la malaria riuscì a sconfiggere l’invitto uomo d’armi, che morì nel 1468 ad Alessio, dove aveva avuto inizio la sua avventura. La fortezza di Kruja continuò ancora per dieci anni a resistere agli attacchi degli ottomani, e la figura di Skanderbeg divenne un mito che avrebbe ispirato artisti, letterati e musicisti: tra questi, Antonio Vivaldi gli dedicò l’opera intitolata al suo nome, andata in scena al Teatro della Pergola di Firenze nel 1718.
11 museo nazionale kruja dedicato a skanderbeg foto donata brugioni
Delle fortificazioni di Kruja restano poche vestigia, tra cui una delle torri che rafforzavano la cinta muraria; quella che fu la dimora dei Castriota è stata inglobata nel Museo Nazionale Giorgio Castriota Skanderbeg, dedicato alla storia e alle gesta di questa straordinaria figura di condottiero. Dal 1912, anno della fine del dominio ottomano sull’Albania, l’aquila bicipite è tornata sulla bandiera nazionale con la sua presenza carica di simboli e di storia, attraversando tutte le vicissitudini che qui, come e più che altrove, hanno segnato l’Europa del “secolo breve”.

 

Dettagli

Sulla bandiera dell’Albania campeggia la nera aquila bicipite, che fu il simbolo dell’impero di Costantino I (306-337 d.C.) (© Donata Brugioni) La torre d’ingresso alla fortezza di Berat ha inglobato i resti delle fortificazioni illiriche, edificate con massi di enormi dimensioni (IV sec. a.C.) (© Donata Brugioni) La testa dell’imperatore Costantino nella fortezza di Berat, e due scorci dei vicoli all’interno della cittadella (© Donata Brugioni) La chiesa di Santa Maria delle Blacherne nella fortezza di Berat (XIII sec.) (© Donata Brugioni) Santa Maria delle Blacherne a Berat: Dormitio Virginis di Nicola di Onofrio (© Donata Brugioni) Berat, quartiere ottomano (© Donata Brugioni) Veduta di Gjirokaster (© Donata Brugioni) Veduta della casa Zakate a Gjirokaster e una sala all’interno (© Donata Brugioni) Veduta di Kruja: in alto una delle torri della cinta muraria, a destra l’edificio del Museo Nazionale Giorgio Castriota Skanderbeg costruito in stile medievale nel 1982 (© Donata Brugioni) All’ingresso del Museo di Kruja, un rilievo rappresenta Skanderbeg con i suoi uomini (© Donata Brugioni) La statua equestre di Skandeberg in Piazza Albania a Roma (1968), opera dello scultore Romano Romanelli Veduta del Museo Nazionale di Kruja dedicato a Skanderbeg (© Donata Brugioni)