Algeri la Bianca, questa splendente apparizione che accoglie, all’alba, le navi che arrivano in porto” (Le Corbusier)

Per chi arriva dal mare, Algeri si dispiega come un bianco ventaglio aperto verso il golfo e orlato dalle arcate che racchiudono il porto, diramandosi dal nucleo della Casbah arroccata sulle alture, cuore della città fin da tempi remoti: nel X secolo, quando Algeri fu fondata, qui esisteva già a dominare il golfo una fortezza, forse di origine fenicia. Il nome Algeri derivò dagli isolotti (al-jaza’ir in arabo) presenti nella baia, inglobati in seguito nel molo costruito per ampliare quello che era divenuto uno dei porti più frequentati del Mediterraneo.
1 il porto di algeri visto dalla casbah foto donata brugioni
Nell’orbita dell’impero ottomano da metà del Cinquecento, il suo governatore (il dey) godeva di notevole autonomia, e Algeri divenne una città-stato che si arricchiva con i commerci e la pirateria, largamente praticata in tutto il bacino del Mediterraneo da parte dei numerosi e variegati popoli che lo frequentavano; spesso velatamente – ma non poi tanto – i pirati agivano per conto o almeno con l’avallo di una delle grandi potenze, Francia e Spagna, che si contendevano il dominio del mare, e in questo modo “trasversale” indebolivano e mettevano in difficoltà i commerci della concorrenza.
2 una fortezza di epoca ottomana chiude il vecchio porto di algeri foto donata brugioni
Per la sua posizione chiave, Algeri divenne molto potente e molto ambita, finendo col dover capitolare nel 1830 all’invasione dei francesi, che la attaccarono dal mare e con truppe di terra sbarcate sulla costa a poca distanza dalla città; da qui iniziò  la conquista francese dell’Algeria, che all’epoca faceva ancora parte dell’Impero Ottomano. Il dominio francese, destinato a durare oltre 130 anni, ha segnato profondamente l’assetto urbanistico e l’aspetto complessivo della città: nella seconda metà dell’Ottocento, i centri storici di molte città europee subirono grandi sventramenti e demolizioni, condotti con mano pesante nell’intento di risanare zone fatiscenti e migliorare la viabilità – ma anche per garantire la sicurezza pubblica in aree che rappresentavano veri e propri mondi a parte, dove regnavano le leggi non scritte della miseria e della malavita.
3 edifici di epoca coloniale si affacciano sulle banchine del porto foto donata brugioni
Un metodo drastico, e sbrigativo, con il quale il Barone Haussmann – politico e urbanista, che per i suoi meriti ricevette  da Napoleone III il titolo nobiliare – diede un nuovo volto alla Parigi del Secondo Impero, imprimendole l’aspetto che ancora oggi contribuisce al suo fascino: le facciate color crema e i tetti ricoperti di lastre di piombo, le cui sfumature grigie si confondono con quelle di un cielo che nelle parole di Charles Baudelaire “pesa come un coperchio” sulla città. Lo stile architettonico che caratterizzò i nuovi quartieri voluti da Haussmann venne “esportato” per la realizzazione del quartiere europeo di Algeri, destinata diventare una città francese a tutti gli effetti, la seconda città di Francia; il corso della storia, innalzò Algeri al ruolo di capitale francese negli anni dal 1942 al 1944, quando la Francia e anche Parigi erano occupate dai Nazisti.
4 lo stile haussmann trapiantato ad algeri foto donata brugioni
L’aspetto della città coloniale che si distende ai piedi della Casbah porta il segno dello “stile Haussmann”: hanno un effetto del tutto straniante i cornicioni, le volute e gli elementi decorativi – così intrinsecamente “parigini” – trasferiti sulle superfici imbiancate a calce, nel fulgore della luce mediterranea che appiattisce le ombre, sotto l’azzurro del cielo. In cima a un colle alle spalle della città, spicca  la mole della cattedrale cattolica di Notre-Dame d’Afrique, costruita a partire dal 1855 nello stile neobizantino che avrebbe improntato, venti anni più tardi, la parigina basilica del Sacré-Coeur a Montmartre.
5 la cattedrale di notre-dame d afrique vista dal lungomare foto donata brugioni
Nell’immaginario collettivo, il nome di Algeri suscita piuttosto visioni della sua Casbah, con le ripide scalinate che scendono verso il porto e l’intreccio di vicoli e passaggi oscuri serrati tra alte muraglie, dove portoni costantemente sbarrati proteggono un mondo impenetrabile per chi non ne possiede le chiavi. Muri dietro i quali i pittori orientalisti di fine Ottocento immaginavano scene di decadente sensualità, con la seduzione e il profumo di paradisi a volte intravisti, a volte solo fantasticati.
6 bellezze d altri tempi nella bottega di un artigiano nella casbah foto donata brugioni
Una visione destinata a durare a lungo: negli anni Trenta del Novecento, l’attore francese Jean Gabin, in una delle sue interpretazioni più famose, vestiva i panni del romantico fuorilegge Pépé le Moko (il bandito della casbah), tramandando l’immagine mitica e seducente di un luogo ricco di fascino segreto; un volto ben diverso, quello svelato al mondo nel 1966, quando il regista Gillo Pontecorvo vinceva il Leone d’oro alla mostra del Cinema di Venezia con la sua cruda e toccante Battaglia di Algeri, in cui la Casbah e il suo popolo erano i protagonisti della nascita di una nazione.
7 vita nella casbah foto donata brugioni
Oggi, dopo un lungo periodo di decadenza e abbandono, la Casbah El-Mahroussa, “la ben custodita”, riceve nuove attenzioni ed è in corso un’opera di recupero e restauro di molte sue parti: il riconoscimento di cuore dell’identità storica della città stessa ha dato impulso alla tutela e conservazione di questo straordinario nucleo articolato di edilizia tradizionale, comprendente palazzi, hammam, moschee e souk. Inserita nella lista dei siti Patrimonio dell’Umanità fino dal 1992, nonostante i danni prodotti nel tempo dall’incuria e dai terremoti su edifici fragili per la loro stessa natura, la Casbah è ancora tenacemente vissuta da oltre cinquantamila abitanti.
8 al culmine della casbah il palazzo del dey foto donata brugioni
Il grande architetto Le Corbusier, che definì la Casbah di Algeri “la città più poetica per chi la sappia guardare”, e che negli anni Trenta del Novecento offrì più volte la sua collaborazione alle autorità francesi per la ristrutturazione della città, presentando progetti straordinariamente innovativi anche dal punto di vista concettuale, invariabilmente rifiutati, ha lasciato un’immagine della Casbah vista con gli occhi del cuore: “È in consonanza con la natura, poiché da ogni casa, dalla terrazza – e queste terrazze, sommate, formano come una magica scalinata discendente verso il mare – si vedono lo spazio, il mare. Al tramonto del sole, tutte le donne, tutti i bambini, ricoprono la città con un miscuglio di colori”. (Le Corbusier, Le folklore est l’expression fleurie des traditions).

 

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