Una delle quattro montagne sacre cinesi, sito del patrimonio dell’umanità Unesco, il monte Emei Shan è alto 3099 metri e si trova a centocinquanta chilometri a sud di Chengdu, la capitale dello Sichuan. Arrivarci non è semplicissimo, ma fattibile anche dai non giovanissimi purché gestendo senza fretta l’ascensione per la fatica maggiorata dal caldo umido.

Una volta raggiunta la vetta, il pensiero va immediatamente al tramonto e alla speranza di poter vivere l’esperienza della 佛光 “luce di Buddha” fenomeno ottico prodotto dalla rifrangenza chiamato “gloria” e difficilissimo da riuscire a osservare. Visibile in direzione opposta al sole, appare quando la luce, bassa sull’orizzonte, viene riflessa da una nuvola formata da microscopiche gocce d’acqua e l’ombra di chi osserva (Spettro di Brocken) si proietta deformata sulla stessa nuvola. Il risultato è l’illusione di un ingrandimento dell’ombra a volte contornata da cerchi concentrici e colorati nella parte più alta della figura. Un effetto definibile semplicemente magico.

La dimensione angolare dipende dal diametro delle goccioline e varia dai 5° ai 20°. L’ingrandimento osservato è apparente in quanto la superficie delle nuvole, relativamente vicine, viene giudicata alla stessa distanza degli oggetti al suolo (osservabili fra una nube e l’altra) anche se molto più lontani. Il fenomeno può apparire in volo con l’ombra proiettata dall’aereo circondata dal “gloria”. Al monte sacro, però, spiritualità e natura rendono l’esperienza mistica.

Al di là da qualsiasi lettura religiosa, Emei Shan è un luogo dove la mente trova pace, magari sugegstionata dalla vista circostante, ma autentica. Forse per questo la montagna è divenuta meta di pellegrinaggi, un’area di eccezionale portata culturale, la prima località cinese dove fu eretto un tempio buddista nel Primo secolo poi chiamato il tempio di Guangxiang, mentre l’attuale nome di Huazang risale al 1614.

L’aggiunta di oltre trenta templi tra cui il wanniano del Quarto secolo contenente il Buddha in bronzo puxiano del Decimo secolo alto 7,85 metri, il complesso del padiglione Qingyin formato da torri e piattaforme risalenti all’inizio del Sesto secolo e ancora: il tempio Baoguo dei primi anni del Diciassettesimo secolo e il giardino Ligou (tempio Fuhu) trasformarono la montagna in uno dei siti più sacri del buddismo.

Inoltre, con mezz’ora di taxi, si raggiunge il Buddha gigante di Leshan: alto settantuno metri, scolpito nell’Ottavo secolo sul fianco di una collina del Xijuo Peak, domina la confluenza di tre fiumi ed è la più grande scultura buddista al mondo in una zona con vegetazione eccezionalmente diversificata, dalle foreste sempreverdi subtropicali alle pinete subalpine,

Alcuni alberi hanno più di mille anni e il monte Emei è anche famoso per il verde di un’area complessiva di quindicimilaquattrocernto ettari se si somma quella confinante di Leshan. La natura nell’espressione del bello, dove l’elemento umano è stato integrato con abilità e delicatezza.
Difficile a crederlo, ma, dalla vetta, si percepisca fortemente il privilegio di quelle visioni. Alcuni monaci dei templi a volte parlano di fedeli che, dopo essersi beati di misticismo, si sono buttati nel vuoto.

Le infinite prospettive, come le nuovole in basso, di un paesaggio variabile anche secondo le stagioni, con improvvise cascate d’acqua, ma è stupefacente l’arrivo improvviso di una perturbazione che ammanta tutto con una fitta nebbia. Una meta da scoprire per scoprirsi.

Didascalie immagini © Cinzia Colzi
in esclusiva per questo articolo

  1. un percorso per Emei Shan
  2. veduta del Emei Shan
  3. una delle infifinite tipologie di vegetazione durante il cammino
  4. la vetta del Emei Shan
  5. la parte superiore del Buddha gigante di Leshan
  6. scale, scale, e ancora scale da salire
  7. la vetta del Emei Shan avvolta dalla nebbia

In copetrina
Emei Shan: la magia delle nuvole in basso