L’idea del Medioevo che tanto cinema ha consegnato all’immaginario collettivo è di austera sobrietà con luoghi di culto spogli e disadorni o cupi come la paura dell’inferno, ma più verosimilmente le ingiurie del tempo hanno risparmiato ben pochi pigmenti, un po’ come i templi che siamo abituati a vedere e immaginare con i colori della pietra grezza, mentre è ormai certo che in origine avevano tinte vivaci.

© 2021 foto Andrea Mancaniello
L’idea di pareti rigorosamente nude contrasta con l’esigenza del celebrante di indicare immagini dipinte al popolo analfabeta e un po’ come in ambito spagnolo era di uso comune il retablo – in Italia prese campo in Sardegna, dove se ne conservano splendidi esempi – nello Stivale sorsero monasteri e abbazie affrescate; scrigni sublimi di un ‘colorato’ Medioevo siti in gran parte in Abruzzo – dove San Benedetto da Norcia nel VI secolo estese il suo Ordine – come l’Oratorio di San Pellegrino, che ne è uno splendido esempio.

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Edificato nel 1263 a fianco della chiesa di Santa Maria Assunta a Bominaco, sull’altopiano di Navelli, l’Oratorio fu dipinto da tre frati benedettini di cui non conosciamo il nome, ma che per convenzione sono definiti Maestro della Passione, Maestro dell’infanzia e Miniaturista. Tra ritratti di santi, come il gigantesco san Cristoforo ritenuto di buon auspicio, ed episodi della vita di Cristo spicca il calendario diviso in due semestri, con fasi lunari e segni zodiacali a sovrastare ogni mese con i suoi santi.

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Vista la buona conservazione di gran parte degli affreschi, San Pellegrino rappresenta uno dei cicli pittorici più importanti dell’epoca, interessanti anche per le idee espresse, come il canone del Cenacolo bizantino col Cristo a capo tavola e solo undici apostoli seduti con Lui, mentre Giuda è ritratto piccolo sul davanti a renderne palese la bassezza morale. L’accesso a questi luoghi dopo il terremoto è subordinato a iniziative locali, necessario perciò un contatto preventivo per assicurarsi la visita.

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Zona sismica tra le più ‘attive’ d’Italia, l’Abruzzo è stato colpito ripetutamente nel corso dei secoli e qualcosa di buono – per quanto indelicato da dirsi – è stato prodotto dalla scossa del 24 febbraio 1904 con epicentro a Magliano dei Marsi; la splendida Abbazia benedettina dell’XI secolo di Santa Maria in Valle Porclaneta, nella frazione di Rosciolo dei Marsi, vide crollare al suo interno il barocco che nel tempo vi era stato malauguratamente sovrapposto riportando il luogo al suo splendore originale.

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Gioiello nascosto nei boschi dove il pascolo dei bovini la fa da padrone, l’Abbazia conserva splendidi frammenti affrescati sulle pareti, ma è certo la parte scultorea ad attirare maggiore attenzione. A tre navate, la chiesa è divisa a metà da un’iconostasi decorata con bassorilievi che ritraggono animali selvaggi e presenta nella parte anteriore un ambone con motivi di ispirazione araba, firmato su un’iscrizione datata 1150 dai mastri scultori Roberto di Ruggero e Nicodemo da Guardiagrele.

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A pianta quadrata su quattro pilastri ottagonali, l’ambone ha rappresentato sul parapetto della scaletta di accesso Giona inghiottito dalla balena e riparato all’ombra dopo l’uscita dal ventre del pesce tre giorni dopo, richiamo a morte e resurrezione di Gesù in quei ben più famosi tre giorni; un tema questo che si ritrova identico anche nella chiesa di Santa Maria del Lago a Moscufo, testimonianza del fatto che gli artisti – come i monaci pittori – giravano prestando la propria opera un po’ dappertutto.

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L’Abruzzo è una regione ricchissima di pregevoli opere d’arte ancora poco conosciute ed estranee ai circuiti canonici del turismo di massa, anche per questo è una gioia andare sul territorio a scoprirle e poterne godere privi di affollamento. Senza nessuna pretesa di essere esaustivo, nell’ambito di capolavori databili dal Trecento al Cinquecento vanno citati anche i cicli pittorici di Santa Maria ad Crypthas a Fossa (AQ) e Santa Maria di Ronzano, frazione di Castel Castagna (TE).

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Questi gioielli bizantini d’Abruzzo scelti del tutto arbitrariamente su un vasto territorio che ha molto da offrire, spesso penalizzati da carenza di risorse ed estraneità a una competenza statale e quindi fuori da qualsiasi gestione museale, siano incentivo alla voglia di scoperta per chi è pronto a mettersi in viaggio.