Furono Fra’ Cherubino Conzi e Fra’ Tommaso da Firenze, appartenenti all’ordine dei Frati Minori, che custodisce il Santo Sepolcro a Gerusalemme, ad avere l’idea di creare in Europa luoghi di preghiera e pellegrinaggio alternativi a quelli della Palestina. Nella seconda metà del XV secolo, infatti, le condizioni per i viaggi in Terra Santa si facevano sempre più precarie, specie dopo la caduta di Costantinopoli, che nel 1453 si era arresa dopo mesi all’assedio da parte dell’esercito Ottomano – segnando così la fine dell’Impero Romano d’Oriente – mentre Gerusalemme faceva parte ormai da due secoli del regno musulmano d’Egitto.

Intorno alla fine del Quattrocento vennero scelti tre luoghi nei quali far sorgere una Nuova Gerusalemme, situati in posizione analoga a quella dello scenario in cui si erano svolti i momenti salienti della vita e Passione di Cristo: Varallo in Valsesia, in posizione chiave su importanti percorsi di attraversamento delle Alpi, Montaione, lungo il tratto toscano della Via Francigena, e nel nord del Portogallo, Braga, punto di partenza di uno dei Cammini di Santiago (il Caminho da Geira Romana), che la collegava a Santiago de Compostela e da qui a Roma.

I Sacri Monti si articolavano in una serie di cappelle nelle quali personaggi a grandezza naturale, realizzati generalmente in terracotta, mettevano in scena gli episodi dei Vangeli, rappresentandoli con un suggestivo realismo dai toni espressionistici, che ne accentuava il pathos e li imprimeva nella mente dei pellegrini, pochi dei quali avevano la capacità e la possibilità di leggere i sacri testi.

Si deve a Fra’ Cherubino Conzi il progetto originario del complesso più grandioso, quello di Varallo, che Giovanni Testori definirà il “gran teatro montano“. L’insieme subì nel tempo una serie di modifiche e ampliamenti, fino a comprendere ben quarantacinque cappelle, in un percorso che inizia con la scena della Tentazione di Adamo ed Eva. Alle statue del complesso originario, che il pittore e scultore Gaudenzio Ferrari ideò e realizzò agli inizi del Cinquecento – figure in legno ricoperte di stucco dipinto e con capelli veri – si aggiunsero quelle in terracotta che vennero collocate nelle nuove cappelle realizzate nel corso del Seicento: all’interno di ogni cappella, i personaggi che componevano la scena avevano come sfondo gli affreschi sulle pareti, che completavano la narrazione e ne esaltavano l’effetto visivo con un forte impatto emozionale.

Tra le rappresentazioni più complesse e ricche di personaggi, spicca quella della Strage degli Innocenti, che è stata oggetto di un recente restauro. Negli anni 1588-1590, un gruppo di artisti lavorò alla realizzazione di oltre settanta terrecotte policrome a grandezza naturale: sullo sfondo affrescato da Giovan Battista della Rovere (detto il Fiamminghino), i personaggi popolano una scena il cui realismo crudo giunge fino al macabro, con bimbi strappati dalla culla sotto gli occhi delle madri e trafitti dalle spade. Sangue, disperazione, terrore, compongono quello che è stato definito come un impressionante “teatro della crudeltà”.

Alla stessa epoca si deve la creazione in Toscana del Sacro Monte di San Vivaldo, nei pressi di Montaione. Il suo ideatore, fra’ Tommaso da Firenze scelse una valle boscosa, sovrastata da un rilievo che indicò come Monte degli Olivi, mentre su una collinetta poco distante collocò il Calvario. Trentaquattro cappelle vennero erette nel corso dei primi trent’anni del Cinquecento, avvalendosi di artisti provenienti dalle botteghe fiorentine di Giovanni della Robbia e di Benedetto Buglioni: le scene della vita e Passione di Cristo sono rappresentate in una serie di grandi pannelli di terracotta dipinta, nei quali le figure si staccano dal fondo in rilievi plastici, secondo i principi rappresentativi della tradizione robbiana, inaugurata a Firenze nel Quattrocento.

Del complesso originario rimangono oggi diciassette cappelle, mentre le altre sono andate distrutte per una serie di frane che hanno interessato nei secoli la zona boscosa e scoscesa della Selva di Camporena. Lo spirito che anima le scene appare molto diverso rispetto a quelle di Varallo: la crudezza espressionistica dei gesti concitati e delle fisionomie dalla mimica esasperata si stempera nei toni pacati propri della tradizione quattrocentesca toscana, così che la drammaticità delle scene è sublimata in un’atmosfera di contenuto dolore: anche nell’Andata al Calvario, che costituisce a San Vivaldo la scena più imponente, dominano toni di mesta rassegnazione, la stessa che esprime l’intenso volto della Madonna dolente, attribuita a Benedetto Buglioni.

Nella seconda metà del Cinquecento, dopo il Concilio di Trento, il modello dei Sacri Monti come punti di riferimento devozionale riferiti alla Passione e morte di Cristo, assunse un carattere diverso e più ampio: per contrastare l’influsso della Riforma protestante, che si faceva sentire soprattutto in Italia settentrionale, venne creata una serie di Sacri Monti dedicati al culto mariano e di vari santi. Fu soprattutto il vescovo di Milano, Carlo Borromeo, a sostenere questo progetto, promuovendo l’ampiamento del Sacro Monte di Varallo e incoraggiando la nascita di altri complessi analoghi, un’operazione che si protrasse per tutto il Seicento e fino alla prima metà del XVIII secolo. In totale furono realizzati nove Sacri Monti, sette dei quali si trovano in Piemonte – Varallo, Crea, Orta, Oropa, Domodossola, Ghiffa e Belmonte – e due in Lombardia, a Ossuccio e Varese.

Figure di spicco della tradizione artistica lombarda tardo-rinascimentale e barocca – pittori, scultori, architetti – parteciparono alla creazione di questi luoghi della fede. La loro posizione, sempre dominante da un’altura sul paesaggio circostante, fa sì che per raggiungerli il visitatore debba «seguire un percorso fisico e spirituale, un pellegrinaggio attraverso un itinerario simbolico di stazioni monumentali che rendono sacro lo spazio naturale. Oltre ad essere luoghi dell’anima, dunque, i Sacri Monti sono anche frutto di un grandioso progetto di sacralizzazione del paesaggio e risultano straordinariamente integrati nella natura circostante composta da foreste, laghi e colline», come illustrato nella presentazione del sito dedicato ai Sacri Monti di Piemonte e Lombardia.

Dichiarati dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità nel 2003, oggi i Sacri Monti di Piemonte e Lombardia sono al centro del progetto del Devoto Cammino dei Sacri Monti: settecento chilometri da percorrere a piedi, in bici o a cavallo seguendo vie di Peregrinatio – come quella che unisce i Sacri Monti di Varallo e Orta – da secoli utilizzate dalle popolazioni delle vallate. L’obiettivo è quello di comporre un Cammino che unisca i sette Sacri Monti del Piemonte e che, utilizzando l’antico traghetto sul Verbano, si spinga verso quelli lombardi di Varese e Ossuccio, fino al Santuario della Madonna del Sasso. Un lungo percorso che si snoda attraverso contesti di grande valore paesaggistico, ambientale, storico-artistico e devozionale: intersecandosi con famose vie medievali, come la via Francigena e il Cammino di San Bernardo, il Devoto Cammino dei Sacri Monti tocca ben venti luoghi o contesti che l’Unesco ha dichiarato Patrimonio dell’Umanità.

Dettagli

Didascalie immagini

  1. Il Sacro Monte di Varallo in una veduta aerea (fonte)
  2. Sacro Monte di Varallo: Cristo che sale al Calvario (Gaudenzio Ferrari) 
    (fonte
  3. Sacro Monte di Varallo: Ecce homo [particolare] 
    (fonte)
  4. Sacro Monte di Varallo: La strage degli Innocenti (fonte) / Sacro Monte di Varallo La strage degli Innocenti [particolare] (fonte)
  5. San Vivaldo: Veduta di alcune cappelle (delle Pie Donne, della Madonna dello Spasimo e dell'Andata al Calvario) del complesso del Sacro Monte 
    (fonte)
  6. San Vivaldo. Via dolorosa (Cappella dell'Andata al Calvario) attribuita a Agnolo di Polo 
    (fonte)
  7. San Vivaldo: Madonna dolente (Cappella dell'Andata al Calvario), attribuita a Benedetto Buglioni 
    (fonte
  8. Il Sacro Monte di Belmonte, l'ultimo in ordine di tempo, fu realizzato nella seconda metà del XVIII secolo 
    (fonte
  9. Mappa del Devoto Cammino dei Sacri Monti 

in prima pagina:
Veduta del Sacro Monte di Varallo 
[particolare]
(fonte)

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Dove e quando

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