“Qui sul Renon stiamo divinamente bene ed il posto è bellissimo. Ho scoperto in me il piacere inesauribile del dolce far nulla, temperato appena da un paio d’ore dedicate alla lettura di qualche novità e non posso pensare che l’inizio del prossimo mese riporterà con sé del duro lavoro”.

Sigmund Freud, il grande studioso viennese padre della Psicoanalisi, scrisse queste parole al collega Carl Gustav Jung nel settembre 1911, quando si trovava con la famiglia presso l’Hotel Post di Collalbo, sull’altopiano del Renon che domina la conca di Bolzano. Qui Freud trascorse due mesi durante l’estate, e nonostante il decantato piacere del “dolce far nulla”, durante il soggiorno sul Renon scrisse il primo dei quattro saggi che compongono Totem e Tabu; un testo fondamentale nel quale si affrontano con gli strumenti della psicoanalisi i temi delle culture tribali e animiste – che gli etnologi dell’epoca iniziavano a studiare scoprendone la complessità e profondità. In ricordo del soggiorno del celebre personaggio a Freud è stato intitolato un sentiero, la Freud Promenade, che unisce Soprabolzano a Collalbo: una serie di pannelli con citazioni da lettere e testi del maestro accompagna e fornisce spunti di riflessione a chi percorre il sentiero, che si snoda per circa cinque chilometri in parte attraverso boschi di larici e faggi, in parte spaziando con ampie vedute sulle Dolomiti al di là della valle dell’Isarco.

Il lungo soggiorno della famiglia Freud non appare cosa insolita per un’epoca in cui la “villeggiatura” delle classi agiate comportava quasi un trasloco, e durava in genere l’intera stagione. In quegli anni il Renon era un luogo molto frequentato, e insieme con Merano costituiva una delle mete privilegiate per il suo il clima soleggiato, posto com’era nel territorio più meridionale dell’impero austro-ungarico: da pochi anni era inoltre facilmente raggiungibile grazie alla nuova ferrovia a cremagliera – inaugurata nel 1907 – che dalla centralissima piazza Walther di Bolzano, superando un dislivello di quasi mille metri, raggiungeva l’altopiano. Oggi da Bolzano si sale rapidamente al Renon con una veloce funivia, e del tracciato ferroviario originario rimane in esercizio solo il tratto che attraversa l’altopiano da Maria Assunta fino a Collalbo; per alcune corse vengono ancora utilizzate le vecchie carrozze in legno, conservate amorevolmente e restaurate, e i 110 anni della ferrovia sono stati solennemente celebrati nell’estate 2017 con una serie d’iniziative e una mostra.

La strada che collegava l’altopiano con il capoluogo esisteva da tempo immemorabile: fin dall’antichità la via che conduceva a Roma passava da qui, perché la stretta valle del fiume Isarco non era praticabile per carri e cavalli. Dal Renon transitarono per tutto il Medioevo i cortei dei sovrani germanici che si recavano a Roma per essere incoronati sul trono del Sacro Romano Impero, e questo meritò alla scomoda, ripida e sassosa carrareccia, l’altisonante nome di Strada degli Imperatori.

Per chi proveniva da nord, la salita terminava con una stretta forcella – il passo Ulrich – superata la quale si aprivano agli occhi dei viaggiatori le ondulate praterie dell’altopiano. In questo punto dì accesso, a Longomoso, fu fondato agli inizi del XIII secolo un ospizio per i pellegrini, divenuto dal 1235 una sede dell’ordine dei Cavalieri Teutonici, una “Commenda”, fortificata e collegata alla chiesa parrocchiale, consacrata nel 1225 a Maria Assunta. La chiesa conserva ancora oggi l’aspetto originario, con il portale d’ingresso e il campanile romanici, mentre l’interno è rischiarato dalle grandi finestre di una luminosa abside gotica; il grande edificio della Commenda, incendiato e distrutto durante una rivolta contadina nel Cinquecento, fu ricostruito nel corso del secolo successivo e dotato di ambienti di rappresentanza riccamente allestiti, decorati con stucchi, pitture parietali su carta e belle stufe monumentali in maiolica.

La Strada degli Imperatori aveva iniziato a perdere la sua importanza alla fine del XV secolo con l’apertura di una via più agevole in fondovalle, che risparmiava a uomini e animali una lunga e faticosa arrampicata dalla valle dell’Isarco fino all’altopiano. Perduto il suo ruolo commerciale, il Renon divenne dopo la metà del Cinquecento un luogo di villeggiatura per i ricchi bolzanini, che iniziarono a costruire residenze estive nel punto più meridionale dell’altopiano, affacciato come un grande balcone sulla città di Bolzano; nasceva il villaggio di Maria Assunta, con le sue rustiche ville circondate da grandi alberi, la piccola chiesa e il padiglione ottagonale del Tiro al bersaglio, eretto nel 1777: all’interno, è raccolta una serie di artistici bersagli dipinti, il più antico dei quali risale al 1668, appartenenti alla Nobile Società del Tiro al Bersaglio di Bolzano – la prima al mondo, fondata alla fine del Cinquecento.

Nella serena estate del 1911, sembrava che il mondo avesse raggiunto un equilibrio e un’armonia che mai aveva conosciuto prima, e l’impero austro-ungarico appariva come una solida realtà destinata a durare a lungo; nel settembre di due anni dopo, di nuovo sul Renon insieme alla madre, Anna Freud scriveva al padre, trattenuto a Monaco di Baviera per impegni: “il tempo è ancora sorprendentemente magnifico, neve sui monti e da noi il più bel sole”. Si chiudeva così, con le tiepide giornate della stagione declinante, l’ultima estate di pace; pochi mesi dopo, l’attentato di Sarajevo – in cui vennero uccisi l’Arciduca Francesco Ferdinando e la sua consorte – accese la scintilla che dette avvio alla grande carneficina della Prima Guerra Mondiale, destinata a mutare l’assetto geopolitico dell’Europa. Alla fine della guerra, l’impero austro-ungarico venne smembrato al tavolo dei vincitori, e il suo enorme territorio fu spartito fra 13 diversi stati, Italia compresa.

I dodici pannelli con citazioni del fondatore della Psicoanalisi che accompagnano il cammino di chi percorre la Freud Promenade, si concludono con una riflessione sulla guerra, datata 1922:
“Poiché la guerra contraddice nel modo più stridente con tutto l’atteggiamento psichico che ci è imposto dal processo di civilizzazione, dobbiamo necessariamente ribellarci contro di essa. (…) Quanto dovremo aspettare perché anche gli altri diventino pacifisti? Non si può dirlo, ma forse è utopistico sperare che l’influsso di due fattori – un atteggiamento più civile e il giustificato timore degli effetti di una guerra futura – ponga fine alle guerre in un prossimo avvenire. Nel frattempo possiamo dire una cosa: tutto ciò che favorisce la civilizzazione lavora anche contro la guerra”.

Dettagli

Didascalie immagini

  1. Sigmund Freud con la figlia Anna in costume tirolese (Manifesto di una mostra dedicata alla sua presenza sul Renon)
  2. La partenza del trenino per il Renon da Bolzano in una foto d’epoca (in mostra alla stazione di Soprabolzano) e una delle carrozze ancora in servizio (© Donata Brugioni)
  3. Veduta di Longomoso e interno della chiesa, consacrata nel 1225 (© Donata Brugioni)
  4. Una sala della Commenda di Longomoso (XVII-XVIII secolo) (© Donata Brugioni)
  5. Una delle antiche ville di Maria Assunta e il settecentesco padiglione del Tiro al bersaglio (© Donata Brugioni)
  6. Lungo la Freud Promenade (© Donata Brugioni)

IN COPERTINA

Veduta del massiccio dello Sciliar dall’altopiano del Renon
(© Donata Brugioni)