Secondo un’antica leggenda tahitiana, vivevano nel profondo oceano delle ostriche perlifere e, una notte di plenilunio, alcuni raggi d’argento, non si sa come, riuscirono a penetrare l’oscurità degli abissi e arrivarono fino alla sabbia del fondale marino.
Attratte da quella luce sconosciuta, le ostriche iniziarono a salire fino alla superficie e non si sa neppure come la risacca delle onde riuscì ad aprire le temerarie conchiglie, di un’inezia, ma sufficiente alla Luna per avvolgerle, una a una, con la “rugiada celeste”.
Con il tempo, quella goccia di rugiada cominciò a brillare dentro l’ostrica e la piccola perla iniziò a crescere assumendo colorazioni cangianti: verde, oro, grigio, rosa, giallo, azzurro e nacquero così le perle nere della Polinesia Francese.
Se esistono in tutto il mondo credenze popolari che hanno attribuito, e in certe località ancora conferiscono alle perle poteri soprannaturali dalla guarigione al filtro d’amore, è certa l’impossibilità di uscire indenni dall’incanto delle perle nere se si entra in contatto con esse. Ne basta una di qualità per farsi catturare da quel fascino indescrivibile, quasi mistico, ma non bisogna dimenticare che vivono e possono morire molto più facilmente di quanto si immagini (parliamo di quelle rare, a Papeete, oltre al museo e negozi specializzati, ne trovate di tutti i tipi, ma fate attenzione alla paccottaglia per turisti da pagare come tale).
Prodotte dall’ostrica a labbra nere Pinctada Margaritifera in tutto l’arcipelago della Polinesia Francese, questa ostrica può raggiungere – anche se in rarissimi casi – i trenta centimetri di lunghezza per un peso massimo di cinque chili permettendo la produzione di perle con diametri elevati con record registrato di ventuno millimetri.
Solitamente il mollusco misura dai dodici ai venti centimetri e può produrre perle da otto a diciassette millimetri. Le ostriche vengono raccolte quando sono ancora allo stadio planctonico e le larve galleggiano liberamente. Vengono scelte le più belle non appena raggiungono due centimetri per poi allevarle fino all’età adulta nelle colture di circa due anni. Prodotte da un mollusco vivente in ambiente naturale, la secrezione della madreperla avviene per strati depositati uno sull’altro così la perla rifletterà la struttura stessa della madreperla.
Agli inizi del Ventesimo secolo, prima avessero inizio i primi allevamenti, queste ostriche erano molto ricercate per la loro conchiglia dallo splendido “nacre” essendo la madreperla a venire usata per creare gioielli. La coltura delle perle di Tahiti ebbe inizio ben più tardi rispetto alle altre perle e fu Jean Marie Domard che nel 1960 sperimentò le tecniche di coltivazione “giapponese” sulle ostriche a labbra nere.
Due anno dopo riuscì a nucleare cinquemila ostriche Pinctada Margaritifera e nel 1965 raccolse più di tremila perle di altissima qualità. Nonostante siano note come Perle di Tahiti in realtà l’omonima isola è solanto il centro commerciale dell’arcipelago, attualmente non vi sono allevamenti di ostriche a labbra nere sull’isola in quanto le coltivazioni si estendono da est – nelle isole Gambier dell’arcipelago della Polinesia Francese – fino a ovest nelle isole della Micronesia.
Le perle di Tahiti sono uniche per il loro colore nero naturale, sono le sole perle di coltura naturalmente scure anche se non esistono in natura perle assolutamente nere e le tinte variano dal grigio all’argento, dal verde pavone al bronzo, dal rosa al melanzana.
Tutte diverse una dall’altra non solo per colorazione, ma anche per la forma, ci vuole tanto tempo e infinita pazienza per trovarne due adatte a un paio di orecchini… la difficoltà è sceglierne solo due.
Purtroppo anche questo pilastro dell’economia polinesiana deve fare i conti con i cambiamenti climatici: se si consedera anche l’indotto, sono oltre ottomila Ie persone impegnate a tutti i livelli e la costante presenza umana impedisce, a certi atolli, di essere scarnificati dalle migrazioni. Inoltre anche la Polinesia francese non è immune dal riscaldamento globale e il governo ha posto in essere un programma di ricerca permanente con l’intera filiera perlifera per monitorare l’aumento delle temperature e l’acidificazione delle acque, i peggiori nemici del delicatissimo processo. Un ecosistema fragile quanto esile, incapace di arrivare al termine e facilmente aggredibile dalle diverse malattie.
Didascalie immagini
- Lo schermo illustra che manca davvero poco all’atterraggio. Arrivare a Papeete è sempre emozionante
- Nonostante in quel momento il sole non splenda, la bellezza fuori dall’oblò toglie il respiro
- Uno splendido esemplare di perla nera
- Le sei forme che suddividono le perle nere polinsiane
– Cerchiata
– Barocca
– A goccia
– A bottone
– Quasi rotonda
– Rotonda (solo quelle sferiche e senza imperfezioni a occhio nudo, con lustro brillante e dai riflessi a specchio, rarissime, vengono poi selezionate AAA per l’alta gioielleria) - Anche se nessuna potrà mai essere identica a un’altra, i cinque colori che suddividono le perle nere polinesiane sono:
– Argento
– Verde
– Blu
– Melanzana
– Pavone - Pinctada Margaritifera – con una valvola a guscio rimossa – mostra l’anatomia generale e la perla coltivata all’interno dell’organo chimerico dove vi sono:
AM, muscolo adduttore
NC, zona madreperlaceo
G, branchie
B, bisso
M, mantello
PS, sacco perlato
courtesy/copyrigh Nature Research (fonte) per approfondimento scientifico - Tessuti colorati e morfotipi di Pinctada Margaritifera originari della Polinesia francese. Da sinistra a destra: il nero wild type, albino bianco e morfotipi rosso arancio. Le barre della scala rappresentano ciascuna venti millimetri
courtesy/copyrigh Nature Research (fonte) per ulteriore approfondimento - Splendidi esemplari di perle polinesiane, dai colori abbaglianti e i riflessi a specchio, capaci di togliere il respiro. I prezzi sono inarrivabili però, se sarete capaci di rinunciare a una giornata di mare per cercare – temerariamente – perla di grande diametro perfetta in una sola semisfera, poi avrete un anello… abbacinante!
- Non esistendo perle identiche, la difficoltà di sceglierne due per un paio di orecchini richiede ore. Per una collana di quarantacinque centimetri la selezione media è su ventimila esemplari omogenei.