Nel centro antico della città croata di Dubrovnik, quella che per secoli fu Ragusa, sulla piazza della Loggia (Luža), cuore della vita civile e religiosa della città, sorge un pilastro al quale è addossata la statua di un guerriero medioevale. Si tratta del paladino Orlando, che la leggenda vuole abbia difeso la città nel IX secolo, liberandola dall’assedio dei saraceni che durava da oltre un anno; in realtà, la statua di Orlando nel XIV e XV secolo era usata come simbolo delle città poste sotto la protezione del regno Ungaro-croato. Il pilastro culmina con una piattaforma dalla quale venivano comunicate alla popolazione tutte le disposizioni governative, leggi e sentenze capitali.

La statua di Orlando aveva anche un’importante funzione, in un centro che viveva di commerci e scambi: la lunghezza dell’avambraccio del paladino che sostiene la spada (cm 51,2) fu adottata come unità di misura ufficiale della città-stato, con la denominazione di braccio raguseo. Opera di Bonino da Milano, la statua di Orlando sorveglia dal 1418 la vita cittadina alzando al cielo la spada sguainata, la mitica Durlindana; in quell’epoca Ragusa si era ormai da tempo resa indipendente dalla Repubblica di Venezia, il cui dominio durato un secolo e mezzo si era concluso nel 1358.

Agli inizi del XV secolo nasceva la Repubblica di Ragusa, aristocratica e indipendente, con una Costituzione modellata su quella di Venezia, governata da un Rettore affiancato da un Consiglio; uno stato autonomo a tutti gli effetti, con una propria moneta e una propria bandiera, sulla quale figurava il patrono San Biagio. La storia della Repubblica si concluse ufficialmente solo nel 1808, quando la città era da due anni occupata dalle armate napoleoniche. Il palazzo in cui i Rettori risiedevano per la durata della carica (un mese) e nel quale si esercitava il governo della città, fu eretto in belle forme gotiche nel 1435; qui si tenevano le cerimonie pubbliche e si ricevevano le personalità più eminenti che provenivano dall’estero.

In seguito al rapido sviluppo e grazie alla crescente ricchezza della città, nel 1465 fu aggiunto al palazzo l’elegante loggiato a sei arcate, su disegno del fiorentino Michelozzo Michelozzi, al quale si debbono anche alcuni dei capitelli riccamente scolpiti: nell’ultimo a destra è raffigurato il laboratorio di un alchimista, in un affollarsi di personaggi e strumenti che si contendono l’esiguo spazio; forse un omaggio alla passione per l’alchimia che aveva accomunato Cosimo I de’ Medici e Michelozzo, che a Firenze era stato il suo architetto prediletto, e al quale Cosimo aveva affidato la costruzione della propria residenza in Via Larga.

Capolavoro di architettura militare, la cinta muraria che racchiude il centro dell’antica Ragusa, lunga quasi due chilometri e con un’altezza che in alcuni tratti raggiunge i venticinque metri, fu realizzata in fasi successive nel corso di alcuni secoli, mentre le quindici torri massicce (dodici rotonde e tre quadrate) che ne costituiscono il più importante elemento difensivo, furono edificate fra il XIV e il XV secolo, quando la città visse l’epoca di maggior splendore. Sopra la Porta di Pile, ingresso principale dalla parte di terra, la statua di San Biagio benedicente è sovrastata da una serie di aperture dalle quali spuntano le bocche dei potenti cannoni, che tacquero ormai inermi quando nel 1806 Napoleone I varcò la soglia per percorrere il lungo Stradùn, l’ampia via principale che termina davanti alla Colonna di Orlando. Come la maggior parte della città, le mura subirono gravi danni in occasione di terremoti, il più rovinoso dei quali, nel 1667, provocò oltre cinquemila morti. L’assetto urbano così come lo vediamo oggi, con una serie ordinata di vie parallele che confluiscono nell’asse principale dello Stradùn, è frutto della ricostruzione successiva – finanziata col contributo del Papato e dei regni di Francia e Inghilterra – che dette alle architetture civili e religiose del centro l’impronta barocca.

Nei secoli XV e XVI Ragusa costituì la porta d’accesso ai Balcani e all’Oriente, luogo di commercio di metalli pregiati (argento, rame), sale, spezie e cinabro, da cui si estraeva il mercurio, che secondo le teorie alchemiche medioevali rappresentava l’elemento primario da cui tutti gli altri derivano; da Firenze e dalle Fiandre provenivano i tessuti pregiati che venivano scambiati con le sete e i broccati orientali. Con un territorio che si riduceva a una sottile striscia costiera, alle cui spalle premevano il Regno d’Ungheria e l’immenso Impero Ottomano, Ragusa riuscì a conservare la propria indipendenza per quattrocentocinquanta anni grazie ai trattati economici stipulati con gli ingombranti vicini e a una rete di rapporti diplomatici che vantava cinquanta consolati in tutte le aree interessate dagli scambi commerciali degli intraprendenti e abili mercanti e armatori ragusei (da Varna sul Mar Nero a Costantinopoli e da Alessandria d’Egitto fino a Marsiglia).

La Repubblica di Ragusa difese strenuamente e orgogliosamente la propria libertà e la “franchisia”, il diritto d’asilo: ne usufruirono non solo numerosi principi balcanici spodestati, ma anche Sigismondo Malatesta, signore di Rimini, sconfitto dalle truppe di papa Pio II, e nel 1512 Pier Soderini, ultimo Gonfaloniere della Repubblica di Firenze, prima della definitiva ascesa al potere dei Medici. Mentre furono burrascosi i rapporti con la Chiesa Ortodossa, fra conversioni forzate ed espropri di beni, la città accolse nel XVI secolo una numerosa colonia di ebrei sefarditi, in fuga dalla Spagna; in un’Europa percorsa da guerre sanguinose, Ragusa riuscì a rimanere neutrale, conservando totale autonomia anche nella politica estera a livello mondiale, tanto che nel 1776 fu il primo stato a riconoscere ufficialmente i neonati Stati Uniti d’America.

In una città ricca e aperta ai rapporti con il mondo, una cerchia di umanisti e intellettuali dette vita a una cultura articolata, che si esprimeva nell’architettura, nella scienza e nella letteratura, mescolando elementi latini e influssi orientaleggianti, in una sinergia del tutto peculiare. Lo splendido chiostro del convento dei Frati Minori, edificato agli inizi del XIV secolo, è un esempio dell’architettura ragusea in stile romanico-gotico, in cui le coppie di sottili pilastri ottagonali conferiscono slancio all’impianto massiccio delle arcate. Sul chiostro si apre la farmacia dei monaci, una delle più antiche d’Europa, fondata nel 1317. Della chiesa rimane il portale di accesso sullo Stradùn sormontato da una Deposizione del 1499, opera di maestri locali in stile gotico fiorito.

L’ingresso della chiesa dei Domenicani, situato in cima a una ripida scalinata, è in una posizione insolita, a ridosso delle mura in una sorta di profonda trincea a poca distanza dall’antico porto fortificato. Il chiostro dell’attiguo convento, realizzato intorno alla metà del XV secolo dal fiorentino Maso di Bartolommeo, deve l’impianto architettonico già rinascimentale agli influssi della cultura toscana fortemente radicata in città – sono gli anni in cui Michelozzo era impegnato nella costruzione delle torri che rafforzavano il sistema difensivo delle mura – mentre nelle eleganti trifore si afferma il decorativismo del gotico fiorito di impronta veneziana.

Dal cammino di ronda, percorribile in tutta la sua lunghezza, si offre al visitatore la visione dall’alto dell’antico centro cittadino: il rosso vivo delle tegole di recente fattura che coprono la maggior parte dei tetti, fa comprendere quanto le distruzioni operate dalle oltre duemila bombe che piovvero su Dubrovnik durante la guerra del 1991-92 siano state vaste e pesanti. È questo uno dei pochi segni rimasti, tutto è stato ricostruito ancora una volta con cura e passione, usando come nei tempi passati la chiara pietra d’Istria, che conferisce alle superfici delle facciate e ai rilievi che le ornano, la grazia luminosa degli avori antichi.

Didascalie immagini

  1. Dubrovnik: La cosiddetta Colonna di Orlando sulla Piazza della Loggia, con la statua del Paladino che mostra la spada sguainata, opera di Bonino da Milano (1418). Sullo sfondo la chiesa di San Biagio, in stile Barocco veneziano (1708-1715)
    (© Donata Brugioni)
  2. Dubrovnik: Veduta del Palazzo dei Rettori
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  3. Il capitello nel loggiato del Palazzo dei Rettori che raffigura il laboratorio di un alchimista
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  4. Sopra la Porta di Pile, principale accesso alla città vecchia di Dubrovnik dalla parte di terra, figura una statua marmorea del patrono San Biagio
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  5. Veduta dall’alto delle mura dello Stradùn, la via principale che attraversa tutto il centro, aperta dopo il rovinoso terremoto del 1667
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  6. Nel chiostro del convento dei Frati Minori, un dipinto mostra la ricostruzione della città dopo il terremoto del 1667
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  7. Il chiostro romanico-gotico del convento dei Frati Minori e il portale della chiesa di San Francesco con una Deposizione tardo-gotica, opera di maestri locali
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  8. Il convento dei Domenicani, addossato alle mura che proteggevano il vecchio porto, ha un bel chiostro della metà del XV secolo, opera del fiorentino Maso di Bartolommeo
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  9. Vedute di Dubrovnik dal cammino di ronda sulle mura 
    (© Donata Brugioni)

IN COPERTINA
Veduta del porto vecchio di Dubrovnik